lunedì 14 novembre 2011

Dal tessile di Biella alla vaniglia del Madagascar


Daniele Sella  39 anni di Biella dove ha abitato e lavorato fino al 2009.

 Mi sono sposato con Olinda, malgascia, e abbiamo una figlia Anna.
Ho incontrato mia moglie durante un viaggio fatto in Madagascar nel 2007, quando lei gestiva una piccola “epicerie” a Sambava.
Adesso viviamo tutti a Maroantsetra, che confina con il parco nazionale di Masoala la più grande foresta primaria protetta del Madagascar e che dal 1998 fa parte del patrimonio mondiale..
Mi sono incontrato alcune volte anche il biologo e ricercatore di rane Franco Andreone, che frequenta  Maroantsetra, perchè in quella zona vive la rana pomodoro e non è difficile imbattersi in alcuni esemplari anche per le vie della cittadina, una mattina addirittura  ho trovato una rana pomodoro nel cofano della mia macchina.




Biella







Biella rappresenta uno dei più importanti centri  lanieri italiani. Ho lavorato parecchi anni nel settore tessile in una ditta di tessuti per arredamento e tapezzerie come responsabile del reparto accoppiatura. Fino a quando la ditta ha chiuso i battenti. Ho trovato ancora lavoro in altre due aziende, ma purtroppo è successa la stessa cosa, fino a quando la crisi economica del settore nel 2000 ha stroncato definitivamente la maggior parte delle aziende che operavano nel biellese. Purtroppo essendo stato parecchi anni nel settore, ho potuto constatare che molte di queste aziende che hanno chiuso con la plausibile scusa della crisi economica, avevano ancora tante commesse da completare, e altre aziende hanno cercato di delocalizzare quello che c’era ancora da delocalizzare, e spesso si sono viste delle banche sovvenzionare aziende in perdita. Questa purtroppo è l’Italia di oggi!

Nostalgia......

È logico che ho molta nostalgia dei luoghi natii, degli amici e degli anni passati nella mia città, ho nostalgia dei miei genitori, sono figlio unico,  le compagnie e le passioni, la baita in valdescola e del coro polifonico dove ho cantato per parecchi anni.

Ma il Madagascar

Ho avuto modo di visitare parecchi paesi del mondo per turismo, molti dell’Africa, parecchi del Sudamerica, quando nel 1998, ho fatto il mio primo viaggio in Madagascar, promisi a me stesso che ci sarei ritornato, mi colpi’ la semplicità della gente, insomma, fu uno dei pochi viaggi in cui mi sentii veramente a casa, ed infatti  tornai nel 2007, e da li é cominciata questa mia nuova avventura…

.
Ho un Cyber Café, a cui ho dato il nome di "Uadesca" , come la valle del mio paese di origine, a cui sono profondamente legato.

La mia attività é iniziata ufficialmente l’otto gennaio del 2010, dopo aver passato alcuni mesi a vagliare altre possibilità di lavoro in altre città come Diego, Sambava  e Tamatave.
Ero con la mia futura moglie a cercare qualche attività senza avere la minima idea di cosa cercare. Arrivando a Maroantsetra avevo bisogno di comunicare via mail e mi resi subito conto che era impossibile, perchè non esisteva un punto internet 

qualificato; da li’ l’idea di portarci quattro computer e aprire un Cyber Cafè….ma non sapevo ancora a quali difficoltà stavo andando incontro….
Adesso vivo e lavoro a Maroantsetra con mia moglie e mia figlia,  che é una città molto particolare, é una città molto scomoda da raggiungere, forse una delle piu’ scomode di tutto il Madagascar; l’ho scelta perché ho pensato che in questa città ci sarebbero state molte opportunità; ma non è stato cosi’.

Come si vive…

Come dicevo Maroantsetra é una città particolare,  grazie al proprio isolamento, é una città dove i prezzi dei prodotti locali sono bassi, ma tutto il resto é  piu’ caro rispetto al resto dell’isola, non c’é un supermercato, non c’é un ospedale degno di questo nome…non c’é una vera banca ; qui é sconsigliato ammalarsi ; carne e pesce non mancano , ma è quasi impossibile trovare del formaggio, i legumi sono cari e se il mare é agitato scarseggiano; tutti i prodotti che  si devono conservare in frigo come burro o latticini sono rari e se li trovi sono carissimi. La gente é molto festosa , quando c’é qualche artista che si esibisce vanno tutti allo stadio, le discoteche sono molto frequentate, nelle festività tutti si riversano a fare pic nic e la spiaggia diviene affollata di gente .
Il clima é caldo ed umido, piove molto ; i mesi migliori sono in genere ottobre , novembre e dicembre, fino ad aprile se non ci sono cicloni, per il resto piove spesso.

Con la gente

Io ho legato subito con la gente del posto, non ci sono stati particolari problemi, ma essendo vazaha, l’equazione é spesso vazaha uguale soldi, quindi dobbiamo fregarlo. Sapendolo, ho raffreddato un po’ i rapporti con tutte le persone che non hanno ancora capito che lavoro a prezzi malgasci, e quindi per i clienti malgasci non c’é alcun problema.

È  un posto isolato

Come dicevo prima, Maroantsetra é una città abbastanza isolata : la strada verso Tamatave é molto dura e percorribile solo con un fuoristrada, ci si impiegano 2 giorni e mezzo, a volte ci si impiegano anche cinque giorni ; arrivare a Tamatave via mare é  pericoloso, non esiste una vera compagnia di navigazione, i battelli che fanno questo tragitto,  viaggiano stracarichi di merci e la linea di galleggiamento é spesso tanto bassa che si rischiara di affondare. Quando mia moglie , che abitava a Sambava , ha traslocato per venire a Maroantsetra, si imbarco’ in un  battello ad Antalaha ( io mi trovavo in Italia per sistemare le ultime cose  prima di trasferirmi); era previsto che avrebbero impiegato circa due giorni  per arrivare a Maroantsetra, ebbene è arrivata dopo 10 giorni. Dall’Italia non avendo notizie per tutto quel tempo,  non sapevo piu’ cosa pensare, ero molto preoccupato . A causa del mare molto agitato, si erano fermati prima di passare capo Masoala, ed hanno atteso che le condizioni del tempo migliorassero; ma si erano fermati in un posto isolato dove non c’era la possibilità di comunicare.
Antalaha é la prima città a nord di Maroantsetra, non c’é una strada , bisogna andarci in battello  oppure attraversare a piedi la penisola di Masoala ed il relativo parco, uno dei piu’ belli e selvaggi di tutto il Madagascar.
Maroantsetra, visto il suo isolamento, apparentemente dovrebbe essere un posto tranquillo, beh non é cosi’, io abito in centro città e posso dire che c’é molto movimento, sopratutto nella buona stagione. Quando comincia la stagione dei prodotti agricoli, in particolare chiodi di garofano e vaniglia, c’é grande fermento. Molte persone arrivano dalla campagna per vendere la vaniglia e arrivano anche parecchi commercianti/collettori per acquistare i prodotti per l’esportazione.
Maroantsetra é il fulcro di tanti commerci essendo circondata da tanti villaggi agricoli.

Vaniglia Bourbon ancora verde


I clienti....








I  clienti di ‘Cybercafé Uadesca’ sono di vario genere : dalla guida  che vuole tenere i contatti con i turisti, al turista che ha bisogno di comunicare via mail o inviare foto, qualche ragazzo che entra in facebook, ragazze che mettono un annuncio nei siti matrimoniali per trovare l’anima gemella in Europa, studenti che fanno  qualche ricerca. Ho pure tanti videogiochi e tanti ragazzi  vengono a giocare, come pure ho attrezzato un piccolo bar con bibite e succhi di frutta freschi e naturali.
Molti dei miei clienti non sanno usare internet , molti altri non sanno scrivere in francese quindi occorre una persona sempre disponibile per aiutarli. Sia io che mia moglie, che collabora nella mia attività, siamo molto fieri del nostro lavoro, perchè riteniamo di dare un valido contributo alla comunità con il nostro servizio.

Ma in che lingua

A Maroantsetra, non si parla il malgascio ufficiale, ma la lingua betsimisaraka. Sono già in grado di capire un discorso, perchè in due anni ho appreso molti vocaboli, sto cercando di studiare per migliorare le mie capacità.

La vaniglia......

Qualche anno fa ho conosciuto un grossista di Catania, che avrebbe voluto inserire la vaniglia bourbon nella sua filiera.
 Trovandomi nella zona in cui viene prodotta la migliore vaniglia del Madagascar, ho tentato di ottenere la documentazione necessaria per poterla esportare.
Ho fatto il giro dei vari uffici da Maroantsetra a Tamatave e sono stato anche al Ministero dell’Agricoltura,  quando finalmente riesco a raccogliere tutta la documentazione necessaria, mi viene negata l’autorizzazione alla esportazione, perchè non possedevo un preparatore della vaniglia abilitato e nemmeno il locale idoneo allo stoccaggio della vaniglia. La mafia non è solo in Sicilia!!!
Pero’ non demordo, perchè il grossista con cui sono in contatto, intende importare grosse quantità, e quindi c’è da guadagnare. Conosco, nel mentre,  un preparatore di vaniglia di Maroantsetra, il quale ha anche la licenza di esportazione, pur non avendo i locali adatti allo stoccaggio, come erano stati richiesti a me. Pertanto ho spedito, e continuo a spedire la vaniglia al mio amico grossista a nome del preparatore di Maroantsetra.
  Dato che la qualità della vaniglia é ottima ed esiste in campo mondiale una richiesta, continuo la collaborazione con questo preparatore, riuscendo ad offrire la vaniglia Bourbon del Madagascar della migliore qualità ad un prezzo di mercato. AS 

Vaniglia Bourbon

Approfitto di questa intervista per invitare il lettore a contattarmi per eventuali forniture di vaniglia all’ingrosso. 

Madagascar: rivoluzione e delusione nel paese dei lemuri


Il Madagascar è conosciuto nel mondo occidentale per i suoi aspetti prettamente “esotici”, le bellissime spiagge del paese sono preda di innumerevoli turisti che alloggiano in meravigliosi villaggi sul mare, rigorosamente isolati dalle città. Sul sito del ministero degli esteri italiano, si sconsiglia vivamente di effettuare spostamenti dai villaggi turistici alle città interne; a causa dell’instabilità politica cronica, c’è il rischio per un povero viaggiatore occidentale d’imbattersi in manifestazioni violente e se è sfortunato di beccarsi qualche pallottola, sparata da un galantuomo delle forze dell’ordine. Il Madagascar è un paese dove regna il caos, ad eccezione di poche aree turistiche che assumuno il ruolo di “Fortezze” contro il disordine. La mia rubrica si occupa di questa grande isola dell’Oceano Indiano perchè vorrei spiegare ai baldi occidentali che cosa accade oltre la “Fortezza”. Raccomando ai miei fans di non far leggere questo articolo ai bambini che, avendo visto la serie di cartoni animati: “Madagascar e Madagascar 2″, potrebbero rimanerci molto male; infatti non è solo il paese dei lemuri che ballano con i pinguini, purtroppo le giraffe non sono così gaudienti, gli ippopotami sono molto infelici ed i leoni, pensando alla situazione politica della nazione, perdono l’entusiasmo nel socializzare con le zebre.
Gli elementi caratterizzanti del Madagascar sono due: la rivoluzione e la delusione. Dal 1960 fino ai giorni nostri ci sono state ben quattro sollevazioni popolari contro il regime politico in carica; la dinamica è sempre la stessa: ogni volta c’è un rovesciamento del governo in carica e si crede che il leader rivoluzionario sia un messia capace di traghettare il paese verso lo sviluppo, poi però la popolazione ha sempre provato un sentimento di forte delusione nei confronti del “nuovo” regime o leader.
Il 13 maggio 1972, numerose manifestazioni di piazza portano alle dimissioni il presidente in carica Philibert Tsiranana, il “padre” dell’indipendenza del paese dalla Francia ottenuta nel 1960. La principale colpa di Tsiranana è quella di privilegiare gli interessi dell’ex madre-patria a scapito dell’economia nazionale, infatti si considera la data del 13 maggio come la “vera indipendenza” del paese. Nel 1974 s’insedia al potere l’ammiraglio Didier Ratsiraka; il paese ha una svolta, permeato da ideali marxisti, il “leader della rivoluzione” avvia una riforma agraria e promette le nazionalizzazioni dei settori economici strategici per la nazione. Purtroppo la riforma agraria non riesce a scalfire le proprietà terriere delle “grandi famiglie” del paese, così l’ammiraglio cambia straregia ed adotta il liberismo a malincuore. Nel frattempo la povertà aumenta e cresce la delusione nei confronti del governo “rivoluzionario”, così nel 1991 il popolo scende nuovamente in piazza, gli scontri con la polizia sono sanguinosi, si contano più di cento morti, ma la rivolta ha esito positivo. Inizialmente Ratsiraka abbandona il potere ma lo riacquista tre anni dopo, dando miracolosamente uno slancio diverso al paese che riesce ad avere una crescita economica. Nel 2001 si assiste alla “terza rivoluzione”, il sindaco della capitale Antananarivo, Marc Ravalomanana, afferma di aver vinto le elezioni presidenziali, il vecchio ammiraglio lo contesta, ne nasce un conflitto; ancora una volta le manifestazioni di piazza sono numerose e fanno conquistare a Ravalomanana il posto di presidente. Si spererebbe che stavolta il paese ha trovato la tanto agognata stabilità, invece no; nel 2009 la popolazione prova l’ennesimo sentimento di delusione, l’economia non è cresciuta e tre quarti dei malgasci vivono sotto la soglia di povertà. Il giovane e rampante sindaco della capitale Andry Rajoelina(classe 1976) sfrutta il malcontento del popolo e ne nasce una “quarta rivoluzione”, stavolta contro il presidente Ravalomanana. Antananarivo diventa teatro di ferocissimi scontri tra polizia e manifestanti, si contano più di cinquanta morti, e, come le altre volte, la sommossa popolare ha buon esito. Rajoelina diventa presidente di una fantomatica autorità di transizione, di fatto capo indiscusso del paese, egli promette d’indire libere elezioni quando la situazione dell’ordine pubblico nel paese si sarà normalizzata.
Concludo: ad oggi, 2 novembre 2011, il giovane presidente non ha ancora stabilito la data delle elezioni, gli osservatori internazioanli sono concordi nel definire “colpo di stato” il suo insediamento al potere. L’economia malgascia è stagnante perchè nessun governo serio intacca i patrimoni delle “grandi famiglie” del paese, infatti una ristretta minoranza della popolazione possiede più del 90% delle risorse. C’è speranza per il Madagascar o solo delusione?
A. Albertini
Fonte: Paperblog

Come acqua fresca


In questi giorni si è celebrata la giornata dell'acqua. Questa manifestazione,  cade proprio, con mia grande sorpresa,  in questi giorni in cui ho riflettuto tanto su quest’elemento della natura senza la quale non c’è vita. Tutte cose ovvie, forse banali, ma le voglio condividere con voi.
Un paio di settimane fa,  la nostra pompa ha smesso di funzionare e quindi spesso e volentieri, siamo rimasti senza acqua. Grazie a Dio, il Madagascar non vive i periodi di siccità prolungati e terribili di altri paesi del sud del mondo, ma capita anche qui di rimanere a secco. Non potersi lavare, non poter lasciare scivolare via con l’acqua la stanchezza di una giornata, non poter lavare piatti e pentole… piccoli disagi certo, ma che fanno riflettere.
La settimana scorsa poi, vi sembrerà una cosa stupida, per la prima volta ho visto una donna (Vola)  “rompere le acque”. La guardavo, era li in piedi, impaurita, senza sapere cosa aspettarsi. Un flusso d’acqua che sorprende, che ti avvisa che ci siamo quasi, tra poco darai alla luce una nuova vita. Tra poco, non senza una dose di sofferenza, terrai tra le braccia la creatura che hai portato dentro di te. Questa cosa mi lascia sempre senza parole!
In questi giorni, sempre più spesso, ho visto piangere giovani donne, abbandonate a se stesse con i loro bambini (tanti), lacrime di… non so se scoraggiamento, paura, frustrazione, solitudine, non so, me lo domando sempre, quando incrocio i loro occhi, quando sento che non stanno fingendo, quando provo a confortare, quando stringo la mano che mi tendono. Perché, altri uomini che hanno amato (?) queste donne, sono spariti? perché quegli uomini non sentono l’assenza dei figli che hanno generato? perché se ne fregano e continuano a “seminare” altrove in altre donne ignare di tutto?! Mi chiedo, io, uomo come loro, estraneo a queste donne, forse più di altri, cosa posso “essere” per loro, come posso restare accanto? E’ una domanda aperta, non mi accontento di dar loro del latte in polvere e i soldi per le medicine… ci dovrà essere qualcosa che in questo Esodo possiamo condividere.
Lacrime le piango  anche io… davanti alle storie dei miei ragazzi, davanti al loro coraggio di affrontare la vita nonostante questa ti abbia riservato solo brutte sorprese. Lacrime di dolore e tristezza, quando soffro insieme a loro, lacrime di gioia, vera, incommensurabile, quando gioisco per i traguardi sempre più difficili che sanno raggiungere.
E poi, infine, le immagini, sempre terribili dello tsunami in Giappone. Una massa d’acqua che devasta, che uccide i sogni e la vita di migliaia di persone! Un elemento di vita che diventa distruzione e morte. Fu proprio uno tsunami che mi scosse, ormai sei anni fa, quello del sud-est asiatico. Fu da li che cominciai a chiedermi quale aiuto può portare un educatore in contesti devastati, dalla natura, dalla povertà, dalla guerra, dall’uomo. Tutti si mobilizzano per ri-costruire case, villaggi, città, per far ripartire attività economiche, commerciali…e noi educatori? Restiamo a  guardare? No!  mi dissi, a noi tocca “ri-costruire” l’uomo, ridare fiducia e speranza nella vita! A noi tocca camminare insieme, tenere per mano, stare vicino, sanare le ferite, le nostre e le loro. A noi tocca il coraggio di guardare negli occhi, uomini e donne, vittime degli “tsunami” o degli uragani e tempeste della vita, e dire che si può sempre ricominciare, che se siamo “sopravvissuti” c’è un'altra possibilità di vita, di vita vera.
Insomma, ho scritto di acqua, di due molecole di idrogeno legate ad una di ossigeno; ho scritto dell’elemento che forse diamo più per scontato e che ci accorgiamo essere prezioso quando ci manca; Ho scritto che è vita. Ho scritto che può diventare morte. Acqua e vita, acqua e morte. I nostri piedi, si bagnano in quest’acqua,  certe volte sono pozzanghere, certe volte sono ruscelli, certe altri dobbiamo guadare fiumi, ed altre ancora nuotare con tutte le nostre forze per non annegare, certe volte ci passiamo in mezzo stupiti da un miracolo…
E’ importante per me, OGGI, non dimenticare nessuna di quelle lacrime versate e che mi hanno “lavato” e mi lavano dandomi nuovo coraggio e slancio, sono un tesoro per me!
Bere acqua fresca da una sorgente era una delle cose che più mi piaceva fare nelle campagne della Sicilia,  e mi sembra importante, OGGI, non dimenticare quelle fonti  e le Fonti che mi hanno dato vita nella vita.
WRITTEN BY  ROSARIO VOLPI PUBLISHED IN MADAGASCAR

Honduras, affari in porto


Il progetto delle città charter: paradisi fiscali mete di investimenti.



Nei sogni degli imprenditori più spietati, forse esisteva già un luogo senza barriere, sottratto alla sovranità degli Stati e alle regole della finanza internazionale. Una sorta di Eldorado dove dirottare non solo i propri investimenti, ma anche attrarre capitali all’infinito con la promessa di sviluppo per il Paese ospitante. Un eden neoliberista, dove l’unica legge è la libertà economica.



                                          RECORD DI POVERTÀ. 
Ora, pare che i tempi siano maturi. In Honduras il sogno potrebbe presto diventare realtà, nonostante il Paese fatichi a uscire dall’isolamento dovuto al golpe del 2008 e sia intrappolato in una crisi atavica che lo mantiene al secondo posto (65% degli abitanti sotto la soglia di povertà) dopo Haiti nella classifica dei più poveri del continente.
Sono 75 mila gli honduregni che ogni anno emigrano negli Stati Uniti in cerca di lavoro e il presidente Porfirio Lobo punta alla
 charter city nella speranza che serva da volano per l'economia locale e da tampone contro l'emorragia di forza lavoro. Per realizzare il progetto, a luglio il governo ha addirittura cambiato la Costituzione e ora il parlamento è impegnato nei lavori per promulgare una legge organica sulle costituite “Regioni speciali di sviluppo”. 
Con la recente modifica la Carta honduregna rende possibile la creazione di aree - fino a una disponibilità massima di 1.000 chilometri quadrati - in cui viga un sistema misto, a metà strada tra la zona franca e il paradiso fiscale. 
Le condizioni base sono la scelta di un territorio disabitato, la libertà di ingresso e uno statuto garantito da uno Stato neutrale. E poi il bilinguismo e la libera circolazione di tutte le valute oltre alla lempira, la moneta nazionale.
INVESTIMENTI STRANIERI. 
I governi e gli imprenditori stranieri saranno invitati a investire nella costruzione della prima area sulla costa atlantica tra la baia della città di Trujillo e la biosfera della Mosquitia.
Oltre ai vantaggi fiscali, gli investitori avranno l’opportunità di contribuire alla nascita e al consolidamento di un’economia basata sul sistema bancario, sui servizi, e sull’industria informatica, navale e aeronautica. La
 ciudad modelo godrà poi di un’assoluta autonomia amministrativa. Magistratura, polizia e corpus legislativo saranno completamente autonomi.
LE TEORIE DI ROMER. 
Richiamando i modelli di Hong Kong e Singapore, la charter city si basa sulle teorie dell’economista americano Paul Romer, convinto che la creazione nei Paesi in via di sviluppo di un modello “perfetto”, aperto al mercato internazionale, nonché gestito e finanziato dall’esterno, possa servire da leva per lo sviluppo. Nel 2008, Romer aveva convinto le autorità del Madagascar a sposare le sue teorie e solo il sopraggiunto colpo di Stato ne ha impedito l’applicazione. Il candidato al Nobel aveva anche proposto la trasformazione della base americana di Guantanamo, a Cuba, in una charter city sotto il controllo canadese.

L'ENCLAVE ILLUMINATA. 
La sua idea è sconfiggere il sottosviluppo e la corruzione in Africa e America Latina partendo da un’idea fin troppo semplice: le cattive regole e le istituzioni deboli, sostiene l'economista, sono il maggiore ostacolo alla crescita economica dei paesi del Terzo mondo. E solo un’enclave «illuminata», situata all’interno dello Stato da educare, può servire per uscire dall’impasse.
Un'idea che, «come il suo creatore è al confine tra il rivoluzionario e il pazzo», ha commentato l’economista dello sviluppo William Easterly.
Ma l'idea è piaciuta così tanto che il governo honduregno, già da mesi, è impegnato in una massiccia campagna per convincere la popolazione che la città-stato risolleverà le sorti del Paese.
I partiti di opposizione, in Honduras, hanno ricordato che il modello di Hong Kong, città sotto l’impero britannico fin dal 1842, non ha nulla a che vedere con la costruzione ex-novo di un centro nel cuore all'interno di un Paese, povero, isolato e dipendente dalle importazioni.
Inoltre, nel rapporto sulle “Regioni speciali di sviluppo” consultabile sul sito del governo honduregno - in cui si fa un gran parlare di migliaia di nuovi posti di lavoro, di sviluppo del turismo, di crescita dell’economia - non si fa alcun riferimento alle modalità di redistribuzione della ricchezza né alla partecipazione diretta del popolo honduregno.

IL NUOVO SFRUTTAMENTO. 
Per questo, il progetto dell'avamposto neoliberista nella terra che fu dei Maya ricorda più lo sfruttamento occidentale - e nordamericano in particolare - subito dal Sudamerica. Esattamente un secolo fa, il fondatore della United fruit Sam Zemurray e il suo vassallo locale Manuel Bonilla (fondatore del Partido Nacional oggi al potere) furono gli artefici delle politiche che svendettero l'Honduras settentrionale alle compagnie bananiere statunitensi.

ECOSISTEMA E DIRITTI A RISCHIO. 
Il sospetto è che un’operazione come quella promossa da Romer possa tramutarsi in una nuova dipendenza, anche perché la flessibilità fiscale e lo scarso controllo di Tegucigalpa potrebbero portare nella charter city una netta precarizzazione del diritto del lavoro, indiscriminati vantaggi fiscali e la sospensione delle più elementari garanzie democratiche.
Il progetto, inoltre, travolgerebbe un’intera etnia, i garifuna, che da oltre due secoli abitano la costa nord del Paese. Le spiagge e le foreste pluviali in cui vivono verrebbero espropriate, e poco o nulla resterebbe del delicato ecosistema dell'area.

«UNO STATO NELLO STATO». 
L’autonomia amministrativa, infine, mettrebbe in discussione la sovranità dello Stato sui territori prescelti, tanto che il deputato German Leitzelar, membro della stessa maggioranza che ha approvato il progetto, ha parlato di «Uno Stato nello Stato».
Difficilmente le zone franche potranno risolvere i problemi cronici dell'Honduras, dove solo tre anni fa un colpo di Stato ha stravolto l’ordine democratico e in cui la violenza e la povertà dilagano. Tanto per rendere l'idea, nel 2010 si sono registrati 73 omicidi su 1.000 abitanti (tra i tassi più alti al mondo) e il 19% della popolazione non ha avuto acceso all’acqua potabile.
Eppure la nuova Eldorado del neoliberismo è già in cantiere. E qualche imprenditore in Europa o negli Stati Uniti, intanto, sta già facendo i conti.
Fonte: .lettera43.it


In Italia la persona è ancora al centro della vita


Era il dicembre 1972 quando sbarcai per la prima volta con un aereo dell'Alitalia a Roma. Nonostante parlassi correttamente l'italiano e conoscessi la cultura italiana avendo superato con successo l'esame di maturità scientifica presso l'Istituto Salesiano Don Bosco al Cairo, l'integrazione costruttiva in seno alla società italiana richiese sia tempo sia soprattutto sofferenza interiore. Anche a un italiano può capitare, recandosi ad esempio in un paese scandinavo, di restare raggelato dal comportamento distaccato e anaffettivo rispetto a quello coinvolgente e sentimentale prevalentemente diffuso in Italia. Qualcosa di simile capitò a me al mio arrivo in Italia. Trovo parecchie similitudini tra ciò che Elisa e Massimo hanno conosciuto nel Madagascar (una coppia di ex missionari, ndr) e ciò che io ho vissuto in Italia al mio arrivo dall'Egitto. A cominciare dalla concezione estremamente labile del tempo, ribattezzata dagli stranieri oriental time. (...) Quanto ho nostalgia del «tempo orientale» che si fonda sulla concezione che il tempo è a disposizione della persona e non la persona schiava del tempo! Qui in Occidente tutta la nostra vita è rigidamente regolamentata dalle lancette dell'orologio. Si arriva in ufficio alle 9. Ci si incontra a pranzo alle 13. Si torna in ufficio dalle 15 fino alle 19. Si fa un salto a un cocktail fino alle 20. Si corre al cinema o si torna a casa per piazzarsi davanti alla televisione fino alle 22. Il tempo per dare la buonanotte ai figli o per qualche telefonata di lavoro. Poi si naviga in internet per tuffarsi nella realtà virtuale dove il rapporto con il prossimo è indiretto venendo meno dell'integralità della persona, privo di sentimento e di coinvolgimento emotivo, che finisce per farci privilegiare il surrogato della realtà alla realtà.
(...) In Madagascar Elisa e Massimo hanno scoperto ciò che io ho vissuto in Egitto: la bellezza della vita che mette al centro la persona, dove siamo noi a usare il tempo per soddisfare la naturale propensione a stare bene dentro con noi stessi e con il prossimo. Dove pertanto anche il saluto diventa un rituale che ci impegna tranquillamente per almeno cinque minuti, perch´ comporta il passare in rassegna l'elenco di tutti i familiari, parenti, amici e conoscenti comuni, chiedendo di ciascuno come sta e, se necessario, ripetendo la stessa domanda. Perch´ la parola acquisisce un senso compiuto quale mezzo principale per unire due cuori e due menti, a prescindere dal suo significato letterale. Le parole non vengono soppesate in modo meticoloso, è assolutamente consentito abbondare nelle parole senza preoccuparsi delle sfumature recondite o del tempo che si sprecherebbe, perch´ le parole non sono strumento ma parte integrante del fine, cioè della persona concepita in senso compiuto, quindi della persona che si preoccupa essenzialmente di stare bene dentro. Alla fine però Elisa e Massimo hanno condiviso la scelta di vivere in Italia, esattamente come io concepii, pur senza mai esserci stato, che l'Italia sarebbe stata la patria di quei valori fondanti la nostra umanità che ci consentono di essere pienamente noi stessi. Perchè sono i valori che si radicano in una fede, in un'identità, in una cultura e in una tradizione che è profondamente e totalmente umana e umanitaria, quella del cristianesimo che si fonda sulla certezza del Dio che si è fatto uomo e dell'uomo concepito a immagine e somiglianza di Dio. Abbiamo sicuramente da imparare dai fratelli sparsi nel mondo che sono riusciti a salvaguardare dentro di s´ la radice naturale dell'amor proprio, ma dobbiamo principalmente essere consapevoli e orgogliosi della nostra civiltà cristiana che storicamente è stata il faro che ha illuminato l'insieme dell'umanità con i valori dell'amore, bontà, saggezza e bene comune che ci rendono migliori in questa terra e meritevoli della vita eterna.
Fonte: il Giornale

Tassati, mazziati, indignati



Una buona protesta ha i suoi libri e i suoi intellettuali di riferimento. Lo dimostrano i colleghi statunitensi degli indignados italiani, puntellati in pubblico e sui media da intellettuali come Cornel West, Slavoj Zizek e Joseph Stiglitz.
Pensate che a ispirare la rivoluzione contro Wall Street siano Hessel e simili? Errore. Tra i miti intellettuali della rivolta americana c'è per esempio un libro del 2007,
 Lost People: Magic and the Legacy of Slavery in Madagascar, scritto dall'antropologo David Graeber, che analizzava la coesistenza di nobili e schiavi nella comunità di Betafo, in Madagascar.
La protesta nordamericana è accademicamente alta e chiama in causa i migliori studi di genere. E noi italiani? Indigniamoci altrettanto, ma senza populismi, con la conoscenza critica dei problemi e degli argomenti con cui inchiodare un sistema logoro, che ha perso la capacità di rispondere alla domanda di cambiamento del Paese.
Ecco 10 libri sul tema scelti per voi da
 Lettera43.it
10. Tre pezzi facili sull'Italia
Per indignarsi meglio e di più, tanto vale superare l’urgenza puntuale dei problemi e contestualizzare i motivi del malessere. I mali dell’Italia, ristagno economico in primis, partono da molto lontano, cioè da quella stagione politica che l’avvento di Berlusconi nel 1994 ha interrotto senza sanarne le ferite.
Michele Salvati, economista e politologo, è tornato indietro alle radici del pesante deficit di riforme strutturali e del debito pubblico per argomentare le origini delle difficoltà attuali. La gravità di quel lascito della Prima Repubblica è stata sottovalutata colpevolmente anche nell’ultimo decennio ma, nel momento della furia contro il Palazzo, è giusto non confondere in maniera acritica colpe, mali e omissioni. Di interesse, nel volume, è anche la riflessione sulle anomalie del sistema politico e sulla qualità della democrazia in Italia.
Michele Salvati, Tre pezzi facili sull’Italia, Il Mulino, 136 pagine, 14 euro

9. La zavorra

Nemmeno il mito del federalismo come paradigma di efficienza da applicare a tutto il Paese uscirebbe indenne dall’attuale stagione della contestazione pubblica. Leggere per credere l’inchiesta di Enrico Del Mercato ed Emanuele Lauria che esamina il federalismo alla siciliana, ovvero la più avanzata forma di autonomia in materia di tasse, personale, urbanistica e ordine pubblico.
Migliaia di geometri e ingegneri assunti per non attuare le pratiche di sanatoria; un parlamentino dove gli onorevoli guadagnano quanto i senatori della Repubblica; funzionari amministrativi in pensione anticipata anche con meno di 25 anni di servizio.
La Sicilia come metafora di un discorso più ampio. Difficile è infatti sottovalutare un sistema che, con il mito del decentramento, ambisce spesso alla disinvolta gestione degli emolumenti e alla duplicazione di quei privilegi per combattere sulla carta i quali abbaia contro il potere centrale.
Enrico Del Mercato, Emanuele Lauria, La zavorra, Laterza, 156 pagine, 14 euro

8. Tassati e mazziati

Perfetto combat book ai tempi della manovra lacrime e sangue quello di Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre.
Cifre da capogiro, in materia di tasse, per l’Italia che secondo l'Ocse è al quinto posto tra quelli industrializzati che pagano più imposte: 46,9%. L’amarezza sulle tasse dirette (657 miliardi di euro, pari mediamente a 43,2 euro per ogni 100 prodotti) diventa furia pensando a quelle indirette o occulte: l'Iva per gas ed elettricità è calcolata sulle accise; Tarsu e Tia, per i rifiuti, hanno a loro volta una tassa ulteriore di accompagnamento; l'Iva sul prezzo dei carburanti è altresì calcolata sul valore delle accise.
E il
 tax freedom day, il giorno dell' anno in cui la nostra paga non risente dei prelievi fiscali? Se nel 2000 giungeva il 5 giugno, oggi arriva il 25. A conti fatti, sono 20 giorni dopo. Un libro di pregio, ben argomentato che spegne definitivamente anche il mito politico di governi che amano tassare il popolo e altri che non metterebbero mai «le mani nelle tasche dei cittadini».
Giuseppe Bortolussi, Tassati e mazziati, Sperling & Kupfer, 178 pagine, 16,50 euro

7. L'assedio. La Costituzione e i suoi nemici

Il Palazzo è sotto assedio? La classe politica subisce più o meno lo stesso trattamento che riserva alla Costituzione. La carta dei nostri padri fondatori è troppo spesso vilipesa o ignorata. O, peggio ancora, forzata nei suoi aspetti fondamentali, come il famoso riferimento all’immunità parlamentare.
Michele Ainis, costituzionalista, ha passato in rassegna le prassi incostituzionali, i tentativi di «controriforme», gli assedi volti a sovvertire i valori costituzionali e la più generale lacerazione che separa sempre di più i nostri rappresentati dallo stesso patto civile sul quale giurano.
Il saggio, certo, favorisce l’indignazione ma paradossalmente ci dice anche che tutto quello che serve per far funzionare il Paese è già nero su bianco, da moltissimi anni.
Michele Ainis, L’assedio. La Costituzione e i suoi nemici, Longanesi, 271 pagine, 15 euro

6. Regole

Pensate che in Italia ci siano troppe regole che limitano anche il potenziale economico della nazione? Esatto, ma non è questa la chiave di tutto. Le norme ci sono ma sono sbagliate e nascondono un’incomprensione di fondo che Roger Abravanel, manager e consulente, e Luca D’Agnese, che ha a sua volta trascorsi manageriali, hanno ben spiegato in questo volume: non è l’assenza di regole a favorire il mercato, ma la presenza delle stesse.
Eppure da noi, un’ideologia di fatto anticapitalista frena da 40 anni il Paese, impedendo di capire che lo Stato è fondamentale per regolare tutte le transazioni, anche quelle che incarnano il meglio del
 laissez-faire. Una disamina interessante, che non si limita a denunciare, ma propone anche le alternative, in campi sensibili come l’università e la scuola.
All’insegna di una morale valida anche nei tempi bui che viviamo: il rispetto delle leggi non è solo bello, ma utile, perché conviene.
Roger Abravanel, Luca D’Agnese, Regole, Garzanti, 367 pagine, 18,60 euro
5. Sotto la pelle dello Stato. Rancore, cura, operosità
La stagione dell’indignazione prima o poi è destinata a passare. Ma quali sono i soggetti deputati al rilancio del Paese e da quali basi può partire la rinascita? Aldo Bonomi, sociologo insigne, ha tracciato il ritratto di uno Stato lacerato, dove anche il territorio si polarizza in comunità dai comportamenti eterogenei e conflittuali.
Cosa resta, dopo una lunga stagione politicamente violenta, che ha spesso diviso gli italiani tra rancorosi, populisti e giustizialisti? Per lo studioso sono i soggetti che operano nel campo della comunità di cura (le professioni dell’inclusione sociale e della cura, l’insegnamento e la giustizia) a poter creare una massa critica positiva che può ridare slancio e futuro anche a chi ora vive il grande autunno dello scontento.
I comportamenti collettivi, insomma, vanno ripensati, ma a patto che l’operosità prevalga sui rancori, anche quelli generati da invidia sociale.
Aldo Bonomi, Sotto la pelle dello Stato. Rancore, cura, operosità, Feltrinelli, 187 pagine, 14 euro

4. In nessun paese. Perché sui diritti dell'amore l'Italia è fuori dal mondo

Tasse, fisco, lavoro sono ottimi motivi per provare rabbia in Italia. Ma il futuro di un Paese passa anche dalla partita dei diritti, in particolare quelli legati alle norme contro l'omofobia e le discriminazioni. Per non parlare delle coppie di fatto, una realtà ormai consolidata ma ancora esclusa da importanti scelte legislative.
Gli autori, tra cui il vicepresidente del Partito democratico Ivan Scalfarotto, hanno affrontato un tema scottante, quello del diritto all’amore, in un Paese che fa ancora troppe distinzioni tra cittadini di serie A e di serie B, per motivi ideologici e religiosi. Gli stessi che una sana indignazione deve mettersi alle spalle, perché la felicità è il vero diritto universale, anche in Italia.
Ivan Scalfarotto, Sandro Mangiaterra, In nessun paese. Perché sui diritti dell’amore l’Italia è fuori dal mondo, Piemme, 219 pagine, 17,50 euro

3. Ribelliamoci. L'alternativa va costruita

Rottamare i grandi vecchi fa parte di un processo comune ai movimenti degli indignadosmondiali. Ma occhio alle dovute distinzioni, soprattutto se si parla di una colonna della politica e della cultura italiana come la 'rossa' Luciana Castellina.
Proprio come il collega francese Stéphane Hessel, che pure ha undici primavere in più, in questo libro Catellina ha richiamato giovani e non a una ribellione responsabile che trova fondamento in un ideale passaggio di testimone, quello dell’impegno civile.
L'intellettuale e scrittrice si chiede anche se, a furia di dichiarare morte le grandi ideologie, non si sia perso di vista un potente motore che le stesse alimentavano: la riforma complessiva del soggetto umano. Un invito a superare i singoli 'ismi', ma senza perdere la loro spinta utopica.
Luciana Castellina, Ribelliamoci. L’alternativa va costruita, Aliberti, 79 pagine, 7,90 euro

2. Licenziare i padroni?

Nell'autunno caldo in cui si torna a parlare di licenziamento senza giusta causa, il titolo è di sicura presa. Ma quando i capitani di industria italiani avrebbero meritato il siluramento? Secondo Massimo Mucchetti, quando negli anni Novanta non colsero l’occasione per svoltare in tema di mercato, trasparenza, concorrenza, preferendo continuare in un capitalismo vecchio, che preferiva la speculazione finanziaria all'innovazione e allo sviluppo.
Il saggio del giornalista del
 Corriere della Sera, scritto nel 2003, ha ancora il pregio di illuminare i mali di un Paese dove troppi padroni hanno guardato al loro tornaconto, senza investire in una crescita di cui avremmo beneficiato tutti. E che oggi quindi, non possono reclamare con disinvoltura il diritto al licenziamento facile o a una flessibilità non garantita, senza aver paura di conseguenze violente e anacronistiche.
Massimo Mucchetti, Licenziare i padroni?, Feltrinelli, 249 pagine, 7,50 euro

1. Contro i giovani: come l'Italia sta tradendo le nuove generazioni

Il Paese che ha rovinato i suoi giovani, sui quali gravano già alla nascita migliaia di euro di debito pubblico e pensionistico, ora è costretto a ricredersi sugli anni passati a pagare pensioni di invalidità spesso fasulle, a creare posti pubblici spesso inefficienti, a concedere pensioni di anzianità definite baby, quasi per ironia.
Ora che il futuro di tutti appare ipotecato, il tempo per riflettere è ormai agli sgoccioli. Eppure Tito Boeri e Vincenzo Galasso invitano i quarantenni a imboccare la strada delle riforme nel mondo del lavoro, delle professioni, dei servizi e del welfare, anche per i loro fratelli più giovani. A patto che qualcuno, in alto, faccia finalmente spazio.
Tito Boeri, Vincenzo Galasso, Contro i giovani. Come l’Italia sta tradendo le nuove generazioni, Mondadori 158 pagine, 15 euro.
di Maria Rosaria Iovinella

Fonte: Lettera43