Nei prossimi mesi andrebbe costruito un accordo con Spagna, Grecia e
Portogallo: Questi paesi sono la costa nord del Mediterraneo, il mare su cui
passa oltre il 30% dei traffici mondiali. Il peso di questi paesi è più o meno
lo stesso di Francia e Germania sia in termini di popolazione che in termini di
PIL.
Inoltre questi paesi posseggono ben oltre il 50% del patrimonio storico
culturale del pianeta. (Non è poca cosa; in questo ambito vi sono appetiti
enormi perchè questi beni costituiscono un valore fuori dalla competizione
internazionale: chi li possiede, possiede un monopolio oggettivo; esso
costituisce un ambito fondamentale delle mire della finanza internazionale).
La trattativa concerne il problema delle banche – francesi e tedesche –
e i PIL di questi paesi. Se crolla l’Italia (e il sud Europa) crollano le
banche francesi e tedesche e nel giro di due anni crolla il PIL di Francia e
Germania.
La domanda da porre, sarebbe allora: cari amici europei, cosa vogliamo
fare?
Se vi fosse una classe dirigente adeguata alla congiuntura storica,
nessuno si permetterebbe, dal nord-Europa di fare i sorrisini che abbiamo visto
emanare dalle bocche di Merkel e del guitto Sarkozy.
Questa classe dirigente non c’è nè a destra, nè a sinistra. È penoso
l’atteggiamento imbabbocciato e settario dell’opposizione. Altalenante
nell'osannare il duopolio franco-tedesco in funzione antiberlusconiana, o nel
concepire, finalmente che la questione è in buona parte diversa: e riguarda il
futuro del bel paese, a prescindere dall'omino di Arcore.
Il sussulto di dignità riguarda quindi i popoli del sud Europa. E il 15
ottobre ha costituito un inizio in termini di mobilitazione. È indispensabile
che si traduca rapidamente in proposta politica.
Il processo da seguire è analogo a quello dell’integrazione
latino-americana.
Qui da noi, il problema è che siamo ingabbiati dentro lo schema mentale
dell’Europa unita, ma se questo involucro significa dominio del nord sul sud
(cioè dis-unione), non c’è alcuna ragione per perpetuarlo.
Cioè, lo si può abbandonare.
Questo è un elemento della trattativa. Ed è allo stesso tempo una
prospettiva per il futuro che può essere perseguita, insieme, per esempio, ai
paesi della costa sud del Mediterraneo. Se ci fosse ancora un Gheddafi, questa
prospettiva sarebbe abbracciata immediatamente (C'è da riflettere seriamente
sul perchè sia stato eliminato; la guerra alla Libia, non era anche guerra al
sud-Europa e in particolare all'Italia?).
Non c’è più Gheddafi, ma la cosa resta possibile, perchè un accordo
strategico e duraturo tra costa nord e costa sud, offre delle opportunità di
costruzione di un blocco in grado di competere sullo scenario mondiale per i
prossimi 100 anni.
Un blocco di questo peso, inoltre, può trovare interlocutori nella altre
aree mondiali (sud America, Asia, ecc.). Sulla base di una prospettiva di
questo genere si può trattare con i paesi del nord. Decidano loro cosa
preferiscono.
Ovviamente, la proposta politica non può non riguardare un riequilibrio
interno ai singoli paesi: nessuno ha in mente di salvare le borghesia nazionali
del sud Europa - notoriamente arretrate e sguaiate rispetto alla francese e
alla tedesca -, che ci hanno portato a questo punto.
La trattativa contempla quindi anche la parallela, necessitata e
indispensabile ridistribuzione radicale delle ricchezze nei singoli paesi. E
questa parte della negoziazione non è affatto secondaria. Anzi, è del tutto
consustanziale a quella internazionale.
La borghesia italiana deve decidere se vuole recuperare una sua funzione
nazionale oppure se preferisce essere spazzata via.
Il salvagente andrebbe colto al volo.
Pur trattandosi di questioni geo-strategiche, stiamo tuttavia parlando
di un aspetto congiunturale. Vi è poi la questione vera: essa concerne il
modello di sviluppo, cioè il superamento del neoliberismo, sia in termini di
politiche generali, sia in termini di pratiche concrete dei processi di
produzione, distribuzione e consumo.
Essa si risolve solo concependo l’attività economica all’interno degli
evidenti limiti naturali che riguardano i sistemi ecologici e, in quanto parte
di essi, i sistemi individuali e collettivi di vita, cioè i sistemi biologici,
gli uomini e le società umane.
Vi è un parametro fondamentale a cui fare riferimento: il bilancio
energetico, questo sì, è indispensabile che da domani sia sempre in pareggio. (rodolfo ricci*\aise)
* Segretario generale Filef
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