Islandese,
lituano e lettone sono già sparite da smartphone e pc. E anche l’italiano se la
passa male. Secondo gli esperti, senza investimenti, alla lunga non saranno più
parlate neanche nella vita reale.
I computer hanno bisogno di imparare altre lingue oltre
l'inglese, oppure la maggior parte delle lingue europee non sopravviverà
nell'era digitale. Sono idiomi come l'islandese, il lituano e il lettone che
per primi, in un futuro non lontano, rischiano di scomparire dapprima sui
monitor dei cellulari e dei tablet e poi di restare confinati alla
comunicazione quotidiana.
L'allarme, nella giornata europea delle lingue lo scorso 26 settembre, è stato lanciato da uno studio di MetaNet, un gruppo di 200 tra linguisti e ricercatori di 34 Paesi, finanziato dall'Ue e capace di mettere in luce come in alcune nazioni, tra cui la nostra, le tecnologie della lingua sono insufficienti a salvare un intero patrimonio culturale dall'oblio. Il bulgaro, il greco, l'ungherese e il polacco, insieme a quelle già citate, sono le lingue che rischiano di sparire dall'universo tecnologico nell'immediato, ma anche l'italiano non se la passa bene.
Nicoletta Calzolari, direttrice di ricerca all'Istituto di Ricerca Computazionale del Cnr, ha collaborato per la parte italiana allo studio di MetaNet e spiega: "Perché un computer possa riconoscere una lingua, cosa fondamentale, ad esempio, per usare i comandi vocali su un telefono, oppure ottenere una traduzione accettabile da un motore di ricerca, sono necessari investimenti nelle tecnologie della lingua. Al momento in Europa e soprattutto in Italia la maggior parte dei Paesi sta investendo poco o niente in questi studi, con risultati che saranno presto disastrosi per l'italiano, il maltese, il catalano e la maggior parte delle lingue eccetto l'inglese".
"In un futuro prossimo - prevede Calzolari - milioni di persone non potranno esprimersi allo stesso modo nella comunicazione quotidiana e in quella digitale, soprattutto in settori come quello economico, commerciale e dell'istruzione. A fronte, insomma, di una società sempre più digitale, non sarà possibile usare la propria lingua per tutta una serie di operazioni che vanno dall'uso delle email al telefono".
Nel rapporto si denuncia che poco si sta facendo per sostenere la tecnologia di lingue molto diffuse come il tedesco, l'italiano e lo spagnolo, mentre basco e catalano insieme ad altre sono lingue già quasi condannate. "I risultati del nostro studio - è il commento del coordinatore del gruppo MetaNet, Hans Uszkoreit - sono allarmanti. La maggior parte delle lingue europee non è studiata in modo adeguato o è addirittura ignorata dall'universo digitale e per questo non resisterà nel futuro".
A separare la sparizione in rete e quella nella realtà, in atti, potrebbero esserci pochi anni, vista la rapidità con cui le tecnologie digitali sono entrate nella nostra vita. La tecnologia delle lingue è già parte integrante dei gesti quotidiani e se in alcuni casi, come le voci registrate dei servizi clienti al telefono, ci indispettisce, in molti altri ha un potenziale enorme per rendere più semplici operazioni quali orientarsi in città grazie al navigatore satellitare.
La sparizione digitale di lingue parlate da milioni di persone rischia non solo di mettere a rischio la collaborazione tra diversi stati europei, ma soprattutto di lasciare il campo a un'uniformità linguistica che esclude dalla comunicazione digitale la varietà culturale del nostro continente.
L'allarme, nella giornata europea delle lingue lo scorso 26 settembre, è stato lanciato da uno studio di MetaNet, un gruppo di 200 tra linguisti e ricercatori di 34 Paesi, finanziato dall'Ue e capace di mettere in luce come in alcune nazioni, tra cui la nostra, le tecnologie della lingua sono insufficienti a salvare un intero patrimonio culturale dall'oblio. Il bulgaro, il greco, l'ungherese e il polacco, insieme a quelle già citate, sono le lingue che rischiano di sparire dall'universo tecnologico nell'immediato, ma anche l'italiano non se la passa bene.
Nicoletta Calzolari, direttrice di ricerca all'Istituto di Ricerca Computazionale del Cnr, ha collaborato per la parte italiana allo studio di MetaNet e spiega: "Perché un computer possa riconoscere una lingua, cosa fondamentale, ad esempio, per usare i comandi vocali su un telefono, oppure ottenere una traduzione accettabile da un motore di ricerca, sono necessari investimenti nelle tecnologie della lingua. Al momento in Europa e soprattutto in Italia la maggior parte dei Paesi sta investendo poco o niente in questi studi, con risultati che saranno presto disastrosi per l'italiano, il maltese, il catalano e la maggior parte delle lingue eccetto l'inglese".
"In un futuro prossimo - prevede Calzolari - milioni di persone non potranno esprimersi allo stesso modo nella comunicazione quotidiana e in quella digitale, soprattutto in settori come quello economico, commerciale e dell'istruzione. A fronte, insomma, di una società sempre più digitale, non sarà possibile usare la propria lingua per tutta una serie di operazioni che vanno dall'uso delle email al telefono".
Nel rapporto si denuncia che poco si sta facendo per sostenere la tecnologia di lingue molto diffuse come il tedesco, l'italiano e lo spagnolo, mentre basco e catalano insieme ad altre sono lingue già quasi condannate. "I risultati del nostro studio - è il commento del coordinatore del gruppo MetaNet, Hans Uszkoreit - sono allarmanti. La maggior parte delle lingue europee non è studiata in modo adeguato o è addirittura ignorata dall'universo digitale e per questo non resisterà nel futuro".
A separare la sparizione in rete e quella nella realtà, in atti, potrebbero esserci pochi anni, vista la rapidità con cui le tecnologie digitali sono entrate nella nostra vita. La tecnologia delle lingue è già parte integrante dei gesti quotidiani e se in alcuni casi, come le voci registrate dei servizi clienti al telefono, ci indispettisce, in molti altri ha un potenziale enorme per rendere più semplici operazioni quali orientarsi in città grazie al navigatore satellitare.
La sparizione digitale di lingue parlate da milioni di persone rischia non solo di mettere a rischio la collaborazione tra diversi stati europei, ma soprattutto di lasciare il campo a un'uniformità linguistica che esclude dalla comunicazione digitale la varietà culturale del nostro continente.
CRISTINA NADOTTI
Repubblica.It
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