mercoledì 25 gennaio 2012

La bio-fattoria italiana arriva in Madagascar

Ogni contadino ha preparato la terra con una vanga a forma di lancia e ha seminato. Principalmente hanno seminato riso ma anche fagioli, mais e qualche verdura, rape, crescione. Oltre l'85% del giovane popolo malgascio vive o meglio cerca di sopravvivere coltivando la terra.
Al centro del Madagascar a millecinquecento metri di altitudine, nella località di Antsaha tra i villaggi rurali d'argilla e paglia, poco lontano dalla cittadina di Antsirabe é la stagione della semina. Ogni contadino ha preparato la terra con una vanga a forma di lancia e ha seminato. Principalmente hanno seminato riso ma anche fagioli, mais e qualche verdura, rape, crescione. Oltre l'85% del giovane popolo malgascio vive o meglio cerca di sopravvivere coltivando la terra.
La maggioranza della popolazione non riesce però a trarre il necessario per vivere dal lavoro dei campi; anzi non riesce nemmeno a ripagare l'acquisto delle sementi con quanto ricavato dal raccolto.
Le cause di questa povertà estrema nell'Ilê Rouge sono molteplici, ma il Madagascar è sostanzialmente un paese pieno di risorse d'ogni genere.

Al 152° posto della graduatoria mondiale il Madagascar ha un reddito pro capite inferiore a un dollaro al giorno; attualmente sospeso da tutti gli organismi internazionali per via di uno pseudo golpe servito a cacciare un presidente imprenditore. Marc Ravalomanana, come i suoi predecessori, ha fatto i suoi affari a spese del popolo, giungendo ad ordinare per se un air force one da 60 milioni di euro. L'isola in realtà, fa gola a tutti. Sud Africa, Francia, Australia, Cina, Usa, Italia, tutti hanno interesse che il popolo malgascio resti un popolo senza alcun diritto di autodeterminazione, povero e inconsapevole.

In questa terra, da oltre 15 anni, partendo dall'adozione a distanza finalizzata all'istruzione, MAIS Onlus di Roma, associazione laica, cerca di sostenere l'auto-sviluppo. Proprio in questi giorni di semina, infatti, il Progetto “Bio Fattoria” è ad una svolta importante. Il progetto si apre ai contadini dei villaggi rurali con una proposta di partecipazione concreta alla gestione della terra. Già la terra. La terra per i malgasci non appartiene a chi ci abita ma è patrimonio degli antenati, cioè sacra, (è stato il tentativo di vendere 1.800.000 ettari alla Daewoo infatti, a scatenare la rivolta nel 2009). La terra del Madagascar è sottoposta a una continua predazione, la gran parte dei poveri e poverissimi attinge alle risorse naturali per tentare di andare avanti; gran parte dei ricchi e dei ricchissimi rapina ogni sorta di risorsa svendendola senza lasciare alcun beneficio alla società o al delicato e inestimabile patrimonio naturale. Il Progetto Bio Fattoria propone una nuova logica ai contadini: la proposta è di lavorare insieme per proteggere la terra e il lavoro di chi l'abita. É una proposta di collaborazione resa possibile da centinaia di famiglie di piccoli ma caparbi donatori italiani. La collaborazione, l'idea del cooperare per progredire non è nuova anzi è stata alla base dello sviluppo umano, eppure in molte parti del pianeta non è pratica quotidiana. Uno degli effetti del colonialismo è stato la distruzione di ogni spirito di collaborazione tra gli indigeni proprio per impedire ogni sovvertimento dello schiavismo e dell'usurpazione.

Il progetto quindi, consiste nel ricostruire sistemi di collaborazione libera finalizzati a migliorare la vita di ciascuno degli abitanti dei villaggi e a costruire una rete di controllo e di tutela del territorio. L'erosione qui è solo una delle tante emergenze. É d'abitudine che ognuno si rivolga all'ambiente per risolvere i problemi quotidiani; ogni giorno bisogna cercare qualcosa da mangiare per se stessi e per qualche animale da cortile, anatre, galline, gli zebù devono essere portati al pascolo, poi bisogna accendere il fuoco per cuocere in riso, ogni giorno qualcuno prende gli alberi rimasti e ne fa carbone da vendere. Persino per le case, fatte d'argilla, s'accende il fuoco nelle pile cave di mattoni, per cuocerli ai bordi delle strade.

L'idea della Fattoria, nata dal dialogo tra italiani e malgasci, parte dall'offerta concreta di lavoro nei terreni acquistati dall'associazione “Tsinjo Lavitra–MAIS Madagascar”. Non sarebbe possibile per nessuna delle famiglie che abitano i villaggi dedicare tempo alla cooperazione senza percepire un minimo di danaro, quel tempo deve necessariamente usato per soddisfare i bisogni primari. Abbiamo proposto un accordo: ogni contadino se lavora alla fattoria ha una paga di 0,85 di euro (paga media di chi lavora) a patto che accetti di mettere qualche centesimo al giorno in un fondo comune, che s'impegni a non rubare dalla fattoria e cerchi di proteggere la fattoria bene comune. A 10 giorni dall'inizio di questa esperienza di nuova cooperazione tante famiglie sono venute dai villaggi a lavorare. Per i 2400 ariary di certo, ma anche per costruire qualcosa insieme. Sanno già quel che vogliono fare col fondo: una strada come si deve e l'allaccio dell'energia elettrica. In oltre 150, tra adolescenti e anziani stanno lavorando con noi e a tutti è stato dato un piccolo contratto con diritti e doveri. La gente qui non pensa proprio di avere dei diritti e quando alla sera prende i soldi nelle mani, piega la testa e ringrazia, quasi il regalo fosse troppo grande. Il lavoro è un regalo anche in altre aree del pianeta ma quaggiù nessuno ha nemmeno mai vissuto una stagione di diritti. I presidenti francesi cadono se tentano di ridurre i diritti ai loro citoyens, ma si guardano bene di affermare diritti in Africa. Obama sventola la bandiera dell'uguaglianza ma è alla ricerca spasmodica di materie prime per soddisfare i giganteschi bisogni americani. Il nuovo bau bau del debito viene agitato ad arte per tenere sotto pressione miliardi di richiedenti diritti, mentre sono proprio i debiti occidentali a soffocare il Sud del mondo nella miseria.

Il piccolo progetto Bio Fattoria, invece, ha un cuore grande e si prefigge di raggiungere in 5 anni alcuni obiettivi importanti: Gestire bene l'acqua, seminare proprie sementi, auto produrre energia. Siamo certi che il tempo sia maturo per impostare un sistema locale che serva da esempio e possa facilmente essere riprodotto dai contadini senza alcun sostegno ufficiale. Oggi come ieri dobbiamo testimoniare che l'autodeterminazione dei popoli passa per la presa di coscienza di tanti cittadini europei che credono nella giustizia, piuttosto che dalle scelte degli organismi internazionali. Ancora una volta è dalla cooperazione sincera tra i cittadini del nord e del sud del mondo che ci arriva un messaggio sincero di speranza.
Roberto Rinaldini apre un nu                Marcello Anastasio




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