Debutta a novembre iStella, il motore di ricerca nazionale che vuole competere con il gigante Usa sui contenuti domestici. Tiene conto di tre miliardi di pagine: tutti i siti nella nostra lingua e le pagine più guardate. Nessuno viene tracciato.
QUESTA storia è come un film. Se pensate che sfidare Google,
oggi, in Italia, facendo un motore di ricerca tutto italiano, un motore che
racconti al mondo la nostra storia, la nostra cultura e quindi in fondo anche
il nostro futuro, sia una impresa perlomeno velleitaria, scegliete pure come
titolo "Totò contro Maciste" e fatevi una bella risata.
Del resto il disastroso lancio di Volunia, "la sfida italiana a Google", firmata dal matematico padovano Massimo Marchiori, appena qualche mese fa, autorizza qualche ironia. Ma questa storia è diversa. Se fosse un film infatti sarebbe un western. Uno di quelli che non finiscono mai nemmeno quando il protagonista firma la propria resa. È la storia di un sogno che si fa ossessione per diventare realtà. E parte da lontano. C'era una volta il web. Il primo web. Gli italiani, sembra strano a dirlo, non se la cavavano affatto male. Era italiano per esempio Paolo Zanella, dal 1976 al 1989 direttore dei servizi informatici del Cern di Ginevra, il più grande laboratorio del mondo per la fisica. Nel 1980 lì arrivò per uno stage un giovane fisico inglese: si chiamava Tim Berners Lee e trentadue anni dopo un paio di miliardi di persone lo avrebbero applaudito in diretta tv mentre al centro dello stadio olimpico di Londra scriveva le tre lettere che hanno cambiato il mondo: "www".
Il giovane Berners Lee in realtà non sapeva cosa avrebbe fatto: al Cern voleva solo trovare un modo per mettere ordine nella crescente quantità di informazioni che producevano i computer utilizzati per gli esperimenti scientifici. Il progetto inizialmente lo chiamò Enquire: nel 1989 lo ribattezzò world wide web. Quell'anno al Cern il direttore generale divenne il fisico italiano Carlo Rubbia che nel 1984 aveva vinto il premio Nobel. Quando il 30 aprile 1993 il Cern annunciò che il world wide web era a disposizione dell'umanità, Rubbia era ancora il capo, una circostanza che lo ha portato spesso a ricordare con ironia: "Il mio unico merito nella nascita del web è non essermi opposto".
Intanto nel novembre del 1990 a Cagliari la Regione Sardegna aveva costituito il Crs4, il centro ricerche per il futuro parco tecnologico. E Rubbia ne era diventato il primo presidente: si portò da Ginevra Paolo Zanella e quella scelta diede la linea: non perdete tempo con altre storie, disse, buttatevi sulla rete. Così fu. Il primo sito web italiano, www. crs4. it, lo fece Luca Zanarini nel 1993. La prima webmail del mondo fu quella escogitata da un giovane programmatore, Luca Manunza, nel 1995. Insomma, in Sardegna sulle telecomunicazioni erano bravi: anche per questo qui nel 1998 Renato Soru fondò Tiscali. Fine primo tempo.
Nel 1996 a Pisa, dove da sempre batte il cuore dell'internet italiano, c'erano tre studenti che volevano fare un motore di ricerca: Google ancora non c'era. Segnatevi i loro nomi perché fecero un'impresa: quando Olivetti Telemedia - la futura Italia Online - mise sul tavolo i soldi necessari, Giuseppe Attardi, Domenico Dato e Antonio Gulli in tre mesi fecero la prima versione di Arianna. Andava dieci volte più veloce del rivale americano Altavista, ricorda oggi Attardi. Tanto che nel 1999, alla vigilia di un trionfale ingresso in Borsa, Renato Soru decise di comprare tutta la ditta: Ideare. I tre ragazzi di Pisa scrissero allora un nuovo motore, Janas, con un sistema di ricerca, IXE, che iniziò a conquistare pezzi di Europa. Poteva essere l'inizio di una grande storia, ma la fine della cosiddetta new economy avrebbe cambiato tutto. Le aziende legate al web si trovarono a fare i conti con la mancanza di soldi e così quando nel 2001 un dirigente di Google si presentò da Tiscali mettendo sul tavolo 10 milioni di dollari in cambio dello spegnimento di IXE, Soru firmò.
Non se l'è mai perdonata quella firma. "Non possiamo lasciare il web a Google" disse Soru già in una intervista del 2003 che non era casuale: i "ragazzi di Pisa" gli avevano proposto la realizzazione di un grande motore di ricerca europeo e lui era tentato. Nel 2004 il suo ingresso politica segnò lo scioglimento del team. Ma l'idea non è scomparsa mai: il 26 settembre 2006, per esempio, all'indomani di un incontro fra il presidente del consiglio Prodi e quello della Sardegna Soru, la Nuova Sardegna in prima pagina annunciava trionfalmente "un Google italiano".
Nel 2009 Soru è tornato a Tiscali. E in breve ha capito che continuare a focalizzare tutto sulla vendita di collegamenti a Internet non aveva molto senso. Bisognava puntare sul web tornando a inventare prodotti. Il primo, un anno fa, è stato Streamago: sulle ceneri di una tv via internet mai decollata, è un servizio che consente di mandare in diretta sul web qualsiasi evento. Il secondo, qualche mese fa, è stato Indoona: partito come applicazione per telefonare gratis via Internet, è diventato un social network, basato sui propri numeri di telefono, che ingloba funzionalità di Twitter.
Ma il vero progetto è il motore di ricerca. Per questo Soru ha richiamato in servizio il vecchio team. Obiettivo: un Google italiano. La cosa è meno bizzarra di quanto appaia. Nel mondo ci sono svariate decine di motori di ricerca nazionali che nei rispettivi paesi si affiancano a Google e che diventano molto competitivi sui contenuti web domestici. E quindi iStella, si chiamerà così, tiene conto di tre miliardi di pagine: ovvero, tutto il web italiano più le pagine che gli italiani guardano. E poi punta a inglobare la storia d'Italia, gli archivi di enti, fondazioni, istituti che oggi non sono sul web. Il terzo livello è quello degli utenti: tutti possono diventare contributori di iStella: un comune che voglia caricare la propria storia, un ricercatore per rendere disponibile uno studio, una famiglia con il proprio albero genealogico e le foto emblematiche, "perché ogni uomo è una enciclopedia" dice Soru citando Italo Calvino.
A Pisa Attardi non nasconde l'emozione: "Abbiamo il batticuore. Sappiamo di esserci messi in un progetto così ambizioso da sembrare pazzesco". A Cagliari Soru conta i giorni per il lancio: "Non è una sfida a Google, è un'altra cosa". E cita con orgoglio le differenze con il gigante americano. Non proprio trascurabili: "Primo, tutti possono partecipare aggiungendo documenti. Secondo, nessuno viene tracciato quando effettua delle ricerche. Terzo, i risultati delle ricerche saranno obiettivi e non profilati in basi ai nostri precedenti comportamenti. Quarto, la popolarità non è tutto, se uno cerca Dante Alighieri e per qualche motivo una pizzeria Dante Alighieri ha molto successo, da noi troverete sempre primo l'omonimo Istituto. Quinto, i tre miliardi di pagine che scarichiamo, saranno gratis a disposizione di chiunque voglia fare studi sul web italiano".
Manca solo la data di inizio, un giorno di novembre. Poi, se iStella dovesse andare bene, cancellate i titoli precedenti e questo film chiamatelo pure "I cavalieri che rifecero l'impresa".
Del resto il disastroso lancio di Volunia, "la sfida italiana a Google", firmata dal matematico padovano Massimo Marchiori, appena qualche mese fa, autorizza qualche ironia. Ma questa storia è diversa. Se fosse un film infatti sarebbe un western. Uno di quelli che non finiscono mai nemmeno quando il protagonista firma la propria resa. È la storia di un sogno che si fa ossessione per diventare realtà. E parte da lontano. C'era una volta il web. Il primo web. Gli italiani, sembra strano a dirlo, non se la cavavano affatto male. Era italiano per esempio Paolo Zanella, dal 1976 al 1989 direttore dei servizi informatici del Cern di Ginevra, il più grande laboratorio del mondo per la fisica. Nel 1980 lì arrivò per uno stage un giovane fisico inglese: si chiamava Tim Berners Lee e trentadue anni dopo un paio di miliardi di persone lo avrebbero applaudito in diretta tv mentre al centro dello stadio olimpico di Londra scriveva le tre lettere che hanno cambiato il mondo: "www".
Il giovane Berners Lee in realtà non sapeva cosa avrebbe fatto: al Cern voleva solo trovare un modo per mettere ordine nella crescente quantità di informazioni che producevano i computer utilizzati per gli esperimenti scientifici. Il progetto inizialmente lo chiamò Enquire: nel 1989 lo ribattezzò world wide web. Quell'anno al Cern il direttore generale divenne il fisico italiano Carlo Rubbia che nel 1984 aveva vinto il premio Nobel. Quando il 30 aprile 1993 il Cern annunciò che il world wide web era a disposizione dell'umanità, Rubbia era ancora il capo, una circostanza che lo ha portato spesso a ricordare con ironia: "Il mio unico merito nella nascita del web è non essermi opposto".
Intanto nel novembre del 1990 a Cagliari la Regione Sardegna aveva costituito il Crs4, il centro ricerche per il futuro parco tecnologico. E Rubbia ne era diventato il primo presidente: si portò da Ginevra Paolo Zanella e quella scelta diede la linea: non perdete tempo con altre storie, disse, buttatevi sulla rete. Così fu. Il primo sito web italiano, www. crs4. it, lo fece Luca Zanarini nel 1993. La prima webmail del mondo fu quella escogitata da un giovane programmatore, Luca Manunza, nel 1995. Insomma, in Sardegna sulle telecomunicazioni erano bravi: anche per questo qui nel 1998 Renato Soru fondò Tiscali. Fine primo tempo.
Nel 1996 a Pisa, dove da sempre batte il cuore dell'internet italiano, c'erano tre studenti che volevano fare un motore di ricerca: Google ancora non c'era. Segnatevi i loro nomi perché fecero un'impresa: quando Olivetti Telemedia - la futura Italia Online - mise sul tavolo i soldi necessari, Giuseppe Attardi, Domenico Dato e Antonio Gulli in tre mesi fecero la prima versione di Arianna. Andava dieci volte più veloce del rivale americano Altavista, ricorda oggi Attardi. Tanto che nel 1999, alla vigilia di un trionfale ingresso in Borsa, Renato Soru decise di comprare tutta la ditta: Ideare. I tre ragazzi di Pisa scrissero allora un nuovo motore, Janas, con un sistema di ricerca, IXE, che iniziò a conquistare pezzi di Europa. Poteva essere l'inizio di una grande storia, ma la fine della cosiddetta new economy avrebbe cambiato tutto. Le aziende legate al web si trovarono a fare i conti con la mancanza di soldi e così quando nel 2001 un dirigente di Google si presentò da Tiscali mettendo sul tavolo 10 milioni di dollari in cambio dello spegnimento di IXE, Soru firmò.
Non se l'è mai perdonata quella firma. "Non possiamo lasciare il web a Google" disse Soru già in una intervista del 2003 che non era casuale: i "ragazzi di Pisa" gli avevano proposto la realizzazione di un grande motore di ricerca europeo e lui era tentato. Nel 2004 il suo ingresso politica segnò lo scioglimento del team. Ma l'idea non è scomparsa mai: il 26 settembre 2006, per esempio, all'indomani di un incontro fra il presidente del consiglio Prodi e quello della Sardegna Soru, la Nuova Sardegna in prima pagina annunciava trionfalmente "un Google italiano".
Nel 2009 Soru è tornato a Tiscali. E in breve ha capito che continuare a focalizzare tutto sulla vendita di collegamenti a Internet non aveva molto senso. Bisognava puntare sul web tornando a inventare prodotti. Il primo, un anno fa, è stato Streamago: sulle ceneri di una tv via internet mai decollata, è un servizio che consente di mandare in diretta sul web qualsiasi evento. Il secondo, qualche mese fa, è stato Indoona: partito come applicazione per telefonare gratis via Internet, è diventato un social network, basato sui propri numeri di telefono, che ingloba funzionalità di Twitter.
Ma il vero progetto è il motore di ricerca. Per questo Soru ha richiamato in servizio il vecchio team. Obiettivo: un Google italiano. La cosa è meno bizzarra di quanto appaia. Nel mondo ci sono svariate decine di motori di ricerca nazionali che nei rispettivi paesi si affiancano a Google e che diventano molto competitivi sui contenuti web domestici. E quindi iStella, si chiamerà così, tiene conto di tre miliardi di pagine: ovvero, tutto il web italiano più le pagine che gli italiani guardano. E poi punta a inglobare la storia d'Italia, gli archivi di enti, fondazioni, istituti che oggi non sono sul web. Il terzo livello è quello degli utenti: tutti possono diventare contributori di iStella: un comune che voglia caricare la propria storia, un ricercatore per rendere disponibile uno studio, una famiglia con il proprio albero genealogico e le foto emblematiche, "perché ogni uomo è una enciclopedia" dice Soru citando Italo Calvino.
A Pisa Attardi non nasconde l'emozione: "Abbiamo il batticuore. Sappiamo di esserci messi in un progetto così ambizioso da sembrare pazzesco". A Cagliari Soru conta i giorni per il lancio: "Non è una sfida a Google, è un'altra cosa". E cita con orgoglio le differenze con il gigante americano. Non proprio trascurabili: "Primo, tutti possono partecipare aggiungendo documenti. Secondo, nessuno viene tracciato quando effettua delle ricerche. Terzo, i risultati delle ricerche saranno obiettivi e non profilati in basi ai nostri precedenti comportamenti. Quarto, la popolarità non è tutto, se uno cerca Dante Alighieri e per qualche motivo una pizzeria Dante Alighieri ha molto successo, da noi troverete sempre primo l'omonimo Istituto. Quinto, i tre miliardi di pagine che scarichiamo, saranno gratis a disposizione di chiunque voglia fare studi sul web italiano".
Manca solo la data di inizio, un giorno di novembre. Poi, se iStella dovesse andare bene, cancellate i titoli precedenti e questo film chiamatelo pure "I cavalieri che rifecero l'impresa".
di RICCARDO LUNA
Repubblica.it
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