lunedì 5 marzo 2012

L’eccesso di nickel frenerà le quotazioni


Le nuove miniere faranno affluire sul mercato quest’anno almeno 117mila tonnellate in più, secondo un sondaggio Bloomberg, mentre i consumi per l’acciaio inox stentano a decollare.


L’attuale produzione di nickel è a livelli mai visti prima, secondo un sondaggio effettuato dall’agenzia Bloomberg tra gli analisti che si interessano del settore, tanto che l’eccedenza di questo metallo, il cui uso prevalente è nell’acciaio inossidabile, rischia seriamente di appesantirsi ancora e di bloccare la fase di rincari vista in questo primo scorcio di 2012.

Secondo Barclays Capital, il surplus quest’anno sarà di 45mila tonnellate, grazie a una produzione mondiale di nickel raffinato che la Morgan Stanley vede in crescita del 12%, a 1,77 milioni di tonnellate. Il recupero dei prezzi sembra quindi destinato a durare poco, replicando forse il tracollo del 2011, quando il metallo ha perduto il 22%. Le nuove offerte che verranno da Australia, Madagascar e Brasile in effetti potrebbero trovare acquirenti molto distratti, considerando che l’inox è in una fase considerata depressa. Secondo gli esperti di Commerzbank, l’eccedenza rischia dominare il mercato del nickel anche l’anno prossimo e forse persino il 2014. 

Le scorte nei magazzini del London Metal Exchange sono in aumento, vicine a 100mila tonnellate, e presto potrebbero ricevere merce proveniente dai giacimenti brasiliani di Onca Puma, della Vale, e di Barro Alto, della Anglo American. Inoltre dovrebbe tornare a crescere la disponibilità messa sul mercato in Australia, dalla Glencore a Murrin Murrin e dalla First Quantum a Raventhorpe. Se si aggiungono i progetti Vale in Nuova Caledonia e Sherritt in Madagascar, si arriva a contare una nuova produzione quest’anno per almeno 117mila tonnellate, secondo i calcoli di Morgan Stanley. 

Un freno verrà da Bhp, terzo produttore mondiale, che ridurrà del 30% l’utilizzo della sua miniera australiana di Mount Keith, in considerazione anche dello sfavorevole rapporto di cambio: i ricavi sono in dollari Usa, mentre i costi subiscono la forza del dollaro australiano. Una variabile difficile da decrittare invece la Cina, principale consumatore di nickel e forte acquirente, ma soprattutto quando i prezzi sono ritenuti convenienti. Quanto alla russa Norilsk, numero uno mondiale del nickel, il sondaggio Bloomberg prevede un calo dei profitti quest’anno del 5,8 per cento, a meno di 4,5 miliardi dei dollari.
Fonte: FIRSTonline


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