martedì 1 novembre 2011

28 anni in Madagascar per aiutare i lebrosi e i bisognosi


Conosco Fra Marino da molti anni, perchè abbiamo avuto occasione più svolte di avere uno scambio di idee per corrispondenza, e ho sempre apprezzato il lavoro da lui svolto per i lebrosi e i bisognosi di aiuto, in una zona impervia e ostile molto lontana dalla capitale.
Gli ho chiesto di rispondere ad alcune domande sul suo soggiorno in Madagascar, dove è arrivato nel 1983. Le sue risposte.

Fra Marin, Imperio Brizi da Piansano (Viterbo) Frate Cappuccino.


-         Perché hai lasciato l’Italia
Per fare qualcosa in più, dove c’è più bisogno.


-         Come è iniziato
Nel ‘72 ho compiuto il periodo di formazione e per circa 10 anni sono stato a Montefiascone in qualità di aiuto parrocchia, aiuto seminario, preparandomi a partire. Nell’83 sono arrivato ad Ambanja nel nord del Madagascar, e vi sono  rimasto fino ad oggi.


-         E ad Ambanja
Ad  Ambanja  ho scelto di occuparmi dei lebbrosi e c’era già una bella struttura fondata  dai frati francesi nel 1953. Con padre Stefano arrivato nello stesso anno 1983, abbiamo sviluppato l’attività sanitaria, creando un complesso sanitario polivalente, aperto a tutti, senza dimenticare l’obiettivo principale: la lebbra.





-         Ti sei adattato subito
Mi sono adattato in pochissimo tempo, non ero un pioniere, perché altri confratelli mi avevano preceduto. I primi anni il problema più serio era la malaria.
Il “mora mora”, piano piano, mi dava un pò fastidio all’inizio, ma poi ho scoperto che è il ritmo giusto.


-         Come è il posto in cui vivi
 Non conosco tanto il resto del Madagascar, ma Ambanja è l’ultimo posto che sceglierei per vivere, caldo umido senza vento. Durante la lunga stagione delle piogge: fango, strade orribili, dove la gente aggiunge del suo per peggiorare la situazione, e poi zanzare malaria, chikunguniah ... Resto qui solo per via della devozione al mio lavoro.


-         Gli abitanti  
Si, gli abitanti Malagasy sono dell’etnia “Sakalava”. Una parentesi  di quattro mesi ad Antsohihy, mi ha fatto apprezzare di più i “Tsimihety”. I “Sakalava” li trovo un pò come >bambini viziati< da una natura bella e generosa.


-         Per la gente del posto
 Certamente, sono un “mompera”, e il mompera di per se, è già considerato una istituzione da tutti, cristiani e non. Non ti parlo dei bambini, da 28 anni sono un babbo Natale e anche di più, e per strada tutti giorni si sgolano per gridare: salut mompera! Comunque nell’insieme sto sulle mie, e i contatti con la gente sono solo per ragioni di lavoro.



-         È un posto tranquillo
Era un posto tranquillo fino al 2000. C’è un forte movimento d’immigrazione da tutta l’isola, per la ricerca della vita più facile. Non c’è tanta vaniglia, come nella costa est, ma c’è il cacao e altri prodotti tropicali, prodotti del mare e adesso le pietre preziose in 3 diverse località prossime alla città. Una volta 5 banditi armati di kalashnikov e pistole ci hanno attaccato al convento, legati come salami, imbavagliati e derubati.

-         La tua opera in questo Paese
 Come detto sono prima di tutto “mompera”, per 7 anni ho lavorato come aiuto nella grande Parrocchia di Ambanja, con le famose tournées nei villaggi della foresta. Adesso mi limito alla chiesetta del Villaggio dei lebbrosi. Per una decina d’anni ho lavorato come infermiere. E quindi come responsabile al Lebbrosario. Come è noto, la lebbra è in ribasso, solo 20/30 nuovi casi per anno. La tubercolosi invece è ancora un flagello, da 180 a 200 nuovi casi per anno.


-         Chi beneficia in particolare
Malati di lebbra e malati di tubercolosi e altri poveri occasionali. Due malattie ‘sociali’ particolari che adesso possono guarire molto bene, se prese in tempo, ma che richiedono ancora un approccio particolare. Lavoriamo con lo Stato nel Programma Nazionale di Lotta contro la Lebbra e la Tubercolosi. In questi ultimi anni, visto che l’istruzione è il punto debole dei nostri assistiti, ci siamo messi anche a dare un poco di dottrina scolastica. Al Villaggio abbiamo una scuola elementare con circa 200 scolari. Un’altro centinaio di scolari li sosteniamo in città.


-         Una giornata tipo
Non esiste, anche se poi grosso modo mi suona una campanella virtuale come nei vecchi conventi: oratorio, laboratorio, refettorio... La levata, come nei gorgheggi dei muezzin, alle 4 del mattino e anche prima. Aspettando per la preghiera del mattino, mi diverto a scrivere le mie impressioni di vita al computer e penso anche alla predichetta della domenica. Poi c’è la messa al Villaggio e quindi in ufficio al Dispensario. Penso praticamente a tutto, relazioni con i benefattori, con lo Stato, l’amministrazione, il personale (abbiamo 30 salariati), la farmacia, la manutenzione delle innumerevoli strutture: Villaggio, Sanatorium, Scuola a 4 Km da Ambanja,  il Dispensario in città. A mezzogiorno, il pranzo, la siesta sacrosanta e poi di nuovo, all’Ufficio, al Villaggio, in città per servizi vari. La sera  di nuovo la preghierina, la cena, un po di chiacchiere e al letto, 8, 30/9,00. 



-         La lingua malgascia
Non ho avuto la fortuna di fare corsi speciali o anche di soggiornare a Antananarivo per studiarla. Però mi ci sono messo da solo e me la cavo.  L’essenziale della lingua per il lavoro è andato abbastanza veloce. La lingua malagasy è bella, ma è completamente differente dalla nostra. E poi qui si tratta del dialetto “sakalava” che è alquanto diverso dal “merina” ufficiale. Unico metodo, ascoltare la gente e provare a parlare.

-         La vita è più cara che nella capitale
 Purtroppo la vita è più cara qui ad Ambanja, per diversi motivi, non ultimo la vicinanza di Nosy Be.

-         Vai spesso in Italia
 Una volta, ogni 3 anni, adesso ogni 2 anni.

-         Oggi faresti la stessa scelta  
Cioè il Madagascar? Come detto più su, non l’ho scelto, ma mi è andato benissimo.  Se però dovessi ricominciare, sceglierei un’altra parte del mondo possibilmente con caratteristiche simili, riferito agli abitanti: poveri, semplici, accoglienti, rispettosi, canterini, ballerini, festaioli, fatalisti quanto basta... e i brutti e cattivi? Chiudiamo un occhio.
  A.S. 










2 commenti:

  1. Caro Marino, che gioia rivederti in fotografie attorniato dai tuoi ragazzi e collaboratori ! non ricordavo che sei arrivato subito dopo di me ne giro di pochi mesi. che gioia ogni volta che ti incontravo o venivo a portarti qualche cliente da Bemaneviky o da Marovato o a chiederti qualche medicina per noi! Beato te che sei ancora lì... se mi leggi, un caro salutone biagio sdb

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