mercoledì 7 novembre 2012

Cooperazione internazionale, la firma del protocollo d’intesa tra il Fondo provinciale milanese e il Madagascar



Podestà: «La nostra vocazione solidale e internazionale ci spinge a confrontarci, sempre più, con la comunità internazionale»

Prosegue l’impegno del Fondo provinciale milanese per la cooperazione internazionale sul versante dello sviluppo, della sostenibilità e della responsabilità sociale. L’associazione, che riunisce la Provincia di Milano (ente capofila), il Comune e altre 30 autorità locali, sottoscriverà domani (22 settembre), insieme con il ministero del Turismo e dell’Artigianato della Repubblica del Madagascar, un protocollo d’intesa finalizzato alla creazione di una partnership tra il Milanese e il Paese africano. L’accordo, che intende istituire un rapporto tra le due comunità locali, contempla una serie di azioni comuni (prive di oneri finanziari a carico delle parti) legate alla promozione del turismo sostenibile e alla valutazione di possibilità di accesso a finanziamenti. Tra gli obiettivi, sostenere gli scambi tra i due territori, implementandone la coesione interculturale, e affiancare il Governo di Antananarivo nella sua opera di divulgazione del patrimonio naturalistico. Il documento sarà siglato dal presidente del Fpmci, Pietro Accame, e dal ministro del Turismo, Jean Max Rakotomamonjy, che, nell’occasione, sarà accompagnato dal consigliere tecnico Patrick Ramonjavelo. All’incontro prenderà parte anche il direttore generale del Fmpci, Sisinnio Guido Milani.

«Grazie all’ottimo lavoro svolto dal Fondo, nel quale Palazzo Isimbardi è ente capofila, la “Grande Milano” dimostra la sua vocazione solidale – ha dichiarato il presidente della Provincia, Guido Podestà -. La cultura metropolitana del nostro territorio ci spinge a confrontarci, oggi più che mai, e fino al 2015, con la comunità internazionale, da sempre attenta a Milano e alle sue eccellenze. Riteniamo che la prassi della cooperazione rivesta un ruolo cruciale: questo strumento garantisce, infatti, ad alcuni Paesi di valorizzare, grazie al contribuito di altre realtà nazionali, le proprie risorse, rendendosi sempre più capaci di affrontare le sfide del millennio». 

mi-lorenteggio.com

Sfruttamento sessuale in Madagascar


Una donna su 7 è sfruttata sessualmente: la povertà fa dilagare la prostituzione 

In meno di 20 anni il numero delle prostitute registrato nella principale città portuale del Madagascar, Toamasina, dove vivono circa 200 mila persone, è salito da 17 mila del 1993 a 29 mila del 2012. Si calcola che una donna su 7 sia sfruttata sessualmente. Lo stato di povertà sempre più dilagante e la vicinanza della città all’Ambatovy, una delle miniere di nichel e cobalto più grandi del mondo, contribuiscono all’aggravarsi del fenomeno. Secondo le stime del governo, oltre tre quarti della popolazione malgascia vive attualmente con meno di 1 dollaro al giorno. La costruzione della miniera e i recenti miglioramenti del porto hanno portato l’afflusso di migliaia di lavoratori stranieri. Il costo della vita è aumentato e le attività commerciali tradizionali sono collassate, spingendo sempre più donne verso l’industria del sesso. La prostituzione, infatti, è un fenomeno normale e legale in Madagascar, un mezzo per sopravvivere. Le ragazze vengono dalle campagne per lavorare in città come cameriere. Poi, quando hanno un problema con il loro datore di lavoro, altre ragazze della loro stessa regione le introducono alla prostituzione. Nonostante la prevalenza di HIV/AIDS sia più bassa rispetto ad altri paesi dell’Africa, con circa lo 0.2% di persone tra 15 e 49 anni contagiate dal virus, l’incidenza delle infezioni sessualmente trasmissibili (STIs), come la sifilide, è molto al di sopra della media regionale. Secondo le statistiche ne è colpito il 4% delle donne incinte, come pure il 12% delle prostitute donne. Fino a sei anni fa, Antsohihy, la capitale della regione settentrionale di Sofia, è stata tagliata fuori dal resto del paese, ma nel 2006 il rifacimento di una strada per la capitale, Antananarivo, ha riaperto l’area al commercio, compreso quello del sesso. Non si hanno dati certi su questa città e, negli ultimi anni, i governi comunali hanno istituito un sistema di identificazione per le prostitute che le tutela legalmente e offre loro assistenza sanitaria specializzata. Questo stesso sistema non ha funzionato a Toamasina, dove le carte di identità sono state sostituite da libri rossi non ufficiali che danno accesso alle prostitute alle cliniche giudiziarie nella vicina destinazione turistica di Mahambo. 
Fonte: Agenzia Fides

Viaggi in Madagascar

Mangiare la terra



Si è scoperto che le donne incinte non sono le uniche a mangiare sostanze non commestibili. Un nuovo studio rileva un'incidenza sorprendente di picacismo - la pratica di ingerire sostanze non nutritive - tra gli uomini.

Condotta in Madagascar, dove il picacismo è diffuso, la ricerca è la prima a individuare una popolazione in cui questa pratica è altamente diffusa tra gli uomini, affermano gli studiosi. I soggetti coinvolti nello studio infatti mangiavano sostanze non commestibili almeno quanto le donne incinte e gli adolescenti, che finora sono stati considerati i soggetti che più praticano il picacismo, sulla base di studi precedenti

Allora da cosa deriva questa improvvisa incidenza di picacismo negli uomini?

"La mia ipotesi, ancora non confermata, è che sia possibile che studi precedenti non abbiano incluso gli uomini fra i campioni di studio, limitandosi a studiare le donne incinte", spiega Christopher Golden, eco-epidemiologo responsabile dello studio e beneficiario di un finanziamento del National Geographic Society Conservation Trust.

Anche Laura Beatriz López, studiosa di picacismo e docente di Nutrizione alla Università di Buenos Aires, la pensa così.

"Tradizionalmente,
gli studi di geofagia [l'ingestione di terra] e di picacismo si erano concentrati soprattutto sulla descrizione di bambini e donne in stato di gravidanza", dichiara López.

"Personalmente, penso che questa ricerca sia all'avanguardia", continua, in quanto rivela "un'alta diffusione di picacismo negli uomini e nessuna differenza significativa rispetto alle donne".

Il picacismo migliora la salute?

Golden e i suoi colleghi - sostenuti da Sera Young, antropologo della nutrizione alla Cornell University - nel 2009 hanno condotto un'indagine sul picacismo prendendo in considerazione un campione casuale di 760 individui appartenenti a 16 villaggi presenti nell'area protetta di Makira, in Madagascar.

Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE, i ricercatori hanno notato che i soggetti studiati - maschi e femmine - mangiavano 13 sostanze non commestibili, come sabbia, terra, feci di pollo, riso crudo, radice cruda di manioca, carbone, sale e polvere.

Più del 53 per cento dei soggetti coinvolti nello studio hanno riferito di essere affetti da picacismo. Considerando soltanto gli uomini, il numero arrivava al 63 per cento.

Meno dell'1 percento delle donne non gravide, invece, hanno detto di aver ingerito sostanze non commestibili durante la gravidanza, smentendo così il luogo comune secondo il quale sarebbero soprattutto le donne a praticare il picacismo.

Perché mangiare sostanze non commestibili?

Molti soggetti hanno riferito di mangiare sostanze non commestibili per le loro proprietà curative, riguardanti soprattutto i disturbi allo stomaco, spiega Golden. Inoltre, in tanti credevano che praticare il picacismo fosse di buon auspicio per il miglioramento delle condizioni di salute.

In precedenza, gli scienziati pensavano che il picacismo venisse praticato per due ragioni: soddisfare un'eventuale carenza di minerali, ripulire l'intestino e eliminarne i vermi.

Questa ipotesi avrebbe senso per le donne incinte e per i bambini, le cui esigenze alimentari sono maggiori rispetto al resto della popolazione.

Nonostante ciò, non ci sono prove che il corpo umano possa effettivamente assorbire tracce di minerali dal suolo, spiega Golden, aggiungendo che "è possibile che il picacismo non porti nessun beneficio alla salute".

López aggiunge che le usanze del Madagascar contribuiscono a rendere alto il tasso di ingerimento di sostanze non commestibili. Per esempio, molti malgasci ritengono che assumere amidi grezzi, contenuti nel riso crudo, non costituisca una forma di picacismo.

Un fenomeno sottostimato

Golden sottolinea che il picacismo "non viene praticato esclusivamente dalle popolazioni rurali dei paesi in via di sviluppo", ma per esempio, anche da molti americani, continua Golden. E parla per esperienza: "Un mio caro compagno di università, spesso mangia  gessetti".

"È una pratica molto diffusa, ma stigmatizzata e quindi sottostimata".

Susan Albers, psicologa clinica di Cleveland, aggiunge: "Il picacismo è un disordine alimentare che attira molto meno attenzione e ricerca rispetto ad altri, come l'anoressia e la bulimia; ma è importante fare ricerca, in quanto questa pratica può causare gravi problemi alla salute, causati dalla possibilità di ingerire sostanze tossiche.

"Negli ultimi anni l'attenzione sui disturbi alimentari negli uomini è cresciuta", continua Albers. "Questo studio sottolinea che è importante continuare a condurre ricerche sul picacismo negli uomini e fare in modo che questi siano adeguatamente rappresentati nel campione".

Golden spiega di non essere ancora pronto a definire il picacismo un disturbo alimentare, dal momento che non è ancora chiaro se questa pratica sia dannosa. È d'accordo, però, sulla necessità di continuare a fare ricerca, che prenda soprattutto in considerazione i maschi adulti.

È possibile che questo studio rappresenti un grande passo in quella direzione. Secondo Golden, "apre un intero campo di ricerca, rendendo consapevoli i ricercatori dell'importanza di includere sia uomini che donne nei loro studi".

Courtesy of
NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA

Viaggi in Madagascar

sabato 3 novembre 2012

Ecuador, riciclare rifiuti nell'Amazzonia si concilia con la tutela dei profughi




I progetti di sviluppo di Oxfam Italia 1 trovano la loro concreta testimonianza in piena foresta amazzonica, vicinissimi alla Colombia, dove l'Ong finanzia progetti sul trattamento dei rifiuti urbani, supportati dalla Comunità Europea e dai comuni di Arezzo e Lille Metropole, in Francia. Oltre all'aiuto alle comunità indigene e ai numerosi rifugiati, che scappano dal tumultuoso paese confinante.

LAGO AGRIO (Ecuador) - La politica del "partire dal basso" di Oxfam Italia 2, trova la sua esplicita testimonianza qui nella provincia di Sucumbios, in piena foresta amazzonica, a circa 250 chilometri a nord est della capitale, vicinissima alla Colombia, dove l'Ong finanzia progetti per la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti, supportati dalla Comunità Europea, con il coinvolgimento dei comune di Arezzo e Lille Metropole, in Francia. Oltre a questo, c'è anche l'aiuto alle comunità indigene e ai numerosi rifugiati, che scappano dall'infinita guerra civile che agita il paese vicino.

Povertà e violenze. Lago Agrio, la città petrolifera al confine con la Colombia, non dista molto da dove vivono comunità isolate, lungo una linea labilissima che divide i due paesi. In alcuni villaggi si arriva solo dopo ore di canoa. C'è molta povertà, con tutta la violenza che s'accompagna sempre al traffico di armi e droga, business principale di gruppi armati come le Farc. Oxfam Italia segue programmi di emergenza, ma anche di sviluppo, sia nelle zone immerse nella foresta amazzonica, come nella Riserva Cuyabeno, dove sono stati introdotti metodi di accolta di acqua piovana in alcune comunità isolate, che nei centri urbani come - appunto - Lago Agrio.

Il panorama dei progetti. Il ventaglio degli interventi va dal sostegno ai rifugiati colombiani e alle comunità ecuatoriane che li ospitano, con infrastrutture di base e scolastiche, fino ai progetti di sostegno per la coltivazione di un cacao pregiatissimo, considerato il migliore del mondo. Ed è appunto in tutto il mondo che l'Ecuador, primo fra tutti, esporta questo "cacao di aroma" di altissima qualità. "Lo sviluppo di questa coltivazione sta diventando un supporto decisivo per la rinascita economica di comunità abbandonate da anni", dice Javier Tandazo, agronomo di Oxfam Italia, che illustra cn orgoglio, qui ad Aprocel, a pochi chilometri da Lago Agrio, come viene prodotto il raffinatissimo cacao da esportazione.

I barrios coinvolti. Ma l'intervento più articolato e di immediato impatto, in questa città "annegata" nel lembo più occidentale dell'immensa Amazonia, sembra essere quello sui rifiuti urbani. Ne parla Luis Tonato, anche lui dipendente locale di Oxfam Italia , tecnico per il trattamento dei residui solidi urbani. "Il sistema di raccolta differenziata riguarda 38 dei 120 barrios di Lago Agrio. Si raccolgono 60 tonnellate di rifiuti ogni giorno, 20 dei quali vengono sottoposti alla differenziazione. Un lavoro che è affidato ad un partner locale, l'Associazione Portorico, al cento per cento ecuatoriana, che si fa carico del progetto Ciudad Limpia" .

La sinistra presenza di uccelli neri nella discarica. Ci sono ispettori di "Portorico" che girano in bicicletta nei barrios per controllare che tutto funzioni e che le famiglie differenzino la basura, l'immondizia. "Per adesso - dice l'ingegner Germàn Jimènez del municipio di Lago Agrio, coinvolto nella realizzazione del progetto - sono 40 le famiglie interessate, ma presto saranno molte molte di più". Il lavoro di separazione dei rifiuti avviene in una discarica, fuori della città. Enormi uccelli neri dall'aspetto sinistro svolazzano, come in un film di Hitchcock, sulle colline di mondezza, mentre sotto un capannone non lontano donne e uomini in tuta e con la mascherina sulla bocca, separano minuziosamente i materiali per essere poi mandati al riciclaggio. "Lavoriamo 15 quintali di basura alla settimana - dice Elsa Correra, una delle ragazze che si occupano della plastica, orgogliosa di portare lo stesso cognome del presidente della Repubblica - è un lavoro faticoso, ma sappiamo anche quanto sia importante per tutti noi contribuire a rendere vivibile la nostra città". L'idea di fondo, delle "politiche dal basso" di Oxfam, ha dunque lasciato il suo seme.      
di CARLO CIAVONI e MARCO PALOMBI

Africa, l'uso insostenibile di terre, acqua ed energie




Dal sito web di Nigrizia 1 pubblichiamo questa analisi: Indice Globale della Fame 2012 2 (il GHI, Global Hunger Index) presentato a Milano da  Cooperazione e Sviluppo 3 (Cesvi). 

I ricercatori si sono soffermati sul fenomeno del land grabbing, l'accaparramento delle terre che ha coinvolto il continente africano, arrivando a coprire nel mondo una superficie pari a sette volte l'Italia
ROMA - Su 20 sono 14 i paesi africani che registrano ancora livelli di fame "estremamente allarmanti" o "allarmanti". Chiusa da Etiopia, Eritrea e Burundi, la drammatica classifica, dalla quale sono escluse per assenza di dati Somalia e Repubblica Democratica del Congo, emerge dall'Indice Globale della Fame 2012 4 (il GHI, Global Hunger Index), presentato a Milano giorni fa dall'organizzazione umanitaria Cooperazione e Sviluppo 5 (Cesvi). Il rapporto GHI 2012, curato dall'International Food Policy Research Institute 6 (Ifpri), Welthungerhilfe e Concern, conferma le tendenze registrate dagli ultimi dati pubblicati dall'Onu sulla fame nel mondo, denunciando un "uso insostenibile delle terre, dell'acqua e dell'energia".

La piaga del land grabbing. In particolare, i ricercatori si sono soffermati sul fenomeno del land grabbing, l'accaparramento delle terre che ha coinvolto nell'ultimo decennio soprattutto il continente africano, arrivando a coprire nel mondo una superficie pari a sette volte l'Italia. La cessione in affitto di suoli coltivabili ha interessato in modo particolare i paesi con i più alti livelli di denutrizione, peggiorando gli effetti già disastrosi dei cambiamenti climatici. Secondo il rapporto, infatti, il 55% dei suoli affittati è destinato alla produzione di biocarburanti, sottraendo terra alla produzione di cibo.

Il grande sviluppo del Ghana. La ragione dell'abbassamento del livello di fame in Africa, si legge nel rapporto, non è dunque individuata nell'aumento della produzione alimentare. Conclusi i grandi conflitti civili che hanno sconvolto il continente negli anni Novanta, sono gli anni Duemila, infatti, a registrare una diminuzione della mortalità infantile, dovuta soprattutto alla riduzione delle epidemie di malaria. Il GHI, che tiene conto della combinazione di tre indicatori (la percentuale di popolazione denutrita, il tasso di mortalità infantile e la percentuale di bambini sottopeso), premia, nel continente, il Ghana, tra i dieci paesi al mondo che più hanno ridotto il proprio GHI dal 1990 (da 21.4 a 8.9).

Gli altri paesi in classifica. Il Nord Africa conferma la sua posizione mediterranea, con Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto, al di sotto dei 5 punti, contro i 37 punti del Burundi (ultimo in classifica) e al pari con l'Europa balcanica. In Africa sub sahariana sono Gabon, Maurizio e Sudafrica a guidare, invece, la classifica, rimanendo sotto i 6 punti.