Accendere e spegnere la luce, aprire la porta, formulare
parole e frasi, ma solo con il pensiero: da un progetto di un team di ricerca
guidato da Febo Cincotti, ricercatore della Fondazione Santa Lucia IRCCS di
Roma, finanziato da Fondazione AriSLA per la ricerca sulla SLA, con il
contributo di AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, è
nato il prototipo di interfaccia cervello-computer che permette di comunicare
attraverso gli impulsi del cervello ai pazienti “locked in”, cioè in uno stato
avanzato della disabilità in cui non si è in grado di muovere neppure gli
occhi.
Il prototipo, tutto italiano, si chiama Brindisys e, rispetto ad altri modelli precedenti, complessi da utilizzare, ingombranti e che richiedono costante supporto tecnico, è un dispositivo completamente non invasivo, di facile utilizzo, che permette anche ai pazienti in uno stato avanzato della malattia di mantenere una possibilità di comunicazione. Dotato di un elaboratore miniaturizzato simile a quelli usati all’interno dei riproduttori DVD, Brindisys riconosce l’intenzione dell’utente dall’esame del suo segnale elettroencefalografico, senza l’utilizzo di un computer potente.
COME FUNZIONA
Brindisys è composto da una cuffia, che viene indossata dal paziente, dotata di elettrodi che servono a rilevare i comandi solamente immaginati attraverso i potenziali elettrici prodotti dal cervello. Tali segnali vengono “letti” da un dispositivo poco più grande del palmo di una mano che li traduce in comandi e li trasmette a un semplice tablet da cui parte l’esecuzione dell’azione. Si va dalla riproduzione vocale di una frase pre-impostata, alla formulazione lettera per lettera di frasi nuove fino a comandare azioni vere e proprie quali accendere la televisione, cambiare canali, aprire la porta, spegnere la luce. La “traduzione del pensiero” avviene in circa 10 secondi.
“Il progetto è nato con l’obiettivo di realizzare un sistema di ausilio che includa un’interfaccia cervello-computer semplice, incorporata in un apparecchio indipendente senza bisogno di un personal computer – spiega Febo Cincotti -. Altri dispositivi analoghi sono stati ideati nel corso degli anni, ma nessuno è stato pensato per rispondere alle esigenze dei malati di SLA, che variano col progredire della malattia. Fin dall’inizio del progetto il nostro obiettivo è stato identificare i loro bisogni specifici, e coinvolgerli nella validazione del sistema per confermarci che stiamo procedendo nella direzione giusta. È importante sottolineare che si tratta di un progetto di ricerca sperimentale e bisognerà attendere prima che possa essere disponibile per un reale utilizzo”.
“Uno degli obiettivi istituzionali della Fondazione AriSLA è sostenere la ricerca volta a migliorare le condizioni di vita dei pazienti anche attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie – commenta Renato Pocaterra, segretario generale della Fondazione AriSLA – Il progetto Brindisys è stato finanziato proprio con questo intento, perché, dopo essere stato sottoposto a un processo di selezione di peer review, è stato valutato dal comitato scientifico internazionale tra le proposte più innovative e interessanti sul fronte degli ausili per la comunicazione dei pazienti di SLA. Oggi che il prototipo è stato realizzato – conclude Pocaterra – siamo soddisfatti di aver creduto in questo progetto e siamo in attesa di conoscere i risultati dei test sui pazienti per la sua messa a punto finale”.
LA SPERIMENTAZIONE CON I PAZIENTI
Primo step per arrivare al prototipo è stata l’indagine su un campione di pazienti, familiari ed esperti, che ha permesso di individuare le principali esigenze comunicative dei malati. Dopo la fase di studio e gli esperimenti per realizzare il prototipo, a distanza di poco più di un anno ha preso il via la fase clinica e un gruppo pazienti lo sta sperimentando.
In questa prima fase clinica, i pazienti, reclutati su base volontaria, ma ciascuno a un diverso livello di avanzamento della malattia, vengono condotti nella casa domotica della Fondazione IRCCS Santa Lucia di Roma: un appartamento appositamente progettato per le persone con disabilità dove tutto è automatizzato e con Brindisys è possibile, per esempio, regolare lo schienale della poltrona o l’inclinazione del letto, aprire la porta.
In una fase successiva il prototipo sarà affidato ai pazienti che potranno facilmente utilizzarlo a casa propria. Dalle loro risposte partirà poi una nuova versione del dispositivo.
LA RICERCA SUGLI AUSILI DI COMUNICAZIONE “AUMENTATIVA”
Da diversi anni la ricerca studia strumenti di Brain Computer Interface (BCI): una metodica di accesso a computer che si basa sulla registrazione e sull’interpretazione in tempo reale dei segnali elettroencefalografici. Fino a oggi gli esperimenti di BCI sono stati condotti in laboratorio senza essere testati nel quotidiano perché complessi da utilizzare, ingombranti o non dotati delle funzionalità necessarie all’utente. Brindisys è un prototipo che è “uscito” dal laboratorio e che i pazienti stanno provando per valutarne i benefici. Brindisys è nato per permettere ai pazienti SLA di comunicare anche nelle fasi più avanzate della malattia. La SLA infatti è una patologia invalidante che colpisce i motoneuroni, cellule che controllano il movimento: pur conservando intatte le capacità cognitive, le persone affette dalla malattia perdono progressivamente le abilità motorie, fino alla loro totale scomparsa. Le possibili applicazioni del prototipo non si limitano alla sola Sclerosi Laterale Amiotrofica ma il suo uso può rendere più agevoli i rapporti tra malato e mondo circostante per tutte le patologie che limitano in maniera altrettanto grave le funzioni motorie.
Gli ausili disponibili sul mercato per aiutare i pazienti a comunicare, infatti, sono numerosi, ma si tratta di strumenti che vengono controllati da mouse, joystick o che funzionano in modalità touch screen. Solo i più avanzati si basano sul movimento oculare. Nessuno di questi è però in grado di rispondere a tutti gli stadi di disabilità che il paziente attraversa con il progredire della malattia e tutti necessitano di una seppure minima capacità di movimento. Il prototipo Brindisys permette di comunicare con la “forza del pensiero”. Quando è ancora in grado di farlo il paziente può usare il dispositivo attraverso il touch screen del tablet per poi passare all’utilizzo del brain computer interface.
Il prototipo, tutto italiano, si chiama Brindisys e, rispetto ad altri modelli precedenti, complessi da utilizzare, ingombranti e che richiedono costante supporto tecnico, è un dispositivo completamente non invasivo, di facile utilizzo, che permette anche ai pazienti in uno stato avanzato della malattia di mantenere una possibilità di comunicazione. Dotato di un elaboratore miniaturizzato simile a quelli usati all’interno dei riproduttori DVD, Brindisys riconosce l’intenzione dell’utente dall’esame del suo segnale elettroencefalografico, senza l’utilizzo di un computer potente.
COME FUNZIONA
Brindisys è composto da una cuffia, che viene indossata dal paziente, dotata di elettrodi che servono a rilevare i comandi solamente immaginati attraverso i potenziali elettrici prodotti dal cervello. Tali segnali vengono “letti” da un dispositivo poco più grande del palmo di una mano che li traduce in comandi e li trasmette a un semplice tablet da cui parte l’esecuzione dell’azione. Si va dalla riproduzione vocale di una frase pre-impostata, alla formulazione lettera per lettera di frasi nuove fino a comandare azioni vere e proprie quali accendere la televisione, cambiare canali, aprire la porta, spegnere la luce. La “traduzione del pensiero” avviene in circa 10 secondi.
“Il progetto è nato con l’obiettivo di realizzare un sistema di ausilio che includa un’interfaccia cervello-computer semplice, incorporata in un apparecchio indipendente senza bisogno di un personal computer – spiega Febo Cincotti -. Altri dispositivi analoghi sono stati ideati nel corso degli anni, ma nessuno è stato pensato per rispondere alle esigenze dei malati di SLA, che variano col progredire della malattia. Fin dall’inizio del progetto il nostro obiettivo è stato identificare i loro bisogni specifici, e coinvolgerli nella validazione del sistema per confermarci che stiamo procedendo nella direzione giusta. È importante sottolineare che si tratta di un progetto di ricerca sperimentale e bisognerà attendere prima che possa essere disponibile per un reale utilizzo”.
“Uno degli obiettivi istituzionali della Fondazione AriSLA è sostenere la ricerca volta a migliorare le condizioni di vita dei pazienti anche attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie – commenta Renato Pocaterra, segretario generale della Fondazione AriSLA – Il progetto Brindisys è stato finanziato proprio con questo intento, perché, dopo essere stato sottoposto a un processo di selezione di peer review, è stato valutato dal comitato scientifico internazionale tra le proposte più innovative e interessanti sul fronte degli ausili per la comunicazione dei pazienti di SLA. Oggi che il prototipo è stato realizzato – conclude Pocaterra – siamo soddisfatti di aver creduto in questo progetto e siamo in attesa di conoscere i risultati dei test sui pazienti per la sua messa a punto finale”.
LA SPERIMENTAZIONE CON I PAZIENTI
Primo step per arrivare al prototipo è stata l’indagine su un campione di pazienti, familiari ed esperti, che ha permesso di individuare le principali esigenze comunicative dei malati. Dopo la fase di studio e gli esperimenti per realizzare il prototipo, a distanza di poco più di un anno ha preso il via la fase clinica e un gruppo pazienti lo sta sperimentando.
In questa prima fase clinica, i pazienti, reclutati su base volontaria, ma ciascuno a un diverso livello di avanzamento della malattia, vengono condotti nella casa domotica della Fondazione IRCCS Santa Lucia di Roma: un appartamento appositamente progettato per le persone con disabilità dove tutto è automatizzato e con Brindisys è possibile, per esempio, regolare lo schienale della poltrona o l’inclinazione del letto, aprire la porta.
In una fase successiva il prototipo sarà affidato ai pazienti che potranno facilmente utilizzarlo a casa propria. Dalle loro risposte partirà poi una nuova versione del dispositivo.
LA RICERCA SUGLI AUSILI DI COMUNICAZIONE “AUMENTATIVA”
Da diversi anni la ricerca studia strumenti di Brain Computer Interface (BCI): una metodica di accesso a computer che si basa sulla registrazione e sull’interpretazione in tempo reale dei segnali elettroencefalografici. Fino a oggi gli esperimenti di BCI sono stati condotti in laboratorio senza essere testati nel quotidiano perché complessi da utilizzare, ingombranti o non dotati delle funzionalità necessarie all’utente. Brindisys è un prototipo che è “uscito” dal laboratorio e che i pazienti stanno provando per valutarne i benefici. Brindisys è nato per permettere ai pazienti SLA di comunicare anche nelle fasi più avanzate della malattia. La SLA infatti è una patologia invalidante che colpisce i motoneuroni, cellule che controllano il movimento: pur conservando intatte le capacità cognitive, le persone affette dalla malattia perdono progressivamente le abilità motorie, fino alla loro totale scomparsa. Le possibili applicazioni del prototipo non si limitano alla sola Sclerosi Laterale Amiotrofica ma il suo uso può rendere più agevoli i rapporti tra malato e mondo circostante per tutte le patologie che limitano in maniera altrettanto grave le funzioni motorie.
Gli ausili disponibili sul mercato per aiutare i pazienti a comunicare, infatti, sono numerosi, ma si tratta di strumenti che vengono controllati da mouse, joystick o che funzionano in modalità touch screen. Solo i più avanzati si basano sul movimento oculare. Nessuno di questi è però in grado di rispondere a tutti gli stadi di disabilità che il paziente attraversa con il progredire della malattia e tutti necessitano di una seppure minima capacità di movimento. Il prototipo Brindisys permette di comunicare con la “forza del pensiero”. Quando è ancora in grado di farlo il paziente può usare il dispositivo attraverso il touch screen del tablet per poi passare all’utilizzo del brain computer interface.
Fonte: Le Scienze
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