Il Madagascar è conosciuto nel mondo
occidentale per i suoi aspetti prettamente “esotici”, le bellissime spiagge del
paese sono preda di innumerevoli turisti che alloggiano in meravigliosi
villaggi sul mare, rigorosamente isolati dalle città. Sul sito del ministero
degli esteri italiano, si sconsiglia vivamente di effettuare spostamenti dai
villaggi turistici alle città interne; a causa dell’instabilità politica
cronica, c’è il rischio per un povero viaggiatore occidentale d’imbattersi in
manifestazioni violente e se è sfortunato di beccarsi qualche pallottola,
sparata da un galantuomo delle forze dell’ordine. Il Madagascar è un paese dove
regna il caos, ad eccezione di poche aree turistiche che assumuno il ruolo di
“Fortezze” contro il disordine. La mia rubrica si occupa di questa grande isola
dell’Oceano Indiano perchè vorrei spiegare ai baldi occidentali che cosa accade
oltre la “Fortezza”. Raccomando ai miei fans di non far leggere questo articolo
ai bambini che, avendo visto la serie di cartoni animati: “Madagascar e Madagascar
2″, potrebbero rimanerci molto male; infatti non è solo il paese dei lemuri che
ballano con i pinguini, purtroppo le giraffe non sono così gaudienti, gli
ippopotami sono molto infelici ed i leoni, pensando alla situazione politica
della nazione, perdono l’entusiasmo nel socializzare con le zebre.
Gli elementi caratterizzanti del
Madagascar sono due: la rivoluzione e la delusione. Dal 1960 fino ai giorni
nostri ci sono state ben quattro sollevazioni popolari contro il regime
politico in carica; la dinamica è sempre la stessa: ogni volta c’è un
rovesciamento del governo in carica e si crede che il leader rivoluzionario sia
un messia capace di traghettare il paese verso lo sviluppo, poi però la
popolazione ha sempre provato un sentimento di forte delusione nei confronti
del “nuovo” regime o leader.
Il 13 maggio 1972, numerose
manifestazioni di piazza portano alle dimissioni il presidente in carica
Philibert Tsiranana, il “padre” dell’indipendenza del paese dalla Francia
ottenuta nel 1960. La principale colpa di Tsiranana è quella di privilegiare
gli interessi dell’ex madre-patria a scapito dell’economia nazionale, infatti
si considera la data del 13 maggio come la “vera indipendenza” del paese. Nel
1974 s’insedia al potere l’ammiraglio Didier Ratsiraka; il paese ha una svolta,
permeato da ideali marxisti, il “leader della rivoluzione” avvia una riforma
agraria e promette le nazionalizzazioni dei settori economici strategici per la
nazione. Purtroppo la riforma agraria non riesce a scalfire le proprietà terriere
delle “grandi famiglie” del paese, così l’ammiraglio cambia straregia ed adotta
il liberismo a malincuore. Nel frattempo la povertà aumenta e cresce la
delusione nei confronti del governo “rivoluzionario”, così nel 1991 il popolo
scende nuovamente in piazza, gli scontri con la polizia sono sanguinosi, si
contano più di cento morti, ma la rivolta ha esito positivo. Inizialmente
Ratsiraka abbandona il potere ma lo riacquista tre anni dopo, dando
miracolosamente uno slancio diverso al paese che riesce ad avere una crescita
economica. Nel 2001 si assiste alla “terza rivoluzione”, il sindaco della
capitale Antananarivo, Marc Ravalomanana, afferma di aver vinto le elezioni
presidenziali, il vecchio ammiraglio lo contesta, ne nasce un conflitto; ancora
una volta le manifestazioni di piazza sono numerose e fanno conquistare a
Ravalomanana il posto di presidente. Si spererebbe che stavolta il paese ha
trovato la tanto agognata stabilità, invece no; nel 2009 la popolazione prova
l’ennesimo sentimento di delusione, l’economia non è cresciuta e tre quarti dei
malgasci vivono sotto la soglia di povertà. Il giovane e rampante sindaco della
capitale Andry Rajoelina(classe 1976) sfrutta il malcontento del popolo e ne
nasce una “quarta rivoluzione”, stavolta contro il presidente Ravalomanana.
Antananarivo diventa teatro di ferocissimi scontri tra polizia e manifestanti,
si contano più di cinquanta morti, e, come le altre volte, la sommossa popolare
ha buon esito. Rajoelina diventa presidente di una fantomatica autorità di
transizione, di fatto capo indiscusso del paese, egli promette d’indire libere
elezioni quando la situazione dell’ordine pubblico nel paese si sarà
normalizzata.
Concludo: ad oggi, 2 novembre 2011,
il giovane presidente non ha ancora stabilito la data delle elezioni, gli
osservatori internazioanli sono concordi nel definire “colpo di stato” il suo
insediamento al potere. L’economia malgascia è stagnante perchè nessun governo
serio intacca i patrimoni delle “grandi famiglie” del paese, infatti una ristretta
minoranza della popolazione possiede più del 90% delle risorse. C’è speranza
per il Madagascar o solo delusione?
A. Albertini
Fonte: Paperblog
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