martedì 8 novembre 2011

Un sussulto di dignità


Nei prossimi mesi andrebbe costruito un accordo con Spagna, Grecia e Portogallo: Questi paesi sono la costa nord del Mediterraneo, il mare su cui passa oltre il 30% dei traffici mondiali. Il peso di questi paesi è più o meno lo stesso di Francia e Germania sia in termini di popolazione che in termini di PIL.
Inoltre questi paesi posseggono ben oltre il 50% del patrimonio storico culturale del pianeta. (Non è poca cosa; in questo ambito vi sono appetiti enormi perchè questi beni costituiscono un valore fuori dalla competizione internazionale: chi li possiede, possiede un monopolio oggettivo; esso costituisce un ambito fondamentale delle mire della finanza internazionale).
La trattativa concerne il problema delle banche – francesi e tedesche – e i PIL di questi paesi. Se crolla l’Italia (e il sud Europa) crollano le banche francesi e tedesche e nel giro di due anni crolla il PIL di Francia e Germania.
La domanda da porre, sarebbe allora: cari amici europei, cosa vogliamo fare?
Se vi fosse una classe dirigente adeguata alla congiuntura storica, nessuno si permetterebbe, dal nord-Europa di fare i sorrisini che abbiamo visto emanare dalle bocche di Merkel e del guitto Sarkozy.
Questa classe dirigente non c’è nè a destra, nè a sinistra. È penoso l’atteggiamento imbabbocciato e settario dell’opposizione. Altalenante nell'osannare il duopolio franco-tedesco in funzione antiberlusconiana, o nel concepire, finalmente che la questione è in buona parte diversa: e riguarda il futuro del bel paese, a prescindere dall'omino di Arcore.
Il sussulto di dignità riguarda quindi i popoli del sud Europa. E il 15 ottobre ha costituito un inizio in termini di mobilitazione. È indispensabile che si traduca rapidamente in proposta politica.
Il processo da seguire è analogo a quello dell’integrazione latino-americana.
Qui da noi, il problema è che siamo ingabbiati dentro lo schema mentale dell’Europa unita, ma se questo involucro significa dominio del nord sul sud (cioè dis-unione), non c’è alcuna ragione per perpetuarlo.
Cioè, lo si può abbandonare.
Questo è un elemento della trattativa. Ed è allo stesso tempo una prospettiva per il futuro che può essere perseguita, insieme, per esempio, ai paesi della costa sud del Mediterraneo. Se ci fosse ancora un Gheddafi, questa prospettiva sarebbe abbracciata immediatamente (C'è da riflettere seriamente sul perchè sia stato eliminato; la guerra alla Libia, non era anche guerra al sud-Europa e in particolare all'Italia?).
Non c’è più Gheddafi, ma la cosa resta possibile, perchè un accordo strategico e duraturo tra costa nord e costa sud, offre delle opportunità di costruzione di un blocco in grado di competere sullo scenario mondiale per i prossimi 100 anni.
Un blocco di questo peso, inoltre, può trovare interlocutori nella altre aree mondiali (sud America, Asia, ecc.). Sulla base di una prospettiva di questo genere si può trattare con i paesi del nord. Decidano loro cosa preferiscono.
Ovviamente, la proposta politica non può non riguardare un riequilibrio interno ai singoli paesi: nessuno ha in mente di salvare le borghesia nazionali del sud Europa - notoriamente arretrate e sguaiate rispetto alla francese e alla tedesca -, che ci hanno portato a questo punto.
La trattativa contempla quindi anche la parallela, necessitata e indispensabile ridistribuzione radicale delle ricchezze nei singoli paesi. E questa parte della negoziazione non è affatto secondaria. Anzi, è del tutto consustanziale a quella internazionale.
La borghesia italiana deve decidere se vuole recuperare una sua funzione nazionale oppure se preferisce essere spazzata via.
Il salvagente andrebbe colto al volo.
Pur trattandosi di questioni geo-strategiche, stiamo tuttavia parlando di un aspetto congiunturale. Vi è poi la questione vera: essa concerne il modello di sviluppo, cioè il superamento del neoliberismo, sia in termini di politiche generali, sia in termini di pratiche concrete dei processi di produzione, distribuzione e consumo.
Essa si risolve solo concependo l’attività economica all’interno degli evidenti limiti naturali che riguardano i sistemi ecologici e, in quanto parte di essi, i sistemi individuali e collettivi di vita, cioè i sistemi biologici, gli uomini e le società umane.
Vi è un parametro fondamentale a cui fare riferimento: il bilancio energetico, questo sì, è indispensabile che da domani sia sempre in pareggio. (rodolfo ricci*\aise)
* Segretario generale Filef

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