mercoledì 13 luglio 2011

Mille chilometri per mille colori: è il Madagascar tutto da scoprire

Dodici colline sacre per le dodici mogli del re. Antananarivo conserva i segni di quella che fu la potente dinastia regia dei Merina, una delle 18 etnie che compongono il puzzle tribale del Madagscar. Il palazzo reale si staglia sulla collina più alta, da cui domina il Lac Anosy, il lago della città. Nel traffico della Basse Ville si procede adagio costeggiando risaie urbane e un’infinita distesa di banchetti che fanno sembrare la capitale un mercato senza fine (da non perdere quello artigianale di la Digue). Siamo a circa 1400 m di quota e imboccando la Route Nationale 7, che collega la capitale a Toliare sulla costa sud ovest, si comprende perché il Madagascar venga chiamato Île Rouge: il ferro colora di cremisi la terra e la terra colora i fiumi e i mattoni delle case sull’altopiano tra il blu intenso del cielo e il verde cristallino delle risaie che disegnano geometrie tra le colline.
Lungo il cammino ci si imbatte in carri trainati da zebù, l’animale più importante per la popolazione sempre protagonista nei banchetti di festa; affollati taxi brousse collettivi; colorati mercatini di oggetti in rafia e il villaggio di Ambatolampy, ai piedi del massiccio dell’Ankaratra, noto per la produzione artigianale di pentole in alluminio.
Antisirabe è percorsa da 5000 posse-pousse (risciò) colorati che si muovono lungo i viali di questa città termale dove i missionari norvegesi costruirono una stazione di cura. Si può soggiornare tra le atmosfere liberty del Sofitrans Hotel des Thermes (www.sofitrans-sa.com) o scegliere lo charme etnico della Maison d’Hôtes Couleur Cafè (www.couleurcafeantsirabe.com). Da non perdere il petit marché per l’arte di esporre la frutta e la verdura; la visita al cortile-laboratorio dei «Sei Fratelli» che con il corno di zebù creano eleganti manufatti; le pietre semi-preziose di Chez Joseph; i modellini di bici e taxi-brousse realizzati con materiale di recupero da Miniature Mamy e le tovaglie ricamate.
Ripresa la strada si fa tappa ad Ambositra, capitale dell’artigianato e si prosegue per Fianarantsoa, nota per la produzione vinicola e la vecchia città alta tutelata dalla Fondazione Heritsialonina fondata dal proprietario dell’accogliente Tsara Guest House (www.tsaraguest.com). Ad Ambalavao si può visitare la Fabrique de Papier Antaimoro, dove dalla corteccia dei cespugli di Avoha si ricava carta decorata con fiori e acquistare sciarpe di seta. Il Parco Nazionale d’Andringitra dà il benvenuto con immensi picchi di granito e 100 km di sentieri lungo i quali si possono avvistare i lemuri. Per dormire, l’Ecolodoge Camp Catta (www.campcatta.com) ai piedi di una parete di granito alta 800 m, è specializzato in arrampicata. Si prosegue alla volta del Parco nazionale dell’Isalo che si estende per 81.540 ettari sull’omonimo massiccio di arenaria: canyon, picchi, cascate e vallate molto suggestive popolate da lemuri e piante endemiche creano uno scenario molto particolare che si tinge di rosso al tramonto (da non perdere la Fenêtre de l’Isalo che si apre sulla roccia attraverso la quale filtra l’ultimo raggio, quando il sole, chiamato in malgascio «occhio del giorno», tramonta). Il parco è sacro perché disseminato di siti funerari della tribù dei Bara, allevatori di zebù
Un soggiorno esclusivo è offerto dall’Isalo Rock Lodge: una struttura nuovissima, unico 4 stelle a sud di Antananarivo, di gusto raffinato, realizzato con materiali naturali che si integra perfettamente nell’ambiente (www.isalorocklodge.com). Dopo aver attraversato Ilakaka, la città delle miniere di zaffiri, la piccola foresta tropicale di Zombitse, famosa soprattutto per il bird-watching e poi ampi spazi dove si stagliano le tombe quadrangolari dei Mahafaly, decorate con motivi colorati, si arriva al mare a Ifaty che comprende tre piccoli villaggi di pescatori.
Da vedere nel villaggio di Mangily l’école Lemuria Sekoly che oggi ospita 60 bambini, e il parco botanico Chez le ZA, foresta spinosa ricca di baobab, vere sculture naturali che in lingua malgascia si chiamano «le radici del cielo»
Fonte il Giornale.it

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