martedì 1 novembre 2011

Ottobre è il momento dell'ippopotamo e in Africa è più temuto del leone

Dove fugge, un uomo? Quello inseguito da un ippopotamo, in una foto nel Parco Nazionale delle Cascate Murchison, in Uganda? Scappa davanti a un animale apparentemente pacioso e tondeggiante come una dea della fecondità, un essere imprevedibile, invece: in Africa l'ippopotamo è considerato più pericoloso del leone, ha una forza sbalorditiva e un caratteraccio.

Pessima cosa, i pregiudizi, la superficialità. Pessima idea disturbare un ippopotamo durante il pranzo: un guardiano l'ha fatto, ecco il risultato. Un bestione di quasi tre tonnellate che carica a trenta chilometri all'ora. Non si vorrebbe sorridere davanti a un uomo che fugge. E' un'immagine inquietante, ci rappresenta: dove stiamo scappando, da cosa? Sempre di corsa, tutti? Sempre più superficiali, «surfisti». Un ippopotamo sembra un essere stabile, non lo è. Ha canini aguzzi, taglienti, che crescono di continuo; la mandibola può spalancarsi a 150 gradi, un'enormità, i giovani hanno un bizzarro modo di mostrare ossequio alla gerarchia: si girano e spruzzano sul muso gli escrementi, dimenando la coda. Sottile vendetta? Anche le parentele sono sorprendenti: l'ippopotamo ha antenati fra i cetacei, non fra i bovini. Viveva anche in Inghilterra e a Cipro. In Madagascar un violento cambiamento climatico quasi l'ha estinto, all'inizio dell'Era Cristiana.




Le cose cambiano, bisogna essere pronti. «Estote parati». Ottobre è un buon periodo per gli ippopotami in Uganda (piove), ma da novembre arriverà la stagione secca, l'acqua del lago Vittoria sarà vitale, insieme con ogni singola pozza. Noi siamo pronti al cambiamento? Su FB c'è il gruppo «Quelli che si preparano alla transizione», ripetono - con molti studiosi - che la crescita non può durare per sempre, che le risorse non sono infinite; il dogma dello «sviluppo» e del Pil va rivisto: non servono tanti economisti per capirlo, basta il buonsenso.

Times they are a-changin': si illude solo il tacchino-filosofo convinto che ogni giorno un bipede entrerà nel pollaio e gli darà da mangiare: anche il giorno del Ringraziamento, anche il 24 dicembre...C'è solo un piccolo ritardo...Aveva già capito tutto Giovanni Arpino, nei suoi «Racconti di vent'anni» (ora escono da Lindau): «Quando tutti avranno motori, e asfalti, e la casa, e il frigo, e la bignola alla domenica, allora ciascuno dovrà ritrovare il suo sentiero nel bosco, da solo»


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