Di Roberto Duria
La storia di un
matrimonio malgascio.
Non è stato
difficile, perché le ragazze malgasce
hanno preso l’abitudine di adocchiare e conquistare i turisti di razza bianca
in visita nella loro splendida isola
Un mio amico mi ha raccontato una storia allucinante.
La storia del suo matrimonio malgascio. Volendo inconsciamente prendere due
piccioni con una fava, è andato in Madagascar una prima volta per studiare le
usanze sciamaniche dei guaritori locali, le erbe, i rituali e i veleni che
usano per uccidere i nemici e si è ritrovato a frequentare una ragazza del
posto.
Non è stato difficile, anzi vi si è trovato quasi
costretto perché le ragazze malgasce hanno preso l’abitudine di adocchiare e
conquistare i turisti di razza bianca in visita nella loro splendida isola.
Esistono anche da loro le lotterie, ma sposare un francese, meglio se anziano e
in procinto di passare a miglior vita, è come vincere un terno al lotto.
Purtroppo per molte di loro, il diavolo fa le pentole
ma non i coperchi e Kant l’aveva vista giusta quando disse che è necessario
trattare il prossimo come un fine e non come un mezzo. Purtroppo per le ragazze
malgasce, nessuna di loro ha mai sentito parlare né di Kant, né del principio
universale in base al quale è necessario non reificare le persone con cui
abbiamo a che fare.
Indi per cui, facendo un po’ le smorfiosette con il
turista singolo, riescono a volte ad entrare nelle sue grazie. Se poi si pensa
che gli uomini in genere, quando vedono un po’ di produzione
epidermico-pilifera cresciuta nei posti giusti, danno fuori di testa come
scimpanzè bonobo, si capisce che non risulta difficile mettere un metaforico guinzaglio
al malcapitato viaggiatore solitario.
Le donne malgasce, infatti, sono persone pragmatiche e
mirano al sodo, che nella fattispecie è il gruzzolo dell’esploratore.
Per ottenere il quale possono farsi sposare e poi
rivolgersi ai loro stregoni per avere una pozione velenosa da somministrare
all’ignaro maritino. Le autopsie, quando fatte, dichiareranno immancabilmente:
“morto per cause naturali”. Oppure, alla maniera della CIA, per “infarto del
miocardio”. Questo genere di donne, una volta le chiamavamo mantidi.
Oppure possono tessere una lenta trama d’inganni che
avviluppi tenacemente il marito in modo da spennarlo alla bisogna. Tale secondo
metodo, presenta però il rischio che l’uomo subodori la truffa, magari dopo
aver ricacciato indietro, per molto tempo, lo sgradevole pensiero d’essere
strumentalizzato e decida di svincolarsi dalle pastoie come fanno a volte le
mosche dalla ragnatela del ragno.
Al mio amico è andata proprio così e l’errore suo più
grave è stato quello di aver creduto che la donna che aveva sposato potesse
mettere la testa a posto, abbandonare gli atteggiamenti rapaci, riconoscere il
privilegio d’essere venuta a vivere in Italia e dimostrare quel minimo di
riconoscenza che pian piano, col tempo, si potesse trasformare in amore.
Poiché un matrimonio può reggere anche se i due
coniugi non sono innamorati, ma basano la propria relazione sul rispetto e la
fiducia, il mio amico sperava che fatta venire la ragazza in Italia, le mattane
comuni e normali nel suo ambiente d’origine scemassero e lei acquistasse quel
contegno e quella serietà che sono richieste nella nostra vecchia Europa, con
regole precise circa i diritti e i doveri dei cittadini.
Diritti e doveri che si studiano nelle scuole
elementari, con il nome di educazione civica, e se è vero che tendono a
plagiare le giovani menti dei discenti, facendone dei bravi sudditi, è anche
vero che essi formano l’ossatura della nostra società stratificata, scontata e
prevedibile. Basta un minimo di disagio sociale e partono i suicidi, come sta
avvenendo in questi giorni a causa della crisi economica.
In Madagascar, dove la gente vive immersa in una
perenne crisi economica, nessuno pensa a suicidarsi, ma anzi tutti pensano
adivertirsi, a ballare, a reperire il cibo e ad accoppiarsi come natura vuole e
comanda. Al di là della retorica, i malgasci sono persone felici. Gli basta un
piatto di riso e di manioca e non hanno altre pretese, a parte quelle ragazze
che, incontrando uomini europei, finiscono per diventare viziate ed esigenti.
Il mio amico la conobbe nel 2006 e decise di sposarla
nel 2011, quindi non si può dire che fu una decisione avventata, né dovuta a
cicogne in viaggio. In quei cinque anni andò giù otto volte, di cui l’ultima
per sposarsi. E questo perché l’ambasciata di Francia aveva negato il visto
turistico alla sua fidanzata, che lui voleva sposare in Italia con calma. E
invece, dovette convolare a nozze laggiù e forse non fu del tutto una cattiva
idea, data l’esperienza esotica che ebbe il privilegio di vivere.
I parenti e gli amici della sposa vissero quel
connubio interrazziale come un pretesto per fare baldoria, uno dei tanti
pretesti per ballare, bere e divertirsi. E soprattutto mangiare a sbafo. Ché
tanto paga il pollo europeo.
A parte questo, che rientra, come una maledizione, nel
quadro generale di sfruttamento da parte degli indigeni nei confronti degli
europei, il mio amico mi disse che fu una bella festa, soprattutto quella fatta
nel villaggio natale della sposa. Un po’ meno il pranzo di nozze in città, in
un ristorante gestito da due italiani.
Il giorno prima, come usanza vuole, il mio amico si
presentò dai genitori della ragazza e portò in dono del denaro e alcune
bottiglie di rhum. Il denaro fu poi usato per comprare le bibite e
gli snacks per gli ospiti del ricevimento, praticamente
l’intero villaggio. Il mio amico fu l’ospite d’onore e tutti gli occhi erano
puntati su di lui, non solo quelli dei bambini che miravano alle patatine
fritte e al bicchiere di aranciata, ma anche quelli delle donne giovani e
mature che sembravano mirare a qualcos’altro, a giudicare dagli sguardi
concupiscenti che gli rivolgevano. Lui ebbe la netta sensazione che le
donne del villaggio, ebbre di birra e rhum, lo spogliassero con gli occhi, o
forse era solo invidia nei confronti della loro compaesana che era riuscita ad
accaparrarsi un vitalizio deambulante.
In questi casi, sapendo quanto pericolosa può
diventare l’invidia, la giovane promessa sposa avrebbe potuto correre il
rischio di beccarsi una fattura, con tanto di avvelenamenti, se non fosse che
grazie al suo carattere forte, avrebbero dovuto stare in guardia le sue
invidiose vicine, più di lei. Su come fare il malocchio tutte le ragazze
malgasce se ne intendono almeno un po’.
Nonostante in cinque anni di fidanzamento ci siano
stati almeno un paio di casi in cui la ragazza tornava a casa ubriaca e
picchiava il suo compagno, costui, intenerito dalle suppliche della futura
moglie, le perdonava regolarmente le intemperanze e, se alla fine decise di
portarsela in Italia, fu anche per vedere se nel nuovo ambiente avrebbe smesso
di abbandonarsi all’alcol e diventare violenta.
La speranza è l’ultima a morire e nessuno di noi può
sapere in anticipo quanto l’ambiente influisca sul carattere e quanto il
carattere sia modificabile dall’ambiente. I più smaliziati e vissuti fra noi
dicono che il carattere di una persona non si cambia e mentre lo dicono
assumono quella posa da vecchi gufi saggi che conoscono la vita e gli uomini.
Il mio amico invece volle sfidare le regole della psicologia comune e
immaginare che il demone nascosto nella sua ragazza non venisse alla luce nei
momenti di ebbrezza alcolica, come in Madagascar era già successo in un paio
d’occasioni.
Anche perché, bevendo alcolici a pasto, in sua
compagnia, lui pensava di poterla tenere sotto controllo, ma non andava a
pensare che, non potendola tenere sempre sotto sorveglianza, ci sarebbero stati
dei momenti in cui la donna sarebbe rimasta sola in casa e avrebbe dato fondo
alle bevande inebrianti.
Una volta stabilitasi nel miniappartamento ATER in
Italia, avvenne ciò che non avrebbe dovuto avvenire. La mogliettina svuotò il frigo
dalle birre che conteneva. Quando lui tornò a casa la trovò che ballava le sue
musichette malgasce, davanti al televisore acceso, e bastò poco, una scintilla
da niente, perché le sue mani si alzassero sullo sfortunato marito. Che dovette
fuggire precipitosamente in strada con il lettore DVD sotto il braccio. Quando
poi ritornò nell’appartamento con un’amica malgascia di sua moglie, a cui aveva
chiesto aiuto, trovò tavolo e sedie ribaltati e l’unico elettrodomestico
danneggiato fu il cellulare che la donna gli aveva scagliato contro, colpendo
però il muro retrostante.
Di modo che si era venuta a creare l’assurda
situazione che quando erano in Madagascar la donna lo picchiava perché lui non
voleva sposarla e, una volta sposati, la picchiava perché voleva tornarsene al
paesello.
Dopo quel primo incidente accaduto su suolo italico,
la donna volle tornare a casa dalla sua famiglia e questo è del tutto
comprensibile e legittimo, ma capitava dopo solo tre mesi di permanenza in
Italia. Un po’ troppo presto. Stette via una mese e poi volle tornare. Tornò e
dopo altri tre mesi ci fu un’altra crisi di matrice alcolica, nonostante tutte
le promesse di autocontrollarsi.
A quel punto, il mio amico, rendendosi forse conto di
aver fatto un enorme sbaglio a sposarla, decise di cambiare registro e
siccome non era più disposto a lasciare che lei sfasciasse la casa, tenuto
conto che erano le tre di notte e i coinquilini avevano giustamente diritto al
riposo, respinse la violenza della moglie con altrettanta violenza, ottenendo
il risultato di neutralizzare le sue mattane.
Fu un episodio alquanto brutto per il mio amico, che
scoprì di avere quelli che volgarmente vengono chiamati gli “attributi”, ma che
nella nostra società sono associati ai delinquenti, ai prepotenti, ai cosiddetti
“macho” e alla gente di malaffare in genere.
Abituato a modi garbati e gentili, alieno da ogni
forma di violenza, si stupì lui stesso di esser capace di prendere a sberle la
moglie infuriata tutte le volte che questa cercava di alzarsi dal letto. Siccome
chiamare i carabinieri o gli infermieri non gli pareva cosa appropriata,
l’unico modo affinché alla donna passasse l’intossicazione alcolica che la
rendeva violenta era quella di costringerla a dormire e lasciare che il sangue
si autodepurasse.
Purtroppo, se si impone a una donna ubriaca e violenta
di dormire, si ottiene l’effetto opposto e il mio amico dovette riempirla di
sberle fino a farsi venire le mani gonfie. Quando gli faceva male la mano
destra, doveva continuare con la sinistra. Il giorno dopo quella notte di
tregenda, la faccia della donna era irriconoscibile, tanto che gli occhi
faticavano ad aprirsi.
Posso testimoniare, conoscendo bene il mio amico, che
lui non è una persona aggressiva, ma che si è trovato nella necessità di
scegliere se subire o reagire, dominare o essere dominato e ha dovuto suo
malgrado imporsi con la forza per calmare un’esagitata in preda a delirio
alcolico.
Il giorno dopo, tanto per sputtanare il marito, la
ragazza si presentò dal medico, che le suggerì di denunciare l’accaduto, e
anche dall’assistente sociale. In entrambi gli uffici si mise a piangere, come
sanno fare le donne che – si dice – hanno le lacrime in tasca. Non ci fu
nessuna denuncia ma entrambi i coniugi andarono a prenotarsi per la separazione
consensuale e a comprare un biglietto aereo per lei.
Quando, dopo un mese furono davanti al giudice, questi
chiese alla donna se intendeva avanzare la richiesta di un assegno mensile di
mantenimento, ma siccome lei non conosceva la parola “assegno”, rispose che non
aveva bisogno di niente e questa fu l’unica botta di culo che il mio amico
riceveva dal Fato in sei anni di rapporto con quella donna. Il matrimonio era
stato celebrato il 4 febbraio, la separazione fu firmata il 22 novembre e il
volo di ritorno avvenne il 24, due giorni dopo.
Purtroppo, avendo voluto andare in Francia da una sua
zia, anziché in Madagascar, la ragazza venne a sapere che si era fatta sfuggire
la possibilità di farsi mantenere a vita dall’ex marito e andò in bestia. Gli
fece stalking a raffica, con telefonate e mail, e minacciò di
presentarsi a casa sua in Italia con i carabinieri per farlo arrestare, in
quanto non era riuscita, per la non conoscenza della parola “assegno”, a farsi
mantenere per legge. E questo mette una pietra tombale sulle reali intenzioni
della sposina, che pensava di aver sposato un pollo, ma si ritrovò a bocca
asciutta, sbattendo il grugno contro una realtà diversa. Una lezione morale per
lei e una anche per lui. Gli esseri umani sono infidi per natura ed è meglio
non crescersi una vipera in seno.
E' l'eccezione che conferma la regola e la regola è che la donna malgascia è
una brava madre e moglie, ma possono capitare, come capitano in tutto
il mondo e a tutte le latitudini, ragazze particolarmente viziate che non
hanno ben chiaro il senso della vita e che se trovano un Vazaha
particolarmente accondiscendente e troppo arrendevole, se ne approfittano
vergognosamente.
Ma questo rientra nell'atteggiamento di sfruttamento che i poveri del mondo
hanno nei confronti dei ricchi, o presunti tali.
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