Lo studio
"Analysis of Patterns of Bushmeat Consumption Reveals Extensive
Exploitation of Protected Species in Eastern Madagascar" di ricercatori
delle università britanniche di Bango e Kent e di Madagasikara Voakajy del
Madagascar, pubblicato su Plos One, spiega che «La comprensione dei
modelli di consumo di carne di selvaggina proveniente da foreste tropicali è importante
per la progettazione di approcci per affrontare questa grave minaccia per la
biodiversità e ridurre le potenziali vie di trasmissione di malattie
emergenti». Fino ad ora il consumo di carne selvatica era stato poco
studiato in Madagascar, uno dei maggiori hotspot della biodiversità e i
ricercatori spiegano che studiare il consumo di carne selvatica è difficile,
dato che molte specie sono protette ed è difficile trovare testimoni.
Per questo il
progetto della Ong malgascia e delle due università britanniche, sostenuto dal
governo e dal dipartimento delle acque e foreste del Madagascar, da
Conservation International, dall'Institute Pasteur e dall'università di
Antananarivo, ha intervistato 1.154 famiglie in 12 città e villaggi dei
distretti di Moramanga e Anosibe An'ala, nella regione di Alaotra-Mangoro del
Madagascar orientale ed effettuato un monitoraggio sul territorio. «Abbiamo
studiato l'importanza di variabili socio-economiche, gusti e preferenze, tabù
tradizionali sul consumo di 50 specie selvatiche e domestiche - si legge su
Plos One - La maggior parte dei pasti non contengono proteine animali. Tuttavia, gli intervistati
consumano una vasta gamma di specie selvatiche e il 95% degli intervistati ha
mangiato almeno una specie protette (e quasi il 45% ne ha mangiato più di
10)». I diversi livelli di vita e ricchezza rurale e urbano sono dati
importanti per definire la quantità di consumo carne selvatica: «Ma l'entità e
la direzione dell'effetto varia tra le specie». Dallo studio emerge che
«La carne delle specie selvatiche non è la preferita ed è considerata inferiore
ai pesci ed agli animali domestici. I tabù hanno fornito protezione per
alcune specie, in particolare per il minacciato Indri, ma presentiamo le prove
che questo tabù si sta rapidamente erodendo».
Secondo lo
studio è essenziale applicare le norme esistenti sulla fauna selvatica e sulle
armi da fuoco, «In particolare nelle zone in fase di rapido cambiamento
sociale. La questione della caccia come una grave minaccia alla
biodiversità in Madagascar può essere pienamente riconosciuta solo ora. È'
necessario intervenire immediatamente per garantire che le specie pesantemente
cacciate siano adeguatamente protette».
L'area
indagata è un mosaico di terreni agricoli, pascoli, foreste umide naturali e
piantagioni di alberi esotici. L'accesso alla foresta naturale, e la
caccia e la raccolta di prodotti forestali dovrebbero essere strettamente
controllate in tre aree protette e intorno ad una miniera di nichel.
Altre significative aree di foresta della regione di Alaotra-Mangoroe sono
state designate nuove aree protette gestite dalle comunità, dove l'accesso alle
risorse viene regolamentato a livello locale. Economie soprattutto agricole
dove i redditi sono bassissimi: nel 2005 la spesa annua delle famiglie
era di 169 dollari nelle zone rurali e di 185 nelle aree urbane.
Dei 3.425
pasti campionati dalla ricerca, il 74,5% non conteneva proteine animali, l'11,8% conteneva proteine provenienti da animali domestici e il
13,7% proteine provenienti da animali catturati allo stato selvatico. Dei 469 pasti
contenenti carne di selvaggina «La maggior parte erano pesci e invertebrati
acquatici, con solo il 9,6% da animali selvatici terrestri (1,3% di tutti i
pasti). La percentuale di pasti segnalati per contenere carne di specie
protette dalla legge (cioè quelli classificati come rigorosamente protette o
protette) era molto piccola (18 pasti, o lo 0,5%)». Le famiglie urbane
consumano il doppio di pasti a base di carne (52,8%) rispetto alle famiglie rurali
(25,8%) ed i migranti interni consumano il 49% di pasti a base di carni, Anche
le famiglie che vivono in abitazioni con 3 o più stanze consumano in media il
60% di pasti a base di carne di quelle che vivono in un singolo locale (41,4%
in città e 25,8% in campagna). L'effetto di ciascuna delle tre variabili è
maggiore per la carne di allevamento che per quella selvatica ma, nonostante la
bassa percentuale di pasti contenenti carni di animali catturati in natura, e
la piccola percentuale di pasti con carne di specie protette, il 95% ammette di
averne mangiato almeno una e il 44,5% ha mangiato 10 o più specie protette o
rigorosamente protette, il 96% ha mangiato selvaggina.
Il consumo di
animali protetti varia considerevolmente secondo le specie: la maggioranza
delle persone ha mangiato l'endemico tenrec striato di pianura (Hemicentes
semispinosus) , mentre in pochi si sono cibati del cuculo
curol del Madagascar (Leptosomus discolor). Sono comunque i poveri delle
aree rurali a cibarsi di più di 10 specie protette, compresi lemuri molto rari,
che sono state mangiate da oltre la metà delle famiglie rurali più
povere, mentre oltre la metà delle famiglie cittadine più ricche si ciba di 2
specie protette. Per esempio il sifaka diadema (Propithecus diadema) minacciato
di estinzione è stato mangiato dal 58% delle famiglie rurali e solo dal
2% di quelle urbane, mentre è due volte più probabile che una famiglia
urbana abbia consumato due volte più probabilità di avere consumato carne di
volpe volante del Madagascar (Pteropus rufus). Le specie endemiche del
Madagascar che sembrano più minacciate dal bracconaggio e dal mercato della
carne selvatica sembrano i lemuri, soprattutto 9 specie, tra le quali i vari
bianconero (Varecia varecia), il raro indri (Indri indri) e il sifaca diadema.
Ma risultano ampiamente consumate anche altre specie come il lemure del
bambù (Prolemur simus), il tenrec comune (Tenrec
ecaudatus), la faraona di numidia (Numida meleagris) e l'anatra
becco rosso (Anas erythrorhyncha).
Tra le specie
protette quella preferita è il lemure marrone (Eulemur fulvus) e i
ricercatori fanno notare che «Questa specie è raramente elencata dagli
intervistati come un tabù, il che può riflettere la sua fisionomia e postura
meno "umana" rispetto agli altri grandi lemuri diurni». Infatti
nel sondaggio emerge «Una chiara relazione tra gusto, preferenza e tabù,
dato che le specie indicate comunemente come tabù ottengono una classifica
molto bassa in termini di preferenza di gusto. E' ben noto che i tabù
possono essere interiorizzati, influenzando la percezione di una
persona. Per esempio, gli ebrei laici sono spesso incapaci di godere di
cibi considerati proibiti da parte degli ebrei religiosi. La preferenza,
naturalmente, è solo un driver di consumo tra i tanti. Per esempio il
pappagallo Vasa che si ciba di semi è preferito da meno dell'1% delle persone,
ma è consumato comunemente. Questo probabilmente perché viene ucciso in
quanto nocivo delle colture e poi mangiato, piuttosto che essere ricercato come
cibo».
Il ruolo dei
tradizionali tabù malgasci nel controllo della caccia era già stato analizzato
in precedenza e sembrano aver contribuito a non far lievitare la domanda di
carne di grandi lemuri diurni, carnivori e tenrec, ma lo studio mette in
discussione la permanenza di questi tabù, dato il numero di grandi lemuri
diurni che vengono uccisi: «Mentre l'elevato numero di sifaka diadema
registrato come carne selvatica dai monitoraggi locali è almeno in parte
coerenti con i risultati delle nostre interviste - spiegano i ricercatori - il
grande numero di Indri osservati sono in contrasto con la bassa percentuale
della popolazione che ammette di averli mangiati e con l'elevata percentuale
che sostiene che la specie è tabù». Questo sarebbe dovuto al fatto che
l'area è in fase di rapido cambiamento sociale, con una forte immigrazione
attirata dall'industria mineraria e al turismo, che sta diminuendo il potere
dei tabù tradizionali per il controllo di caccia. Nell'area interessata dallo
studio dal 2007 le miniere d'oro artigianali sono aumentate
esponenzialmente e sono i giovani, che hanno più denaro e tempo libero a
disposizione, per il rapido passaggio da un'agricoltura di sussistenza a
cercatori d'oro, a passare più tempo nei bar locali e mangiare spuntini a base
di carne fritta di lemuri che alimenta questo nuovo mercato. Inoltre è
probabile che i giovani si accorgano che il consumo di carne di indri non
provoca sugli immigrati nessuna delle conseguenze minacciate dal tabù e quindi
siano più inclini a cibarsene anche loro.
«Suggeriamo
che la potenza del tabù sia in declino - si legge nella ricerca - sotto la
duplice pressione della crescente ricchezza e della mobilità umana. Questo non
è senza precedenti. La caccia di Indri è stata segnalats dal nord del
Madagascar e attribuita ad un afflusso di immigrati».
In Madagascar
esistono severi leggi e pesanti multe e pene per proteggere lemuri ed altra
fauna endemica, ma vengono raramente fatte rispettare, quindi l'alto numero di
sifaka ed indri uccisi riscontrato in alcuni dei villaggi a causa del recente
bracconaggio potrebbe portare presto localmente all'estinzione degli indri,
che erano tradizionalmente tabù in questa parte del Madagascar, con una
pressione venatoria presumibilmente più bassa in passato rispetto ad altri
lemuri non un tabù.
Lo studio
conclude che «Vi è un crescente corpo di prove che dimostrano che gli animali
selvatici in Madagascar sono soggetti a pressioni alte dalla caccia a
livello locale e che, mentre la carne selvatica fornisce proteine preziose, la caccia illegale di specie
protette sta diventando un importante problema per la conservazione. Le
recenti notizie provenienti dal Madagascar, collegate al consumo di carni
di lemuri, tartarughe e cacciagione, con arresti di persone coinvolte nel
commercio di carne selvatica, hanno portato ad un'attenzione senza precedenti
su questo problema. Dal momento che gli esseri umani arrivarono in
Madagascar, molte dei più grandi vertebrati terrestri dell'isola si sono
estinti, una perdita che è colpa, almeno in parte, della caccia. Se si
vogliono evitare ulteriori estinzioni, è necessaria un'azione urgente per
ridurre la caccia di specie protette. Il progresso nella creazione di
nuove aree protette in Madagascar, che aggiunge grandi aree di foresta e zone
umide al sistema nazionale delle riserve, deve essere accompagnata da una
iniziativa urgente per contrastare la caccia»
Fonte:Greenreport
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