mercoledì 11 luglio 2012

Da cantante rock a ristoratore ed albergatore


Sono Dario Maria Merzagora, nato sul Lago Maggiore, ad Angera, ho il diploma di controllore del traffico aereo ed ho anche frequentato per un breve periodo il corso universitario di filosofia a Milano, ho lasciato perdere perché disgustato, ed anche perché ho sempre odiato la scuola, le istituzioni, essendo per natura un anarchico.
In Italia per vivere facevo il cantante rock.
Quando mi sono accorto che continuare a vivere in Italia era diventata una grande sofferenza, sono partito e credo che l'Italia che mi manca non esista più.
 Le tue origini
I miei antenati erano pescatori di persico e di lavarelli sul lago Maggiore, sono cresciuto con mio nonno pescando con le reti, ho sempre avuto un cuore selvaggio e frequentavo solo boschi, colline e le calme acque del mio lago. Gli anni sono passati e la millenaria tradizione della pesca é morta per sempre, i vecchi pescatori non ci sono più, il pesce é quasi sparito e i giovani hanno cominciato una vita innaturale, una vita di falsità, "alla ricerca di quello che non trovano nel mondo che hanno già",  persi nella realtà virtuale, nella droga e nel consumismo scriteriato.
Negli ultimi periodi, che ho trascorso in Italia, mi sentivo come un alieno; non riuscivo ad adattarmi a questo nuovo mondo.

Allora............
Assieme a Valerio, ragazzo con cui convivo da otto anni, abbiamo iniziato a viaggiare alla ricerca di una terra promessa.
Abbiamo visitato i Caraibi, ma constatammo, che quei posti, anche se molto belli,
sono molto pericolosi, quindi li abbiamo scartati.
Non avendo la possibilità economica di continuare i nostri viaggi di ricerca, abbiamo iniziato a vedere il mondo con Googleheart, che è un ottimo mezzo di internet per esplorare il mondo gratuitamente.

Il Madagascar.......
Abbiamo trovato il Madagascar, ci siamo messi in contatto con l'AIM; era la fine del 2009, e abbiamo saputo che nel paese c'era una crisi politica, ma che non era affatto pericoloso, che la valuta é relativamente stabile e che la costa sud ovest é un posto incantevole e remoto, dove esistono poche strutture turistiche.
Era quando bastava sapere per prendere la decisione di avventurarci.
Siamo partiti col la precisa idea di fare quello che abbiamo fatto.
È stato un salto nel buio, credevamo di non farcela, che era un impresa disperata e impossibile, ma ci eravamo sottovalutati!!!
Abbiamo trovato il Madagascar come una terra molto bella, piena di
colori e dal clima gradevole; il malgascio posso affermare che è un popolo ospitale, gentile, rispettoso e non violento; anche se sono veniali e materialisti.

Cioè......
Bisogna sapere che, data la loro povertà, in Madagascar il denaro è tutto e spesso da fastidio la loro attitudine a rubare non solo i vazaha, ma anche tra loro malgasci.
Infatti, secondo il loro modo di pensare, il furto e la corruzione non sono gravi.
Un giorno stavamo costruendo un bungalow é ho ordinato un carico di pietre; all'arrivo sono state deposte in giardino, in un posto dove potevano essere facilmente rubate. Preoccupato chiesi ad un mio dipendente malgascio di consigliarmi un posto più sicuro per evitare il furto. Lui mi ha subito risposto di stare tranquillo, in quanto rubare le pietre per il malgascio è tabù.



Il tuo tempo libero
Nei giorni in cui ho meno ospiti scrivo e studio, infatti ho imparato il dialetto malgascio che si aggiunge alle mie conoscenze linguistiche dell'inglese, del francese e dello spagnolo.
Questo mi agevola con i turisti di tutto il mondo e il malgascio nei rapporti con il personale, che essendo originario dell'estremo sud dell'isola non conosce il francese.

Parliamo di Peter Pan
La zona dove abbiamo costruito Peter Pan è abbastanza isolata e nei dintorni si trova ancora della gente abbastanza primitiva e incontaminata dalla modernità.
Il nostro Hotel è costituito da otto camere e bungalow, di stile malgascio ma arredate con gusto italiano, di un ristorante dove si mangia tutti insieme e da un motoscafo che ci serve per gli approvvigionamenti e per trasportare i clienti da e per l'aeroporto di Tulear.

Chi sono i vostri clienti
Lavoriamo con una clientela molto giovane, infatti Peter Pan è proposto dalle guide più famose come un posto ideale per giovani viaggiatori, che accogliamo in modo conviviale e comunque informale, nel senso che con i clienti più alla mano, facciamo un grande tavolo e mangiamo tutti assieme, raccontando aneddoti interessanti e informazioni utili.
Molti clienti oggi sono divenuti nostri amici, ci telefonano e ritornano spesso.
Per esempio per gennaio 2013 abbiamo già parecchie prenotazioni di clienti che ritornano da noi per la seconda o la terza volta.
Penso che la chiave del nostro successo è dovuto oltre che all'ambiente che ci circonda, ad un lavoro sincero leale e familiare che offriamo per tutti.

I dipendenti
Per i miei collaboratori cerco di applicare un principio filosofico che è: se Peter Pan da loro un lavoro per vivere e sostentare le famiglie, loro danno da vivere a me con la loro fatica.
Abbiamo impostato l'attività con dei sani principi socialisti, secondo i quali miro a valorizzare le qualità individuali delle persone, dando a ognuno una piccola attività nell'ambito dell'hotel per avere un guadagno personale extra .
La madame che pulisce le camere è esperta anche a fare i massaggi e li fa nel suo tempo libero, e i soldi vanno a lei; il capitano delle piroghe, oltre a un certo numero di escursioni ha una percentuale oltre al salario; il cuoco, che fa delle marmellate eccezionali, ha la possibilità di vendere i barattoli ai clienti e vanno a ruba ecc.
Questo tipo di impostazione di lavoro mi procura la loro gratificazione e il loro attaccamento al lavoro, anche se...........qualche furtarello ogni tanto, ma questo è endemico della loro indole.

Vai in Italia
Vivo bene e in armonia con tutti e francamente non mi va più di tornare in Italia. In due anni e mezzo sono andato in Italia solo due volte, ed é una cosa che ormai preferisco non pensare, anche se voglio tanto bene alla mia famiglia e ai miei amici e mi mancano tutti tantissimo. In ogni caso prego sempre per loro. In Italia tornerei se dovessi avere problemi di salute. Ad agosto avrò' ospiti i miei familiari che mi verranno a trovare.

Un messaggio ai giovani
Se non vi trovate bene dove siete, sappiate che cambiare vita é possibile, basta un po'
di coraggio e il mondo ha le braccia aperte per accogliervi; la cosa più importante è di
essere rispettosi e sapere che la nostra libertà finisce dove comincia quella degli altri, oltre l'orizzonte gli stranieri sono solo “degli amici che non avete ancora conosciuto..."

Rifaresti tutto
Certamente rifarei la stessa scelta, altro ché! mi sono salvato la vita venendo in Madagascar.
Pero' non escludo che in futuro potremmo ripartire per un altra avventura, magari in un'altra nazione; infatti il nostro spirito di avventurieri ogni tanto ci lascia con gli occhi all'orizzonte, ma questo fa parte di noi... in ogni caso ogni cosa a suo tempo.
Per concludere posso affermarvi che nella vita c é un vento che soffia e che ci può portare, bisogna volarci assieme...
ciao!!!!
Peter Pan alias Dario Maria Merzagora  chezpeter.pan@gmail.com







Arrivare a Nosy Komba tra le meraviglie del Madagascar


Partiamo da Milano con volo diretto per Nosy Be la perla dell’arcipelago del Madagascar.
Dopo avere trascorso le 10 ore di volo ammirando l’immensa distesa del Sahara distratti solo dalle gentili hostess che ci rimpinguano con i pasti serviti a bordo, atterriamo a Nosy Be.
Troviamo ad attenderci l’auto del Maki Loge che ci trasferisce al porto e sulla barca che ci porterà a Nosy Komba e subito incominciamo a respirare una aria di mare che ci riempie i polmoni di un profumo inaspettato. Notiamo subito  che siamo in un altro mare cristallino e tranquillo che è quello dell’Oceano Indiano, siamo nel canale di Monzambico che divide  l’Africa dal Madagascar.
Nel porticciolo di Nosy Komba incontriamo Fabrizio Franco, titolare del Maki Lodge che è venuto ad accoglierci. Veniamo subito a sapere le sue origini italiane e che per lui  fare l’albergatore  è una tradizione di famiglia.
Ci soffermiamo al bar per  gustare il delizioso cocktail 'ti'punch' di benvenuto con una buona musica in sottofondo per non coprire il rumore del mare.


I  cinque bungalows orientati verso il mare con una vista straordinaria sulle isole vicine e sulla riserva di Lokobe, sono molto accoglienti con letto a baldacchino, cassaforte, bagno con doccia, la presa elettrica e copertura per cellulare, e dispongono inoltre di una piccola terrazza privata


Dopo una doccia ristoratrice andiamo al ristorante dove lo chef ci propone una lista di vini internazionali e un menù a base di aragoste alla griglia, spiedini di gamberi, seppie, granchi oltre ad una lista di piatti malgasci e creoli.


Organizziamo subito le escursioni che faremo nei giorni successivi e abbiamo solo l’imbarazzo delle scelta delle varie isole tra Nosy Iranja, Nosy Tanikely, il giro dell’isola ecc.
Il nostro tempo libero trascorre in fretta impegnati  con trecking, snorkeling, pesca d’altura e immersioni. È veramente una vacanza di quelle che non si dimenticano facilmente.Una vacanza da raccontare agli amici, che creperanno dall’invidia.

Fabrizio Franchi è nato a Roma,  ma  i suoi genitori subito dopo la sua nascita si sono trasferiti in Madagascar per la gestione di un Hotel, e il padre di Fabrizio nello stesso posto, dove adesso sorge il Maky Lodge aveva aperto un ristorante che era molto frequentato dai turisti dell’albergo che gestiva.
Fabrizio per onorare la memoria dei genitori da pochissimi anni ha costruito questo Lodge che rappresenta il posto ideale per una vacanza rilassante ed esclusiva.
La vacanza al Maki Lodge di Nosy Komba non costa poi tanto, ma non dirlo ai tuoi migliori amici!

info@lemakilodge.com

http://www.lemakilodge.com

Gli abitanti di Nosy Komba sono dei grandi bricoleurs, cioè cercano di fare di tutto e nell’artigianato mostrano la loro fantasia e molteplicità.








Benvenuti al Centro ValBio


Il Centro Valbio lavora per proteggere in Madagascar gli unici ecosistemi biologicamente modificati, attraverso la scienza della conservazione e su  progetti di assistenza sanitaria, dei quali beneficiano le popolazioni locali.
In collaborazione con i contadini, stiamo ampliando le frontiere della conoscenza e la salvaguardia della biodiversità per le generazioni future.
A proposito di Namanabe "Amicizia" Hall
Namanabe "Amicizia" Hall-situato nel cuore di una delle più belle foreste pluviali nel sud-est del Madagascar, è uno di cinque progetti, 15.000 metri quadrati edificio polifunzionale in programma di aprire nel mese di luglio 2012.Servirà come centro di ricerca congiunto, residence e centro conferenze per studenti e scienziati.
Resourceful
La Sala è stato costruita con granito mattoni e cemento,  di provenienza locale, e offrirà molte funzioni di risparmio energetico, come ad esempio un tetto abitabile  e sistemi per il riciclo delle acque grigie, l'acqua calda solare, ventilazione naturale, luce naturale. Le camere designate come zone di non-sonno hanno pareti portanti per consentire flessibilità nella riconfigurazione del futuro edificio per soddisfare le continua evoluzione delle esigenze. Le camere sono situate attorno ad un'area centrale, simili alle abitazioni nei villaggi locali, per favorire la socializzazione e lo scambio di conoscenze. L'edificio inoltre sarà caratterizzato da diverse verande,  offrendo ulteriori opportunità di socializzazione e contatto con la natura.
Un modello per Green Design
Namanabe Hall è in fase di costruzione senza la rimozione di qualsiasi vegetazione o significativa modifica del sito esistente, in modo da sostenere la missione ValBio Centro di incoraggiare la conservazione dell'ambiente e la conservazione della biodiversità. Caratterizzato da una forma innovativa a cuneo che si inserisce perfettamente nell'ambiente circostante della delicata foresta pluviale, Namanabe Sala si fonde perfettamente con la topografia e gli edifici circostanti il cortile e la strada.
Immersione totale nella natura
Il Centro ValBio campus è in prossimità di Ranomafana National Park, e funge da ponte tra la strada per il livello superiore del Namanabe Hall, attira molti visitatori  all'interno dell'edificio e su una veranda è possibile ammirare Ranomafana con la sua lussureggiante foresta pluviale - una piattaforma ideale per l'osservazione della natura.
STUDIARE ALL'ESTERO MADAGASCAR è un rigoroso programma focalizzato sulla biodiversità del Madagascar per la formazione dei futuri scienziati ed esploratori. Tutti i corsi sono tenuti in inglese da docenti di dottorato con una vasta esperienza di lavoro in Madagascar. Le lezione avranno come scopo quello di preparare gli studenti ad affrontare le difficili domande poste dalla complessità degli ecosistemi tropicali, mentre hands-on sul ​​campo dimostrerà le metodologie della biologia in un campo tropicale. Ci saranno delle escursioni in altre parti del paese per  introdurre gli studenti alla diversità degli ambienti del Madagascar, la biodiversità e le culture. Gli studenti che completeranno questo programma saranno ben preparati per gli studi avanzati in Antropologia e Biologia Tropicale. Programmi di studio all'estero sono aperti a tutti gli studenti nei college e nelle università attraverso gli Stati Uniti.

Dare al Centro ValBio

Il tuo regalo avrà un impatto significativo sulla missione ValBio Centro di sostenibilità economica e ambientale, sensibilizzazione della comunità (sanità e igiene e istruzione), nonché la ricerca scientifica innovativa. La nostra priorità fundraising presenti, in aggiunta ai programmi di base, è quello di completare la costruzione dei 15.000 metri quadrati Namanabe Hall, che caratterizza il clima controllato di ricerca moderna e laboratori informatici e alloggio per studenti, personale e ricercatori in visita, permettendo loro di condurre una ricerca tutto l'anno. Con l'aggiunta di Namanabe Hall, Centro ValBio diventerà il centro di ricerca più importante in Madagascar con una duplice missione della ricerca scientifica (bio-diversità, malattie infettive) e la sensibilizzazione della comunità (salute e igiene, istruzione, sviluppo economico). Entra nel vivo al piano terra di questo miglioramento entusiasmante nuovo campus Centro ValBio, un modello per la progettazione di verde e di risorse, e una espressione tangibile dell'impegno del Centro ad un uso responsabile delle risorse naturali per promuovere lo sviluppo sostenibile in Madagascar.
Sosteniamo il lavoro di centinaia di scienziati internazionali, i cui risultati forniscono preziose informazioni sulla minacciata biodiversità del Madagascar. La durata della ricerca spazia dagli studi brevi da parte degli studenti che frequentano i corsi di campo di media lunghezza studi condotti dalla Ph.D. studenti e professori in visita a lungo termine di ricerca e monitoraggio dei progetti. Dal 1986 la ricerca in Ranomafana ha portato a quasi 1.000 pubblicazioni scientifiche e accademiche, 41 Ph.D. tesi di laurea, 134 e tesi di master


Trapani, in costruzione una nave ospedale per il Madagascar ed i missionari cattolici

I centomila euro che sono stati donati dal Senato italiano nel 2010 non sono bastati


Una nave ospedale per il Madagascar. È questo il sogno di Giancarlo Ungaro, medico trapanese che ha puntato sulla riconversione di un vecchio rimorchiatore sovietico, il Tramati Junior costruito nel 1990, poi utilizzato come motopesca dalla marineria di Mazara del Vallo (TP) attualmente in cantiere a Trapani per dare un supporto ad azioni sanitarie ordinarie e straordinarie (come terremoti o epidemie). La nave è stata assegnata all'associazione guidata da Ungaro, "Trapani per il Terzo Mondo ONLUS", dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Una volta riadattata, la nave potrà funzionare come ospedale galleggiante: offrirà sala radiologica, operatoria, laboratorio analisi, unità odontoiatrica, in grado di operare in qualsiasi parte del mondo. Potrà intervenire anche in caso di calamità naturali o in scenari di guerra. La sua attività sarà effettuata all'ormeggio di un porto il più vicino possibile alla zona d'intervento. Container trasportati a bordo e tende da campo autogonfiabili potranno essere usati per costruire una base temporanea a terra, sempre secondo le indicazioni dei partner locali, dei missionari o dei governanti.
COLLABORERA' CON I MISSIONARI- In Madagascar Trapani per il terzo mondo può contare sulla collaborazione dei Missionari Salesiani, Gesuiti, Camilliani, Nazarene: sull'isola ogni giorno le cause di morte, specie tra i bambini, sono dovute a malattie curabili come, ad esempio, la diarrea, le infezioni post-traumatiche, gli esiti di ustioni, le crisi respiratorie, ma per le quali manca la possibilità economica da parte delle famiglie di acquistare i farmaci ed una minima assistenza sanitaria.
SITO E OFFERTE- La nave ospedale (che ha anche un sito presso il quale effettuare delle donazioni volontarie, www.naveospedale.it, o regalare le apparecchiature di bordo) prenderà il mare entro fine anno (il suo nome verrà scelto dalle segnalazioni dei ragazzi delle scuole trapanesi e degli internauti). Sarà gestita da un apposito comitato di volontari che supervisionerà la sua attività. La onlus trapanese, attiva da oltre dieci anni nel campo della solidarietà internazionale, ha puntato soprattutto sul Madagascar. Qui ha sostenuto la gestione di un orfanotrofio a Fianarantsoa, che ospita circa 400 bambini e nella stessa città, in collaborazione con un'altra associazione, ha realizzato un ospedale pediatrico con  sala operatoria polispecialistica,  inaugurato ufficialmente nel 2008. Secondo i piani dell'associazione vengono inviate in missione periodicamente presso quest'ospedale alcune equipe costituite da personale sanitario e parasanitario, che operano a titolo di volontariato, per effettuare interventi chirurgici e formare il personale locale.
I PARTNER- Ricca la lista di partner e patrocinatori dell'iniziativa. Si va dalla Guardia Costiera alla Regione Siciliana passando per la Provincia Regionale di Trapani e il Comune, insieme al Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio (il più antico ordine cavalleresco della cristianità, il cui Gran Priore è il Cardinale Renato Raffaele Martino, già presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace). Tra i sostenitori privati la Onlus Progetto Africa, il Centro Ispettoria Salesiani di Catania e molti altri.
Antonino D'Anna

Questo articolo è di aprile 2010
NAVE OSPEDALE PER IL MADAGASCAR

Un contributo straordinario di centomila euro, da destinare al progetto “nave ospedale” dell’associazione “Trapani per il terzo mondo – onlus”, è stato assegnato nell’ambito delle risorse che la finanziaria indirizza a interventi di particolare rilevanza sociale e locale su indicazione dei singoli parlamentari.La proposta avanzata dal senatore Antonio d’Alì, ed immediatamente accolta dal Senato, consentirà la messa in opera di una serie di interventi di completamento e lavori sulla imbarcazione scelta dalla associazione trapanese per diventare un piccolo presidio sanitario navigante: “Ho ritenuto di avanzare immediatamente questa proposta di contributo allorchè tutta la città ha preso atto della straordinaria importanza sociale dell’iniziativa della Onlus ‘Trapani per il terzo Mondo’. Sono certo che l’associazione diffonderà nel mondo un’immagine positiva della città anche nella componente umanitaria e solidaristica e, soprattuto, porterà sollievo alle popolazioni del Madagascar delle quali, purtroppo conosciamo lo stato di indigenza e di necessità”.
I soci fondatori dell’associazione sono attivi dal 1997, con costituzione formale in Onlus dal 2000, e fino ad oggi hanno realizzato, in Madagascar diversi interventi a sostegno della popolazione.
“Trapani per il Terzo Mondo” ha iniziato con il raccogliere fondi per costruire scuole ed infrastrutture primarie in alcuni villaggi malgasci (scuola elementare Maneva-Alakamisy (Betafo); scuola di taglio e cucito presso l’orfanotrofio di Ankofafa (Fianarantsoa); acquisto di attrezzature sanitarie oculistiche; escavazione di cinque pozzi d’acqua a Bemaneviki; acquisto di attrezzature sanitarie per gli ospedali di Fianarantsoa, Bemaneviky Antsirabe e per il carcere di Antsirabe; il 5 novembre 2006 è stata inaugurata a Fianarantsoa la clinica pediatrica).
Ai progetti sanitari partecipano medici e chirurghi trapanesi, tutti impegnati come volontari ed a titolo gratuito (ciascuno si paga anche il 50% del biglietto di viaggio fino in Madagascar). L’idea di allestire una nave ospedale è il passaggio di perfezionamento del programma di sostegno sanitario. Infatti può risultare più semplice spostarsi lungo le coste malgasce piuttosto che raggiungere i villaggi attraverso la carente rete stradale.
Acquisito un vecchio peschereccio l’associazione ha avviato i lavori di carenaggio e manutenzione che si sono protratti dal novembre 2009 al marzo 2010. Oggi la nave ospedale è ancorata nelle acque antistanti il cantiere navale in attesa dell’inizio del secondo stralcio dei lavori (cui sono destinati i centomila euro).
La nave sarà attrezzata con shelter (cabine prefabbricate mobili) che ospiteranno ambulatori e una piccola sala operatoria. Sarà impiegata inizialmente in Madagascar ma potrà essere destinata ad interventi di soccorso in caso di calamità naturali ed emergenze, per il trasporto di aiuti umanitari; per campagne di vaccinazioni; attività di ricerca, raccolta dati; promozione di progetti di educazione sanitaria.
Un contributo straordinario di centomila euro, da destinare al progetto “nave ospedale” dell’associazione “Trapani per il terzo mondo – onlus”, è stato assegnato nell’ambito delle risorse che la finanziaria indirizza a interventi di particolare rilevanza sociale e locale su indicazione dei singoli parlamentari. La proposta avanzata dal senatore Antonio d’Alì, ed immediatamente accolta dal Senato, consentirà la messa in opera di una serie di interventi di completamento e lavori sulla imbarcazione scelta dalla associazione trapanese per diventare un piccolo presidio sanitario navigante: “Ho ritenuto di avanzare immediatamente questa proposta di contributo allorchè tutta la città ha preso atto della straordinaria importanza sociale dell’iniziativa della Onlus ‘Trapani per il terzo Mondo’. Sono certo che l’associazione diffonderà nel mondo un’immagine positiva della città anche nella componente umanitaria e solidaristica e, soprattuto, porterà sollievo alle popolazioni del Madagascar delle quali, purtroppo conosciamo lo stato di indigenza e di necessità”.
I soci fondatori dell’associazione sono attivi dal 1997, con costituzione formale in Onlus dal 2000, e fino ad oggi hanno realizzato, in Madagascar diversi interventi a sostegno della popolazione.
“Trapani per il Terzo Mondo” ha iniziato con il raccogliere fondi per costruire scuole ed infrastrutture primarie in alcuni villaggi malgasci (scuola elementare Maneva-Alakamisy (Betafo); scuola di taglio e cucito presso l’orfanotrofio di Ankofafa (Fianarantsoa); acquisto di attrezzature sanitarie oculistiche; escavazione di cinque pozzi d’acqua a Bemaneviki; acquisto di attrezzature sanitarie per gli ospedali di Fianarantsoa, Bemaneviky Antsirabe e per il carcere di Antsirabe; il 5 novembre 2006 è stata inaugurata a Fianarantsoa la clinica pediatrica).
Ai progetti sanitari partecipano medici e chirurghi trapanesi, tutti impegnati come volontari ed a titolo gratuito (ciascuno si paga anche il 50% del biglietto di viaggio fino in Madagascar). L’idea di allestire una nave ospedale è il passaggio di perfezionamento del programma di sostegno sanitario. Infatti può risultare più semplice spostarsi lungo le coste malgasce piuttosto che raggiungere i villaggi attraverso la carente rete stradale.
Acquisito un vecchio peschereccio l’associazione ha avviato i lavori di carenaggio e manutenzione che si sono protratti dal novembre 2009 al marzo 2010. Oggi la nave ospedale è ancorata nelle acque antistanti il cantiere navale in attesa dell’inizio del secondo stralcio dei lavori (cui sono destinati i centomila euro).
La nave sarà attrezzata con shelter (cabine prefabbricate mobili) che ospiteranno ambulatori e una piccola sala operatoria. Sarà impiegata inizialmente in Madagascar ma potrà essere destinata ad interventi di soccorso in caso di calamità naturali ed emergenze, per il trasporto di aiuti umanitari; per campagne di vaccinazioni; attività di ricerca, raccolta dati; promozione di progetti di educazione sanitaria. 

La scoperta italiana della plastica pulita



Un computer collegato a internet. E un'idea. Nasce così la scoperta fatta da Marco Astori e Guy Cicognani. E quelle degli altri inventori e innovatori che provano a "cambiare la vita in meglio" di RICCARDO LUNA 


"LA COSA più buffa di questa storia è che io non sono uno scienziato e nemmeno un laureato in chimica. Sono soltanto un grafico pubblicitario che un giorno si è detto che doveva esserci un altro modo per fare la plastica. Un modo che non inquinasse il pianeta per migliaia di anni. Allora sono andato su Internet a cercare fino a quando quel modo l'ho trovato". Questa è la storia di una rivoluzione fatta in casa, scoperta per caso e destinata forse a cambiare le cose.
Gli oggetti della nostra vita. L'artefice si chiama Marco Astorri, ha 43 anni, tre figli, una pettinatura che lo fa assomigliare al protagonista muto di The Artist e un'azienda che sta facendo discutere il mondo: la BioOn sta a Minerbio, a 40 minuti da Bologna. Da qualche mese ogni settimana c'è una processione infinita verso questo misterioso laboratorio in mezzo ai campi: bussano i capi delle grandi multinazionali della chimica, ma anche i produttori di telefonini, personal computer e televisori, componenti per le automobili. Insomma tutti quelli che fanno prodotti usando la vecchia plastica.
Vengono, ascoltano, guardano le ampolle piene di misture dolciastre, i fermentatori di metallo riflettente. Poi spalancano gli occhi e la domanda che si fanno è: possibile che questo scienziato-fai-da-te, questo hacker con la scatola del piccolo chimico sotto il braccio abbia trovato la formula magica per farci vivere davvero "senza petrolio" (il petrolio, com'è noto, è la base di tutte le plastiche e l'origine dei problemi a smaltirle dato il suo tasso terribilmente inquinante, vedi la diossina)?
Ebbene sì, è possibile, perché è esattamente quello che sta accadendo. La storia inizia nel 2006. E inizia naturalmente con un pezzetto di plastica. Anzi con migliaia di pezzetti di plastica. Sono gli skypass che gli sciatori lasciano distrattamente in mezzo alle neve a fine giornata. Solo che poi in primavera la neve si scioglie, gli skypass no: quei pezzetti di plastica restano a inquinare l'ambiente per una vita, anzi per migliaia di anni. Marco Astorri e il suo socio francese Guy Cicognani di quegli skypass sono in un certo senso colpevoli, visto che li producono. Per la precisione, realizzano le micro-antennine che aprono i tornelli (Rfid).
Ed è facendo questo lavoro che iniziano a chiedersi se non ci sia un modo per fare una plastica totalmente biodegradabile. Una plastica che si sciolga in acqua. Come la neve, appunto. Astorri e Cicognani non sono i primi a pensarlo ovviamente. Proprio in Italia Catia Bastioli, dal 1990 e negli stabilimenti della Novamont a Terni, ha iniziato a produrre la MaterBi, plastica a base di amido di mais. Ha avuto un notevole successo, al punto che alle prossime Olimpiadi di Londra i piatti, i bicchieri e le posate, in tutto alcune decine di milioni di pezzi, saranno di bioplastica italiana.
Un grande orgoglio nazionale di cui andare fieri. Il mais però è un alimento: usarlo per fare la plastica vuol dire farne salire il prezzo e si è visto con i biocarburanti di prima generazione come questo possa essere problematico. Inoltre, per quanto riguarda la biodegradabilità, la provincia di Bolzano ha fatto presente che i sacchetti che dal 1° gennaio la legge ci impone di usare al supermercato creano inciampi agli impianti di compostaggio dei rifiuti. Insomma, forse si può fare meglio.
Ma torniamo al 2006. Ricorda Astorri: "Abbiamo chiuso con gli skypass. Ci siamo comprati un computer, un iMac, l'abbiamo collegato alla Rete e abbiamo iniziato a cercare qualcosa di nuovo". La caccia al tesoro dura poco e finisce in un'università in mezzo all'Oceano Pacifico dove un gruppo di ricercatori sta sperimentando un modo per produrre la plastica con gli scarti della lavorazione delle zucchero: il melasso, sostanza che oggi ha un costo per essere smaltito ma può diventare invece la materia prima per una plastica davvero bio.
Astorri e Cicognani intuiscono che quella pista è quella buona, prendono un aereo, investono la metà dei loro risparmi per comprare quel brevetto (250mila dollari), ne aggiungono una serie di altri sparsi nel mondo e in un anno sono pronti a realizzare la molecola descritta dal biologo francese Maurice Lemoigne nel lontanissimo 1926: il PHA.
Di che si tratta? A sentire la spiegazione del capo del laboratorio, Simone Begotti, un quarantenne che per anni si è occupato di fermentazione in aziende biofarmaceutiche, la ricetta è un segreto di Stato ma il procedimento non è complesso: "Si tratta di affamare e poi far ingrassare dei batteri. In poche ore quel grasso diventa la polvere con cui facciamo la plastica ". Perché ci sono voluti più di 80 anni per ripartire da lì? "Perché in quei tempi ci fu il boom del petrolio: fare plastica in quel modo era facile ed economico, i costi per l'ambiente non venivano tenuti in considerazione ", sostiene Astorri.
Nel 2007 il nuovo polimero viene battezzato Minerv, in omaggio al posto dove sorge il laboratorio ma anche a Minerva, dea romana della guerra e della saggezza "visto che sarebbe saggio fare questa guerra in nome dell'ambiente". Un anno dopo arriva la certificazione internazionale: "Il Minerv è biodegradabile in terra, acqua dolce e acqua di mare", attestano a Bruxelles. Astorri lo spiega così: "In 10 giorni i granuli di MinervPHA si dissolvono in acqua senza alcun residuo ". Miracolo. Si decide così di fare una startup anche qui cambiando le regole: niente soldi pubblici e soprattutto niente soldi dalla banche: "Abbiamo fatto un patto con i contadini", racconta Astorri. L'accordo è con la cooperativa agricola emiliana CoProB che produce il 50 per cento dello zucchero italiano. Oltre a tantissimo melasso. Saranno loro, i contadini emiliani, i titolari del primo impianto BioOn che aprirà a fine anno: "È la fabbrica a chilometro zero. Sorge dove stanno le materie prime", spiega Astorri che con l'aiuto del colosso degli impianti industriali Techint, punta a replicare il meccanismo in tutto il mondo: la fabbrica in licenza. Un paio di impianti, a forma di batterio, disegno dell'architetto bolognese Enrico Iascone, apriranno in Europa, uno negli Stati Uniti.
La svolta è arrivata un anno fa quando in laboratorio il mago Begotti è riuscito per la prima volta a realizzare un PHA con proprietà molto simile al policarbonato. Non la classica plastica dei sacchetti della spesa, quindi, ma la plastica dura e malleabile di cui sono fatti tanti oggetti della nostra vita quotidiana. Il primo a crederci è stato il presidente di Floss che ha voluto replicare una celebre lampada del design italiano firmata Philippe Starck Miss Sissi.
Presentazione solenne lo scorso 18 aprile al Salone del Mobile, poi un'escalation continua: secondo Astorri tra un anno il MinervPHA sarà negli occhiali da sole italiani, nei computer californiani, nei televisori coreani e persino nelle confezioni di merendine per bambini. "Tutti mi dicono che sono seduto su una montagna d'oro ma non è così che mi sento. Mi sento su una scala di cui non si vede la fine".
L'inizio in compenso si vede benissimo. Era il 1954 e a pochi chilometri da Minerbio, Ferrara, negli stabilimenti della Montecatini, un grande chimico italiano scopriva la regina delle plastiche, il polipropilene isotattico, noto come il Moplen nelle reclame dell'epoca con Gino Bramieri. Il 12 dicembre 1963 Giulio Natta e il chimico tedesco Karl Ziegler ricevevano il premio Nobel. Nella motivazione si legge: "Le conseguenza scientifiche e tecniche della scoperta sono immense e ancora non possono essere valutate pienamente". Sarebbe la seconda volta che un italiano reinventa la plastica.
La Repubblica (20 giugno 2012)  

A Terra Futura numeri, previsioni, perdite e tutele della diversità biologica in Italia e nel mondo


Secondo il dossier Biodiversità a rischio, presentato da Legambiente a Terra Futura, la mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità in corso a Firenze, «Nelle acque del Mediterraneo, l'anguilla, lo storione, il salmone selvaggio e il merluzzo potrebbero avere i giorni contati. E sono in buona compagnia, perché l'88% degli stock ittici mondiali risulta sfruttato al massimo o sovra sfruttato. Né se la passano meglio molte altre specie residenti sulla terra ferma, a cominciare dall'elefante di Sumatra o dalla testuggine del Madagascar, che patiscono la distruzione progressiva e irrimediabile del loro habitat, la foresta. La perdita di biodiversità del pianeta avanza con tassi che incidono da 100 a 1000 volte più del normale e si stima che tra 40 anni, quando la terra sarà popolata da circa 9 miliardi di persone, il 60% degli ecosistemi mondiali sarà degradato.
Un danno dalle pesanti ripercussioni socio economiche. Troppo spesso, infatti, si dimentica l'importanza della diversità biologica per lo sviluppo umano, relegandola in secondo piano e sacrificandola ad altri, più urgenti interessi di parte. Ma è proprio lei, la biodiversità, il nostro serbatoio di risorse, dal cibo alle medicine, dall'industria ai prodotti di origine animale. Un serbatoio in continua e irreversibile trasformazione, che genera l'evoluzione di specie e ambienti. E' dalle specie attuali che il processo evolutivo attinge per formarne di nuove: minore è il numero di partenza, minore sarà la biodiversità futura». 
La presentazione del corposo rapporto (del quale parliamo ampiamente anche nelle pagine toscane di greenreport.it) , che analizza nel dettaglio numeri, previsioni, fattori di perdita e politiche di tutela per tracciare un quadro aggiornato della situazione della biodiversità in Italia e nel mondo, è stata l'occasione per un confronto tra Antonio Nicoletti, responsabile nazionale parchi Legambiente, Giampiero Sammuri, presidente nazionale di Federparchi, Paolo Matina, responsabile tutela e valorizzazione risorse ambientali Regione Toscana e Matteo Tollini, responsabile parchi Legambiente Toscana. 
Nicoletti ricorda che «Il vertice Onu di Nagoya, nel 2010, ha identificato come obiettivo prioritario quello di proteggere entro il 2020 il 17% delle aree terrestri e delle acque interne e il 10% delle aree marine e costiere. Un obiettivo che nel nostro Paese acquista una valenza particolare se si considera che molte Regioni stanno modificando la legislazione sulle aree protette, ed è attualmente in corso la revisione della legge quadro. Una legge grazie alla quale il territorio protetto in Italia è passato dal 3 al 10%, ma che ha bisogno oggi di essere aggiornata per consentire ai parchi un ulteriore salto di qualità nelle loro politiche di gestione e un maggiore impegno nella tutela della biodiversità».
Il dossier sottolinea che «Per la sua posizione geografica e la sua particolare conformazione, l'Italia presenta un'enorme varietà di ambienti naturali: ospita 130 degli habitat individuati dalla Direttiva europea Habitat 92/43, che compie 20 anni. La fauna italiana rappresenta più di un terzo dell'intera fauna europea con 57.468 specie, e sono state censite 6.711 piante vascolari. Abbiamo, inoltre una delle più ricche flore europee di muschi e licheni (composta da 851 specie di muschi e 279 specie di licheni). Questo patrimonio è, però, gravemente minacciato: oggi la metà dei vertebrati presenti sul territorio italiano è a rischio di estinzione, insieme a un quarto degli uccelli e oltre il 40% dei pesci di fiumi e laghi. La situazione più critica è quella degli anfibi, dove la percentuale di specie endemiche minacciate supera il 66%. Per quanto riguarda la flora, sono in pericolo 1020 specie vegetali superiori - circa il 15% del totale - e, tra le piante inferiori, il 40% delle alghe, licheni, muschi, felci».
Ma l'Italia stavolta non è la sola a non aver rispettato gli impegni: «Anche l'Europa ha mancato l'obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010: il 15% dei 231 mammiferi studiati sono minacciati d'estinzione, in prevalenza quelli marini. Più di un quarto (27%) dei mammiferi europei sono in declino. Le più grandi minacce per i mammiferi terrestri sono la perdita e il degrado degli habitat, anche se concorrono l'inquinamento, la mortalità accidentale, lo sfruttamento eccessivo e le specie invasive. Per quanto riguarda invece i mammiferi marini, le minacce principali sono la mortalità accidentale (ad esempio le catture accessorie della pesca), l'inquinamento e il sovra sfruttamento. Un'altra categoria particolarmente a rischio è quella degli anfibi: circa un quarto della loro popolazione è minacciata dall'estinzione e più della metà (59%) è in declino. Il 36% è stabile e solo il 2% in aumento. In pericolo sono anche un quinto dei rettili, il 9% delle farfalle, il 15% delle libellule e l'11% dei coleotteri. Tra i molluschi, il 20% (246 specie) di quelli terrestri e il 44% (373 specie) di quelli d'acqua dolce sono a rischio, mentre tra i pesci d'acqua dolce le percentuali arrivano al 37%. Per quanto riguarda le piante infine, su 1.826 specie valutate 467 sono state identificate come a rischio di estinzione».
La crisi della biodiversità è planetaria: «Nel mondo, delle 59.507 specie prese in considerazione dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, 19.265 sono minacciate di estinzione. Settantotto delle 5.494 specie di mammiferi censite sono estinte o estinte in natura, 191 sono in pericolo critico, 447 in pericolo e 496 vulnerabili. Il gruppo maggiormente minacciato è quello degli anfibi: 1.910 specie su 6.312 sono a rischio di estinzione».
I fattori principali di perdita di biodiversità sono molti: «Cambiamenti climatici, introduzione di specie aliene, sovra-sfruttamento e uso non sostenibile delle risorse naturali, fonti inquinanti e la perdita degli habitat. I soggetti più esposti agli effetti negativi della perdita di biodiversità sono le popolazioni che dipendono direttamente dai beni e dai servizi offerti degli ecosistemi. Ad esempio, la deforestazione mette a rischio un miliardo e mezzo di persone che vivono grazie ai prodotti e ai servizi delle foreste, le quali proteggono anche l'80% della biodiversità terrestre. La pressione intorno alle risorse idriche, inoltre, cresce sia in termini di quantità sia di qualità in molte zone del mondo. E il sovra-sfruttamento eccessivo della pesca ha conseguenze economiche disastrose per l'intero settore». 
Legambiente, nel suo dossier, evidenzia la centralità dell'emergenza ambientale e dei cambiamenti globali, «Con le conseguenze negative su ambiente, economia, salute e distribuzione della ricchezza tra le varie regioni del mondo, permea ormai tutti i principali documenti politici internazionali. La Banca Mondiale ha stimato in oltre 45 miliardi di dollari all'anno la perdita di PIL causata dai processi di desertificazione in corso, mentre la distruzione degli ambienti naturali provoca perdite di reddito stimate in 250 miliardi di dollari all'anno. Il processo di degrado e desertificazione dei terreni nelle zone agro ecologiche minaccia attualmente circa 1.5 miliardi di persone, fra cui il 42% dei poveri del mondo. Nel complesso, ogni anno, vengono persi 75 miliardi di tonnellate di suolo con un costo stimato di 400 miliardi di dollari. Carenza idrica e siccità sono ormai emergenze anche in Europa: interessano l'11% della popolazione e il 17% del territorio dell'Unione, in prevalenza i paesi meridionali. In Italia è minacciato il 30% circa del territorio. La siccità in Europa è costata circa 100 miliardi di euro negli ultimi 30 anni».
Anche nel bel mezzo di una crisi che è ambientale, economica e delle risorse, i rimedi ci sono: «Uno degli strumenti più efficaci per combattere la perdita di biodiversità è l'istituzione di territori e di aree marine protette. Ecco perché la comunità mondiale deve compiere sforzi maggiori come quello di far crescere entro il 2020 la percentuale di aree protette a livello mondiale (il 17% delle aree terrestri e il 10% di quelle marine), come stabilito dal protocollo di Nagoya».
Fonte:greenreport

Pensionati all’estero: la petizione dei patronati Se son rose fioriranno: firmata la convenzione di collaborazione tra MAE e INPS


Trovare "modalità meno complicate e meno farraginose per la certificazione dell’esistenza in vita". Questa la richiesta all’Inps dei patronati italiani Acli, Inas, Inca e Ital che lanciano una petizione presso i connazionali per chiedere all’Inps "in attesa di trovare soluzioni adeguate di non effettuare alcun blocco delle pensioni".
"I patronati italiani Acli-Inas-Inca-Ital denunciano ancora una volta il malfunzionamento della campagna di certificazione dell’esistenza in vita rivolta ai pensionati italiani residenti all’estero, con il rischio che migliaia di pensionati si vedano bloccata la pensione non per responsabilità loro", spiegano in particolare Enrico Moroni e Angelica Sorrentino dell’Inca-Cgil Svizzera che invitano i pensionati italiani a recarsi presso gli uffici dei patronati per firmare la petizione.
Nella petizione si ricordano, in primo luogo, i disagi pagati dai pensionati dal passaggio Icbpi-Citibank come ente pagatore della pensione, passaggio che non ha significato linguaggio più chiaro nelle comunicazioni agli anziani all’estero, né tanto meno procedure "meno farraginose".
Quattro le richieste all’Inps e al Ministero del Lavoro contenute nella petizione: "non sospendere il pagamento delle pensioni prima di aver accertato se esisteva già una certificazione in vita inviata all’Icbpi; evitare metodi farraginosi e complicati di certificazione dell’esistenza in vita, che appaiono discriminatori per i pensionati residenti all’estero rispetto a quelli in uso per quelli residenti in Italia; utilizzare un linguaggio semplice e comprensibile ai più, evitando il consueto burocratese; favorire le soluzioni più semplici e ragionevoli, individuata nei vari stati, per la certificazione dell’esistenza in vita attraverso le attestazioni delle autorità locali". (aise)


Se son rose fioriranno: firmata la convenzione di collaborazione tra MAE e INPS

Visto la pervicacia con la quale il Ministero degli Affari Esteri si rifiuta di firmare una convenzione di collaborazione con i patronati, sia pure a costo zero, che, indubbiamente consentirebbe alla rete consolare di poter migliorare i suoi servizi agli utenti, siamo stati piacevolmente sorpresi dalla notizia diffusa dalle agenzie di stampa dell’avvenuta firma di una convenzione (accordo triennale) da parte del Ministro degli Affari Esteri (MAE), Giulio Terzi, e del Presidente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Antonio Mastrapasqua.
Una convenzione che consentirà di “ulteriormente intensificare la già positiva collaborazione in atto, allo scopo di rendere ancora più efficace il servizio di pagamento delle prestazioni ai pensionati italiani residenti all’estero” come si può leggere nella premessa dell’accordo stesso.
Interessanti sono, poi, gli obblighi per i due contraenti in virtù di questo accordo. Nell’articolo due vengono indicati quelli per il MAE: “Il Ministero degli Affari Esteri per consentire all’INPS i necessari controlli diretti ad evitare il rischio di pagamenti indebiti e ad assicurare la regolarità del pagamento delle pensioni, mette a disposizione dell’Istituto le informazioni relative all’anagrafe consolare per verificare: le date di decesso dei pensionati; gli indirizzi degli stessi; il trasferimento all’estero dei titolari di prestazioni previdenziali e/o assistenziali per garantire il rispetto della normativa in materia di inesportabilità delle prestazioni”.
Mentre nell’articolo tre vi sono elencati gli obblighi per l’INPS: “L’INPS, per consentire al Ministero degli Affari Esteri di svolgere attraverso la rete diplomatico consolare l’attività di assistenza pensionistica ai nostri connazionali residenti all’estero, rende disponibile l’accesso alle informazioni contenute nei propri archivi gestionali attraverso i servizi pubblicati nell’apposita sezione dedicata del proprio sito internet. L’accesso al suddetto sito consentirà agli operatori del Ministero di visualizzare i dati essenziali delle pensioni dei residenti all’estero per l’utilizzo: della procedura di trasmissione delle dichiarazioni reddituali finalizzate alla verifica del diritto alle prestazioni collegate al reddito; della procedura di trasmissione delle richieste di applicazione delle detrazioni d’imposta sulle pensioni; delle procedure di segnalazione di date di decesso, di variazione di indirizzo e coordinate bancarie per l’accredito della pensione”.
Sì, apprendiamo proprio con piacere questa notizia poiché è certamente tranquillizzante per i pensionati INPS all’estero che, pertanto, in futuro non dovranno più subire le ripetute ed insistenti richieste di certificazione dell’esistenza in vita da parte dell’Istituto previdenziale italiano o della banca di turno che versa le pensioni INPS all’estero, come avvenuto da un anno a questa parte.
Come pure possono tirare un bel sospiro di sollievo tutti quei pensionati italiani che, proprio in conseguenza della certificazione dell’esistenza in vita, da mesi si sono visti inspiegabilmente sospendere il pagamento della loro pensione dovendo, così, andare a questuare un sussidio di sopravvivenza ai consolati italiani come, per esempio, sta avvenendo in Sud Africa ma non solo. Ed infine saranno pure contenti gli operatori degli uffici di patronato all’estero che, d’ora in poi, non dovranno più fare da parafulmine, per l’INPS o per l’Istituto bancario di turno, con gli assistiti infuriati per i problemi che entrambi, per la loro inefficienza, creano spesso ai pensionati emigrati. Ma i patronati saranno anche contenti di potersi liberare da tutta una serie di impicci che fanno perdere molto tempo agli operatori senza, peraltro, portar loro alcun beneficio concreto.
Tuttavia abbiamo il timore che non sarà così, purtroppo, né per i pensionati INPS e neppure per i patronati.
Infatti temiamo che anche in questo caso, come spesso avviene nel Belpaese e come recita l’antico proverbio “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. Si, siamo scettici, lo confessiamo, sui benefici che potranno esserci per i pensionati dall’accordo MAE-INPS poiché tutti noi, che viviamo all’estero e siamo impegnati attivamente nel mondo dell’emigrazione italiana, sappiamo benissimo quale sia lo stato reale di (in)efficienza in cui versa la rete consolare italiana e la frustrazione di coloro che vi lavorano con abnegazione e cercano di farla funzionare nonostante la scarsità di personale e di soldi. Ergo, dubitiamo fortemente che l’attuale rete consolare sia in condizione di poter offrire ai connazionali questi ulteriori servizi di assistenza in campo pensionistico quando già non riesce a consegnare una carta di identità o un passaporto in tempi decenti oppure è costretta ad appaltare il servizio telefonico di informazioni a dei call center esterni ed altamente onerosi per gli utenti.
In ogni caso se son rose fioriranno e tutti gli interessati potranno, ben presto, rendersene conto personalmente. (dino nardi*\aise)
Coloro che desiderano leggere il testo integrale della convenzione MAE/INPS possono farne richiesta e verrà inviato: news@aim.mg