mercoledì 13 luglio 2011

Berruto, il ct antropologo "Alleno pure con De Chirico"

Si è innamorato di quell'Ernesto che giocava in porta e andava in moto, prima che diventasse Che Guevara. Ci ha scritto un libro. Nel 2004 ad Atene fu folgorato dallo stadio: "Un'opera d'arte. La bellezza è quella cosa che nessuno deve spiegarti". Parla greco moderno, oltre a un inglese perfetto. Legge al mattino e alla sera prima di andare a dormire. Anche ebook. Filosofo antropologo, tesi su un rito di circoncisione di massa in Madagascar. "Un percorso di costruzione dell'identità. Come si fa con le squadre". Mauro Berruto, l'allenatore letterato. Con gli occhialetti da intellettuale, fisico robusto da scrivania. Torinese, 42 anni, sposato con Margherita, due figli, è il commissario tecnico della nazionale di pallavolo maschile, il sostituto di Andrea Anastasi che ha lasciato gli azzurri per i polacchi dopo gli ultimi mondiali in Italia (4° posto). "Ha iniziato un cambiamento, io l'ho radicalizzato". Nominato il 17 dicembre 2010: "Il più grande dei miei sogni e il più grande onore per chiunque faccia il mio mestiere. Voglio costruire una squadra che sia un luogo al quale ciascuno desideri appartenere. Voglio costruire una squadra nella quale chi è italiano e chi si sente italiano possa riconoscersi. Voglio costruire una squadra unita che possa essere simbolo dello sport e della cultura del nostro straordinario paese". Voglio voglio voglio.

Fortissimamente, e già ha ottenuto parecchio. Ha messo su un gruppo in poco tempo, molti giovanissimi ("hanno fame"), alcuni dall'A2 (Giulio Sabbi, l'opposto della Geotec Isernia, 21 anni). Scelte prandelliane. Berruto ama il calcio, tifa Toro. "Un paragone che mi onora. Mi interessa il suo lavoro, specie sui valori e i simboli. Lo sport è una cosa seria, è linguaggio universale, è cultura. L'abbiamo dimenticato troppo spesso per fare solo performance e soldi". Il ct non ha buttato il passato, anzi, al centro ha rimesso alcuni "vecchi", il semi polacco Michal Lasko, il libero Andrea Bari. "Abbiamo molte diversità, per questo abbiamo trovato la giusta alchimia. Giovani e meno, molti stranieri. Le differenze ti aiutano a crescere, ti fanno ricco. L'identità è il contrario dell'omologazione. Dico sempre: sfidate quello che vi dà più fastidio. Apritevi. Uscite dalla vostra zona di comfort, è il luogo più pericoloso. Per un atleta, per un uomo". Per questo ha chiesto: disponibilità illimitata di tempo, fatica. Partono oggi per la Polonia, Danzica, dove andranno a giocarsi la fase finale della World League. Debutto mercoledì con l'Argentina, giovedì contro l'ex ct Anastasi, venerdì Bulgaria. Ci sono arrivati su una strada di 10 successi su 12 partite giocate. "Essere qui non era per niente scontato: poco tempo per lavorare, l'abbiamo usato tutto". Tre ore di allenamento la mattina, due e mezza al pomeriggio. Turni che manco si fanno in una settimana in campionato. "Il lavoro è una medicina, dalle catastrofi l'umanità si è risollevata operando". Stanchi mai. "Come quando sei innamorato: non dormi, non mangi, eppure sei pieno di energie e non la smetteresti mai. La forza è il coinvolgimento".

Per lui è iniziato presto l'amore per la pallavolo, è entrato nel Cus Torino quando era ancora all'università, assistente allenatore alla guida della Lecce Pen, Serie A2 ('94-96). Allenatore in seconda all'Olympiakos Pireo, poi varie esperienze tornando in Italia fino alla svolta come assistente del ct Giampaolo Montali: Europei 2003, argento alla World League l'anno dopo e ancora argento ai Giochi di Atene. "Se alleno lo devo a lui". Anche se ha del velaschiano. Da Atene spediva i capitoli della tesi di laurea a Torino, argomento "la circoncisione di massa di una piccola comunità del Madagascar, gli Antambahoaka, che lo fanno ogni sette anni: rito di iniziazione, dal niente a qualcosa. Come si fa con le squadre". Berruto sul posto per studiare ci è stato quasi due mesi grazie ai missionari. "Sono curioso, cerco curiosità nei miei ragazzi: questo lavoro ti dà opportunità di girare il mondo e guardarlo. Temo quelli che rimangono a fissare il soffitto in albergo. Noi siamo andati a vedere mostre (De Chirico), la Rainbow Warrior di Greenpeace in Corea, il barrìo in Venezuela. Esperienze allenanti".
Lui il mondo l'ha cercato. È andato lassù in Finlandia dal 2005 e per cinque anni, sulla panchina della nazionale: storico 4º posto assoluto agli Europei del 2007 e titolo di Coach of the year 2007. Poi ancora Grecia, per il Panathinaikos di Atene. Infine il ritorno a Macerata e questa panchina azzurra. "Sa cosa mi piace del volley? Che è l'unico sport dove il passaggio è obbligatorio, spazi stretti e tenere palla è fallo. Devi fidarti dell'altro. Una pratica sociale". È stare in mezzo e insieme. "Quello che mi ha fatto godere in questi mesi è stata la gente che è venuta a guardarci. Tanta. Ha percepito il nostro stile, la volontà di stare tutti mischiati, esposti al buon contagio". L'allenatore virus.
Fonte Repubblica / Rubriche / La storia /

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