martedì 30 agosto 2011
Il “Famadihana” o seconda sepoltura
Dappertutto in Madagascar si rende omaggio agli antenati. Nel cuore degli altopiani si conserva dai tempi più antichi una cerimonia la cui origine va al di là della memoria umana: il Famadihana. Ogni anno, dall'inizio di giugno alla fine di settembre, di villaggio in villaggio, le tombe vengono aperte e i vivi fanno ballare i loro morti durante grandi feste.
Impropriamente chiamato "seconda sepoltura", il famadihana di un antenato è organizzato come minimo ogni cinque anni. La decisione che determina l'organizzazione di questa cerimonia è spesso collegata al soprannaturale; durante un sogno, per esempio, un parente defunto può dire a uno dei suoi discendenti che ha freddo.
Un famadihana costa caro (per tre giorni bisogna offrire banchetti a tutti i parenti, agli abitanti del villaggio, agli invitati - diverse centinaia di persone -, nonché invitare gruppi di musica di Mpihira Gasy e di vako-drazana).
Tutti i membri della famiglia versano, nelle loro possibilità, una parte del denaro necessario. Dopo l'esecuzione di un fomba (cerimonia durante la quale si chiede il parere degli antenati, dopo aver condiviso con loro del rum), gli astrologi legati alla famiglia fissano il giorno e l'ora dell'inizio e della fine delle feste di famadihana.
Il giorno convenuto si aprono le tombe e si avvolgono gli antenati in nuovi sudari. Gli uomini li tirano fuori dalle tombe e ben presto la calca di parenti e amici si impadronisce dei corpi e li trascina in una danza velocissima.
Alla fine della danza i corpi sono posati al suolo e circondati dai membri della famiglia. I parenti offrono a ogni avo un sudario nuovo e vi fanno poi scivolare una bottiglia di rum, una fotografia e dei soldi. Sono i regali dei vivi ai loro morti. Risate e lacrime, gioia e tristezza si mescolano.
Momento di raccoglimento: delle mani si posano ed esercitano leggere pressioni sui corpi fasciati con dei lambamena (drappi di seta) nuovi. Si toccano gli antenati per "far loro delle coccole" o chiedere un aiuto o un consiglio con una preghiera segreta. Improvvisamente ogni gruppo si rialza, decine di persone prendono i corpi dall'estremità delle braccia e poi li gettano in aria, scuotendoli in una farandola sfrenata.
I danzatori fanno molte volte il giro della tomba e poi gli avi ritornano per altri cinque anni nella loro solitaria dimora eterna. Durante la giornata si assiste a spettacoli di Hira Gasy. E ancora una volta si finisce con un banchetto e una festa dove i paesani ballano tutta la notte intorno alle orchestre di vako-drazana.
Fonte: easyviaggio
Ferragosto, mare e sagre? L'offerta del territorio
Sabato, domenica e lunedì è in programma a Veppo la tradizionale ‘Festa dell’Emigrante’
L’associazione umanitaria ‘Amici del Parco Italia-Madagascar’ organizza una festa della solidarietà nei giorni 13,14 e 15 agosto nel parco di Bottagna.
Oltre agli stabilimenti, al mare, alle Apuane che ochieggiano in lontananza, la provincia spezzina, in occasione di Ferragosto, riscopre tradizioni enogastronomiche e religiose. Partendo dalla carne, a Piana Battolla fervono i festeggiamenti per San Rocco, con la celebre sagra dell'asado. E' una delle più antiche della provincia, che ogni anno registra la presenza di migliaia di appassionati, pronti a gustarsi una cena a base di ‘carne in croce’. Organizzata dal comitato cittadino, la manifestazione giunge quest’anno alla quarantaduesima edizione. Era iniziata quasi in sordina grazie ad un gruppo di emigranti follesi decisi a far conoscere le tradizioni culinarie argentine una volta tornati nelle terre d’appartenenza. Fino a martedì 16, nella nuova location adiacente al parco comunale ed alla sala polivalente, una cinquantina di volontari saranno impegnati nella preparazione di quintali di ‘carne all’argentina’. Immancabile anche quest’anno lo spettacolo pirotecnico (previsto per la sera di Ferragosto, alle 22.30) mentre martedì sera alle 20.30 è prevista la processione con la statua di San Rocco, che partirà dalla frazione di Piè di Costa per arrivare alla chiesa parrocchiale.
Emigranti protagonisti anche a Veppo. Sabato, domenica e lunedì è in programma a Veppo la tradizionale ‘Festa dell’Emigrante’ che arriva quest’anno, ricca di idee e iniziative alla sua 32a edizione. Si inizia nel prefestivo con la cena e il ballo liscio a cura dell’orchestra Rebecchi. La domenica, dopo il pranzo, sempre a base di prodotti tipici locali con specialità ravioli («l’anno scorso – spiega Daniele Rebecchi dell’organizzazione – ne abbiamo realizzati addirittura più di 50.000»), tagliatelle e sgabei, un pomeriggio di attrazioni e giochi. La sera, cena e discoteca con il gruppo New Generation Sound che ospiterà come guest star il popolare deejay Riccardo Cioni. La mattinata di Ferragosto, ultimo giorno della festa di Veppo, è dedicata alla cerimonia religiosa e ad una manifestazione con omaggio al Monumento dell’Emigrante. Si mangia pranzo e cena con i prodotti tipici (nel pomeriggio diverse le attrazioni in programma) e poi, alla sera, si chiude alla grande con la nota orchestra locale Ikebana.
Dallo sport alla solennità religiosa, si prennunciano quattro giorni di appuntamenti a Vezzano, fino al ferragosto di giochi sotto il campanile. Si parte stasera, venerdì, con la partita, organizzata al campo sportivo della Guida, terreno ripulito completamente dalle sterpaglie grazie al tenace lavoro di un manipolo di volontari. Il ritrovo per la competizione sportiva sarà alle 19,30. Poi si proseguirà domani, sabato, con la cena sotto le stelle alle 20 organizzata dall’Asd Vezzano. Quindi solennità religiosa domenica e lunedì quando si festeggerà Nostra Signora del Soccorso a Vezzano Alto e Santa Maria Assunta a Vezzano Basso. Saranno celebrate le messe e alle 21 del 14 si terrà la tradizionale processione per le vie del paese. La partenza avverrà dal borgo superiore e arrivo a Vezzano basso con l’accompagnamento del corpo musicale Puccini. Ferragosto di giochi sotto il campanile di Vezzano Basso alle 21 per una manifestazione all’insegna del divertimento, soprattutto dei più piccini, organizzata dal Rione San Michele in collaborazione con la Pro Loco. Tiro alla fune, corsa nei sacchi, percorsi a ostacoli per adulti e bambini e dalle 18 del pomeriggio si potranno gustare gli sgabei.
E’ già entrata nel vivo la tradizionale manifestazione Cadimare sapori e colori del Golfo, giunta all’undicesima edizione, con la ricca proposta di iniziative culturali, spettacoli e gastronomie. A Cadimare fino al 22 agosto si cena tutte le sera con le acciughe preparate in svariati modi, sgabei farciti.., il tutto a bordo mare. Il programma di questi giorni: alle 17 laboratori in riva al mare ‘Giochiamo con la carta’; alle 18.30
Oggi nel borgo di Pitelli nel corso dell’ecofesta si svolge la rievocazione storica-medioevale con il corteo di dame, cavalieri, tamburini e sbandieratori che attraversano le vie fino a piazza degli orti dove si svolgerà lo spettacolo di acrobazie ginniche degli sbandieratori. La rievocazione è stata possibile grazie al gruppo ‘Il borgo e la valle’ di Levanto che da anni collabora in tutta la provincia per le manifestazioni di rievocazione storica. Saranno presenti i banchi gastronomici con i famosi ravioli, sgabei, muscoli e specialità locali.
Il Termoriomajor1965, società di cui è presidente Mario Vestito, organizza oggi, domani, il 14 e il 15 agosto la tradizionle “festa dello sport” a Volastra. Ci saranno banchi gastronomici tipici come ravioli, lasagne al pesto, linguine di mare, pesce spada, muscoli, sgabei e molto altro, tutto corredato di musica. Venerdì sera è in programma il karaoke, sabato e lunedì Brux dj, domenica Manu’ dj.
L’Usd santerenzina invece, organizza domani, domenica e lunedì la XIX edizione della sagra gastronomica ‘Insieme sotto le stelle’. Si potranno gustare piatti di mare e di terra nel palco di Falconara dotato di campeggio, al campo sportivo.
L’associazione umanitaria ‘Amici del Parco Italia-Madagascar’ organizza una festa della solidarietà nei giorni 13,14 e 15 agosto nel parco di Bottagna. Il presidente Nello Benedetti, ex maratoneta, vittorioso in diversi campionati italiani, invita la popolazione a partecipare a questa quarta edizione. Alla festa ci saranno banchi gastronomici, esposizioni di foto di bambini da adottare e vini di qualità. L’intero incasso sarà destinato in beneficienza in Madagascar per iniziare la costruzione di una casa per bimbi abbandonati e per l’acquisto di riso, olio, zucchero, sapone a enti bisognosi.
Festa anche a Deiva Marina , in località Piani della Madonna, per la festa patronale di N.S. dell’Assunta, con pesca di beneficienza, specialità e musica. In quasi tutti i borghi, il 15 sera la musica sfocia nello spettacolo pirotecnico ferragostano.
Fonte: La Spezia la nazione
“Holiday Blues” : tre soluzioni per vincere lo stress, tirar su l’umore e recuperare il sonno perdutro dopo le ferie
L’hanno definita la "sindrome da rientro": è quella sensazione di apatia e nervosismo che prende quando si torna in città al termine delle vacanze. Irritabilità, umor nero, problemi di insonnia e difficoltà a riabituarsi ai ritmi quotidiani: l’"holiday blues" contagia sempre più italiani. Si tratta di un disagio fisico e psicologico che viene considerato "fisiologico" quando si terminano le vacanze e che si risolve nel giro di qualche decina di giorni. Ma che può anche essere attutito, come ricorda Assolatte, con tre semplici mosse. La prima: cominciare la giornata facendo una colazione completa. I 10 minuti ritagliati al sonno e dedicati alla prima colazione sono il miglior regalo che ci si possa fare per iniziare bene la giornata. Sono una coccola che fa bene all’umore, un momento tutto per sé o da condividere con il resto della famiglia. Ma il buono e il bello della colazione è anche che permette di partire con il piede giusto, perché fornisce l’energia necessaria ad affrontare le giornate impegnative che accompagnano il rientro al lavoro dopo le ferie. L’importante è fare la colazione giusta: non devono mai mancare latte o yogurt o burro, perché forniscono i fosfolipidi, che agiscono in modo positivo sul tono dell’umore, sulle funzioni cognitive e sulla risposta allo stress. E, quindi, aiutano a combattere vuoti di memoria, difficoltà di concentrazione e cali di umore. Aiuta – e siamo al secondo punto – tenersi attivi e in movimento. In vacanza si vive all’aria aperta e, spesso, ci si dedica a tante attività sportive. Una buona abitudine da portarsi a casa, e da conservare anche nella vita di ogni giorno. Camminare per recarsi al lavoro, andare in bicicletta, correre al parco o portare a spasso il cane sono abitudini che, se adottate con regolarità, aiutano a mantenere in forma il corpo e la mente.
Infine, ristabilire il giusto ritmo sonno/veglia, andando a letto e alzandosi ad orari regolari. Dopo settimane di vacanza in cui si sono fatte le ore piccole e si è dormito fino a tardi, è arrivato il momento di riabituare l’organismo a una vita più regolare e allineata ai ritmi della natura. Dormire bene e per il tempo necessario (sette ore a notte) è importante sia per la mente che per il fisico, dà una mano al cuore e permette di svegliarsi in forma e pronti per iniziare la propria giornata. Per tornare a fare sogni d’oro, ricorda Assolatte, è importante fare una cena leggera e che includa gli alimenti che contengono il triptofano, l’amminoacido che favorisce la sintesi della serotonina, il neurotrasmettitore celebrale che stimola il rilassamento. (aise)
Infine, ristabilire il giusto ritmo sonno/veglia, andando a letto e alzandosi ad orari regolari. Dopo settimane di vacanza in cui si sono fatte le ore piccole e si è dormito fino a tardi, è arrivato il momento di riabituare l’organismo a una vita più regolare e allineata ai ritmi della natura. Dormire bene e per il tempo necessario (sette ore a notte) è importante sia per la mente che per il fisico, dà una mano al cuore e permette di svegliarsi in forma e pronti per iniziare la propria giornata. Per tornare a fare sogni d’oro, ricorda Assolatte, è importante fare una cena leggera e che includa gli alimenti che contengono il triptofano, l’amminoacido che favorisce la sintesi della serotonina, il neurotrasmettitore celebrale che stimola il rilassamento. (aise)
Turismo, è boom per i paesi dell’oceano Indiano
Turismo da record per Mauritius: nel primo semestre del 2011, dichiara l'Istat locale, sono sbarcati sull'isola 440mila visitatori, quasi il sei per cento in piu' rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In aumento anche il tasso di occupazione medio degli alberghi (dal 63 al 64 per cento) e il guadagno per le casse dello Stato, con i ricavi del settore in crescita nei primi sei mesi dell'anno del 7,5 per cento sul primo semestre 2010. Un dato significativo considerato che il turismo incide per oltre il 10 per cento sulla formazione del Prodotto interno lordo (Pil) di Mauritius. Variazioni significative anche per quanto riguarda la provenienza dei flussi: a un calo degli arrivi di europei (-3,8 per cento) ha risposto l'incremento di asiatici (+22 per cento), con un'autentica invasione di cinesi (+54 per cento).
Che le isole africane dell'oceano indiano sono di moda lo dimostra anche la netta ripresa del turismo in Madagascar, favorito dai colloqui tra maggioranza e opposizione che stanno assicurando piu' 'stabilita' al Paese dopo due anni di incertezze e tensioni politiche. Sempre nel primo semestre 2011 i turisti stranieri hanno superato le 100mila unita', in crescita del 16 per cento rispetto ai primi sei mesi del 2010; mentre i ricavi del settore sono ammontati a circa 72 milioni di dollari. Per l'intero 2011 il governo locale prevede di ospitare 255mila visitatori, attratti principalmente dalle ricchezze naturali dell'isola, spesso uniche al mondo. Il turismo in Madagascar, ancora in una fase pionieristica, e' comunque lontano alle cifre del 2008, quando il comparto garantiva alle casse dello Stato ricavi per quasi 450 milioni di dollari. Nel febbraio 2009 la rimozione della giunta militare allora in carica e l'insediamento dell'attuale capo di Stato con un governo definito allora di transizione porto' il Paese sull'orlo di una guerra civile. Rischio che pare essersi ridotto notevolmente solo negli ultimi periodi grazie a una 'distensione' nei rapporti tra i principali gruppi di potere malgasci. (AGIAFRO) dan
Che le isole africane dell'oceano indiano sono di moda lo dimostra anche la netta ripresa del turismo in Madagascar, favorito dai colloqui tra maggioranza e opposizione che stanno assicurando piu' 'stabilita' al Paese dopo due anni di incertezze e tensioni politiche. Sempre nel primo semestre 2011 i turisti stranieri hanno superato le 100mila unita', in crescita del 16 per cento rispetto ai primi sei mesi del 2010; mentre i ricavi del settore sono ammontati a circa 72 milioni di dollari. Per l'intero 2011 il governo locale prevede di ospitare 255mila visitatori, attratti principalmente dalle ricchezze naturali dell'isola, spesso uniche al mondo. Il turismo in Madagascar, ancora in una fase pionieristica, e' comunque lontano alle cifre del 2008, quando il comparto garantiva alle casse dello Stato ricavi per quasi 450 milioni di dollari. Nel febbraio 2009 la rimozione della giunta militare allora in carica e l'insediamento dell'attuale capo di Stato con un governo definito allora di transizione porto' il Paese sull'orlo di una guerra civile. Rischio che pare essersi ridotto notevolmente solo negli ultimi periodi grazie a una 'distensione' nei rapporti tra i principali gruppi di potere malgasci. (AGIAFRO) dan
Isole Radama: un tuffo nel blu
Rintracciare sulle mappe quei puntini sparsi nel Canale del Mozambico, poche miglia a ovest della deserta costa settentrionale del Madagascar, tra Ankify e Mahajanga, è tutt'altro che facile. Ma una volta individuate, le isole Radama garantiscono immersioni da sogno. Qui l'Oceano Indiano, con le sue maree e l'acqua un po' torbida per il plancton, mostra il suo aspetto ancestrale in cui l'uomo è ancora un optional.
Minuscoli arcipelaghi sparsi nel Canale del Mozambico che nascondono abissi da record e una fauna spettacolare. Ecco il paradiso dei sub nell'Oceano Indiano
Il modo migliore per conoscere questo arcipelago, abitato solo da qualche pescatore, è arrivarci con un catamarano da Nosy Be (non mancano i tour operator che organizzano crociere,). Da non perdere (correnti permettendo) al largo di Antany Mora una discesa lungo il Greg Wall, una parete così chiamata dal nome del subacqueo sudafricano che l'ha scoperta.
Situata ai margini di un vasto plateau di corallo, va dai -10 all'abisso e sembra di stare in prima fila al cinema: come in una sfilata, passano ricciole, tonni, barracuda e squali, mentre alla destra di un enorme pinnacolo ricoperto di gorgonie si apre un cunicolo, in cui, con le torce accese, ci si può infilare a -42 e riuscire a -30 metri.
Miska Ruggeri
Fonte: Il Sole 24 Ore
Esporando lo Tsaratanana
Una spedizione erpetologica organizzata dal Museo di Scienze Naturali di Torino, capitanata da Franco Andreone, a cui si uniscono Miguel Vences per il Museo di Bonn ed il sottoscritto Fabio Mattioli per l’Università di Genova, sbarca in Madagascar. Obiettivo raggiungere la vetta più alta dell’Isola, il monte Maromokotra. La montagna appartiene al massiccio di Tsaratanana, parte del quale rientra nella riserva Naturale Integrale n.4 di Tsaratanana. Scopo della spedizione è quello di studiare l’erpetofauna del massiccio. L’asprezza del territorio, che lo rende difficilmente accessibile, è evidente già dalle mappe della regione, studiate nella capitale Antananarivo, in attesa che le autorità malgasce concedano i permessi per le ricerche. All’arrivo all’aeroporto di Nosy Be, prima tappa dell’avvicinamento, le prime avvisaglie di sfortuna. I bagagli, 14 colli con tutto il materiale necessario per la sopravvivenza nella foresta e per le ricerche, non vengono scaricati. Blocchiamo l’aereo quasi in fase di decollo e fra le urla degli addetti all’aeroporto ci introduciamo nella stiva per scaricare i bagagli. Alcuni zaini mancano all’appello, forse rimasti nella capitale, forse in viaggio per chi sa dove. Siamo costretti ad un paio di giorni di sosta per comprare parte del materiale perso in aereo, ne approfittiamo per cercare animali che sull’isola abbondano. Il camaleonte pantera è sicuramente il rettile più comune e sgargiante con i suoi colori turchese, rosso, giallo e verde, tanto che sugli alberi sembra un frutto o un fiore. In barca ci spostiamo sulla terraferma, e raggiungiamo Ambanja, che è l’ultimo paese in cui è possibile acquistare le provviste. Da qui a bordo di un improbabile pick-up, ci addentriamo per una impervia strada di montagna. Il peso dei nostri bagagli e la strada fangosa ci costringono più volte a scendere per spingere il mezzo impantanato. Arrivati ad Antisirasira la strada si interrompe sulle rive del fiume Sambirano, il più grande della regione. Lo guadiamo a bordo di piroghe scavate nel legno e proseguiamo a piedi con dei carretti trainati da zebù su cui sistemiamo il carico. Due giorni di marcie forzate di quaranta chilometri ci conducono a Beangona. Questo è l’ultimo villaggio abitato che incontreremo. Sono poche case fatte di paglia e di fango con tetti in lamiera, dove i bambini non hanno mai visto un bianco e fuggono piangendo alla nostra vista. Solo gli adulti si ricordano delle altre spedizioni passate di li, una francese del 1966 scortata dai legionari e quella dell’Acquario di Genova del 1997, condotta da Giovanni Schimmenti e Riccardo Jesu. Qui assoldiamo i portatori e veniamo raggiunti da due “guardia parco”, che ci impongolo la loro presenza durante la spedizione. Questo intoppo manderà a monte le nostre speranze di raggiungere la la vetta; infatti oltre a voler essere pagate ed essere due bocche in più da sfamare, le due guardie necessitano di altrettanti portatori per la loro tenda e il riso supplementare. È un cane che si morde la coda perchè ogni persona in più necessita di una quantità di riso e materiale che richiede la presenza di un altro portatore, che a sua volta necessita di altro cibo. Valutiamo, quindi di non avere a disposizione sufficiente riso, ne soldi per coprire tutti i giorni di avvicinamento alla vetta.
Decidiamo di ripercorrere il cammino fatto dalla spedizione dell’Acquario doi Genova del 1997 e magari spingerci un po’ oltre. La prima parte del percorso avviene fra lembi di territorio disboscato, guadando numerosi fiumi a piedi. Iniziamo poi, un’ascesa su colline piuttosto alte, che ben presto si tramutano in piccole montagne. Il “tavy”, cioè la pratica del taglia e brucia, sembra essere di moda anche in questi remoti territori. Avanziamo infatti su pendii erbosi e sulle montagne attorno a noi non ci sono che sporadici alberi isolati, sotto i quali facciamo sosta per ripararci dal sole rovente, che, dal mattino fino all’ora di pranzo non ci dà tregua. La salita avviene lungo i crinali, i malgasci non conoscono altri sentieri e procedono con i loro fardelli sulla testa o legati a mo’ di bilanciere su un palo che portano in spalla.
Tutti i giorni verso l’una ci fermiamo per montare il campo, infatti nel pomeriggio puntuali arrivano gli acquazzoni, che durano sino a sera tarda. L’amara sorpresa l’abbiamo quando incontriamo i resti di una capanna, che sembra quella descritta da Jesu e Schimmenti, tutto bruciato. Anche la piccola foresta di Andampy poco più avanti, attraversata da un rigagnolo e meta del nostro primo campo, porta i segni di un recente incendio; rinveniamo comunque alcuni esemplari di anfibi, camaleonti, e serpenti che, assieme a nuove piante tentano di ricolonizzare la piccola valletta. Saliamo ulteriormente spingendoci sempre più all’interno del massiccio; finalmente i paesaggi cominciano a popolarsi di alberi, che si fanno sempre più fitti e coperti di licheni ed epifide, fino a diventare foreste intricate in cui muoversi con gli zaini in spalla diventa un problema.
Ci accampiamo alla confluenza di due ruscelli dove rimarremo per nove giorni. La ricerca degli animali ci occupa le nottate, alla mattina li classifichiamo, per dormire durante i piovosi pomeriggi. Viviamo in un mondo di fango, dove raramente il sole riesce ad incunearsi fra le chiome degli alberi per arrivare sul terreno. I vestiti sono ormai tutti fradici e i ricambi non riescono ad asciugare per l’elevata umidità. Decidiamo quindi di rientrare con il nostro carico di informazioni, di studi e con la scoperta di qualche specie nuova. Il cammino del ritorno serve pero’ a farci riflettere sul fatto che a nulla serve lo sforzo per conoscere e studiare specie animali e loro habitat, sino a che non saremo in grado di fornire un’alternativa alle popolazioni locali che non le costringa a bruciare e tagliare le foreste per sopravvivere. Sino ad allora descriveremo delle specie nuove, solo per poi commentarne l’estinzione.
Fabio Mattioli
Spedizione effettuata a gennaio 2000.
Fonte: “I quaderni di Berenice”
Decidiamo di ripercorrere il cammino fatto dalla spedizione dell’Acquario doi Genova del 1997 e magari spingerci un po’ oltre. La prima parte del percorso avviene fra lembi di territorio disboscato, guadando numerosi fiumi a piedi. Iniziamo poi, un’ascesa su colline piuttosto alte, che ben presto si tramutano in piccole montagne. Il “tavy”, cioè la pratica del taglia e brucia, sembra essere di moda anche in questi remoti territori. Avanziamo infatti su pendii erbosi e sulle montagne attorno a noi non ci sono che sporadici alberi isolati, sotto i quali facciamo sosta per ripararci dal sole rovente, che, dal mattino fino all’ora di pranzo non ci dà tregua. La salita avviene lungo i crinali, i malgasci non conoscono altri sentieri e procedono con i loro fardelli sulla testa o legati a mo’ di bilanciere su un palo che portano in spalla.
Tutti i giorni verso l’una ci fermiamo per montare il campo, infatti nel pomeriggio puntuali arrivano gli acquazzoni, che durano sino a sera tarda. L’amara sorpresa l’abbiamo quando incontriamo i resti di una capanna, che sembra quella descritta da Jesu e Schimmenti, tutto bruciato. Anche la piccola foresta di Andampy poco più avanti, attraversata da un rigagnolo e meta del nostro primo campo, porta i segni di un recente incendio; rinveniamo comunque alcuni esemplari di anfibi, camaleonti, e serpenti che, assieme a nuove piante tentano di ricolonizzare la piccola valletta. Saliamo ulteriormente spingendoci sempre più all’interno del massiccio; finalmente i paesaggi cominciano a popolarsi di alberi, che si fanno sempre più fitti e coperti di licheni ed epifide, fino a diventare foreste intricate in cui muoversi con gli zaini in spalla diventa un problema.
Ci accampiamo alla confluenza di due ruscelli dove rimarremo per nove giorni. La ricerca degli animali ci occupa le nottate, alla mattina li classifichiamo, per dormire durante i piovosi pomeriggi. Viviamo in un mondo di fango, dove raramente il sole riesce ad incunearsi fra le chiome degli alberi per arrivare sul terreno. I vestiti sono ormai tutti fradici e i ricambi non riescono ad asciugare per l’elevata umidità. Decidiamo quindi di rientrare con il nostro carico di informazioni, di studi e con la scoperta di qualche specie nuova. Il cammino del ritorno serve pero’ a farci riflettere sul fatto che a nulla serve lo sforzo per conoscere e studiare specie animali e loro habitat, sino a che non saremo in grado di fornire un’alternativa alle popolazioni locali che non le costringa a bruciare e tagliare le foreste per sopravvivere. Sino ad allora descriveremo delle specie nuove, solo per poi commentarne l’estinzione.
Fabio Mattioli
Spedizione effettuata a gennaio 2000.
Fonte: “I quaderni di Berenice”
Griglie eteriche
Bepy, il mio esoterista di fiducia, mi ha raccontato un’altra delle sue: pochi giorni fa l’arcangelo Michele, con la sua spada fiammeggiante, ha tagliato la griglia eterica che era stata allestita tutt’attorno alla Terra dai rettiliani, aiutati dalla NASA.
Quando lo conobbi la prima volta, Bepy, non l’angelo Michele, mi disse che i rettiliani lavoravano in combutta con gli americani all’interno di gigantesche caverne sotto il monte Piancavallo, a poca distanza dalla base militare di Aviano. Sul momento, non so perché, mi venne in mente la parola picchiatello e mi resi conto istintivamente di trovarmi di fronte a una persona…..particolare. Forse proprio per questo, abbiamo continuato a frequentarci e a scambiarci mail. Lui mi compra quarzi jalini per costruire le “towerbuster”, che a suo dire sarebbero utili per difendersi dalla nocività delle scie chimiche.
Conoscevo la fascia di Van Allen e pure la rete di Hartmann, ma di una griglia eterica costruita dai rettiliani, per non far uscire le anime dei defunti dal nostro pianeta, non avevo mai sentito parlare. Bepy dice che anche l’anima di Gandhi era rimasta invischiata nella griglia, fino a poco tempo fa, quando, con l’intervento di Michele, tutte le anime hanno potuto riprendere il loro cammino. Detto per inciso, l’arcangelo Michele viene raffigurato con una spada fiammeggiante in mano perché a quei tempi non erano state ancora inventate armi magnetiche, magari una specie di “magnetaser”. Se ci fosse stato il “magnetaser”, avremmo avuto la prova che i veri autori del Vecchio Testamento erano veneti, così come il vero Shakespeare era siciliano, poiché il principio “magna e tasi” è tipico della mentalità veneta.
Non ho inoltre capito per quale ragione i rettiliani volessero tenere prigioniere le anime degli esseri umani, né tanto meno capisco cosa ci guadagni la NASA in questa operazione. Ho sentito dire che i rettiliani sono privi di anima e hanno assoluto bisogno delle nostre per sopravvivere ma, se anche gli animali hanno un’anima, perché i rettiliani non si accontentano di quelle delle iguane, delle tartarughe e delle lucertole?
Siccome non credo all’esistenza dell’anima, né negli animali né negli uomini, mi è piuttosto difficile anche solo prestare attenzione a simili argomenti. Anzi, mi viene facile inserire anche questa storia nella già corposa cartellina che sul frontespizio reca la dicitura: “Bepy, picchiatello”. Sono indeciso anche sulla questione fondamentale, dibattuta da millenni, ovvero se esista o meno un essere supremo chiamato Dio. Se fino a poco tempo fa mi reputavo agnostico, ora, man mano che passa il tempo, mi accorgo che il mio sentimento religioso vira verso l’ateismo. E non posso farci niente. Poiché cani e porci credono in un Ente Supremo, compresi gli animisti del Borneo, non mi sento per niente sulla stessa lunghezza d’onda con costoro, né con il resto dell’umanità sedicente civilizzata e quindi il mio crescente ateismo va avanti da solo, istintivamente e automaticamente.
Poiché miliardi di persone hanno creduto e credono sia in Dio che nell’immortalità dell’anima, non posso non pormi certi quesiti, ai quali credo di aver trovato la risposta. Da migliaia d’anni si discute di questi due “fake” che, invece d’essere liquidati come tali fin dall’inizio, hanno ricevuto l’apporto concettuale di migliaia di persone, affascinate dall’idea di trovare una scappatoia alla morte e spinti dalla necessità di avere un padre invisibile, potente e onnisciente a cui sottomettersi. Il che, come si era accorto Nietzsche inventandosi il Superuomo, rappresenta per la nostra specie una forma d’immaturità o, se vogliamo usare un termine scientifico, di neotenia.
In altre parole, staccandoci dalla natura e dalle sue leggi (operazione non del tutto conclusa) siamo diventati infantili e bisognosi di un padre padrone. In questo senso si può dire che l’Homo sapiens è la forma neotenica del gorilla, glabri come siamo e tuttavia dotati della capacità di riprodurci. Se non ci fossimo staccati dalla natura, inventandoci una caterva di sovrastrutture culturali, avremmo ancora il corpo interamente coperto di pelo, saremmo ben inseriti negli equilibri naturali, ci nutriremmo di frutta con solo qualche spuntino carneo ogni tanto e, soprattutto, non staremmo qui a perdere tempo parlando di rettiliani, 2012 e NWO.
Abbiamo voluto la bicicletta della separazione dalla natura, e ora ci tocca pedalare!
In definitiva, è solo questione di stagionatura: dei rettiliani se ne parla solo da una decina d’anni, da quando Icke ha pubblicato i suoi libri e quindi io, in quanto campione rappresentativo dell’umano genere, li rifiuto con fastidio. Dell’aura se ne parla da un secolo, da quando Krishnamurti [1] è venuto a tenere le sue conferenze in Occidente e io la rifiuto ma senza provare fastidio. Dell’anima se ne parla dal secondo secolo dopo Cristo, da quando i presbiteri cristiani decisero di adottarne l’idea e io non la rifiuto aprioristicamente ma la inquadro in un’ottica storica e la valuto per quello che è: un’esigenza dello spirito umano che anela alla sopravvivenza dopo la morte. Di Dio se ne parla fin dai primordi dell’umanità, da quando il primo ominide ha alzato gli occhi al cielo stellato e si è chiesto cosa fosse e io non solo non lo rifiuto, ma sono disposto a prenderlo in considerazione.
Le idee religiose sono come il vino: devono invecchiare per diventare buone. O almeno passabili. Forse tra duemila anni tutta l’umanità crederà ai rettiliani e David Icke (sempre dalla stessa etnia saltano fuori!) prenderà il posto di Mosè. Se quest’ultimo ha scritto il Pentateuco, Icke è già a quota sedici. Ha voluto strafare. Per adesso dobbiamo accontentarci di discernere tra fatti e fantasie, tra invenzioni inverosimili e fenomeni verificabili. Di norma, non vado mai su siti esoterici o ufologici come quello del comandante Kanta o di Axina e Xianet Xia Valiux .
Come non vado mai sui siti dei debunkers, perché non ho tempo da perdere, ma capita che siano loro a venire da me, soprattutto i seguaci dell’esoterismo ufologico e New Age. Vengono da me nel senso che molte di tali persone frequentano gli stessi siti che frequento io e ne posso quindi leggere i commenti, nonché interloquire con loro. Non saprei quale sia la percentuale di teorici del complotto che propendono per il misticismo e l’ufologia, ma ho l’impressione che siano tanti.
Se, come eloquentemente spiegato da Alice oltre lo Specchio [4] ci sono due categorie di oppositori, entrati in azione per contrastare la ricerca della verità, ossia i debunkers e i gatekeepers, la presenza di numerosi studiosi di complottismo che credono nei rettiliani, nel salto quantico, in Hidden Hand, nella federazione galattica e in altre teorie indimostrabili, per le quali sia necessario un atto di fede, offre il fianco alle critiche più sarcastiche da parte degli scettici e dei debunkers. Anzi, la presenza degli esoterici in seno al movimento complottista diventa funzionale al lavoro dei disinformatori e dei “custodi del cancello”. Senza i simpatici visionari come il mio amico Bepy, i disinformatori sarebbero disoccupati. I gatekeepers, invece, sono andati ad occupare una nicchia particolare. Si travestono da complottisti e ammucchiano indistintamente argomenti seri insieme a fanfaluche inaccettabili, così che l’uomo medio, mediamente lobotomizzato, rifiuti in blocco qualsiasi tematica non approvata dalla cultura ufficiale. E nel secchio della spazzatura finiscono le reali scie chimiche insieme agli Anunnaki di Nibiru, il probabilissimo nuovo ordine mondiale venturo insieme agli addotti di Malanga.
Come dicevo prima, un’idea, per essere accettata, ha bisogno di un periodo di stagionatura. Da quanto tempo i fisici parlano di universi paralleli o di multiverso? Da qualche decennio, se non sbaglio. Ebbene, poiché non è inverosimile che esistano universi paralleli e dimensioni diverse dalla nostra, anche se non abbiamo la possibilità di dimostrarlo, una mia ipotesi sui rettiliani (ed è l’unica concessione che faccio loro) è che 65 milioni d’anni fa, con l’impatto del famoso asteroide, i dinosauri non si siano estinti del tutto, ma abbiano continuato ad evolversi in un’altra dimensione, mentre nella nostra prendevano la strada evolutiva degli uccelli, dei mammiferi e dei rettili attuali. Sviluppandosi in un “altrove” per noi irraggiungibile, quei grossi e stupidi bestioni si sono evoluti in rettili antropomorfi, da cui, con tecnologie che solo loro hanno, vengono di tanto in tanto a farci visita. Che le abbiano solo loro lo dico con beneficio d’inventario, ovviamente, data la segretezza che avvolge le ricerche scientifiche dei nostri militari.
Per adesso, finché non me ne troverò uno davanti in carne, ossa e squame, non posso che relegare la loro esistenza nel mondo delle favole e anche la griglia che Bepy è convinto abbiano imbastito attorno alla Terra, la prendo per uno scherzo.
Uno scherzo che lascia il tempo che trova.
Qui è il Comandante Freeanimals che vi parla.
Vi terrò informati su ulteriori comunicazioni del mio esoterista di fiducia.
La pace galattica sia con voi.
Passo e chiudo.
Freeanimals
Quando lo conobbi la prima volta, Bepy, non l’angelo Michele, mi disse che i rettiliani lavoravano in combutta con gli americani all’interno di gigantesche caverne sotto il monte Piancavallo, a poca distanza dalla base militare di Aviano. Sul momento, non so perché, mi venne in mente la parola picchiatello e mi resi conto istintivamente di trovarmi di fronte a una persona…..particolare. Forse proprio per questo, abbiamo continuato a frequentarci e a scambiarci mail. Lui mi compra quarzi jalini per costruire le “towerbuster”, che a suo dire sarebbero utili per difendersi dalla nocività delle scie chimiche.
Conoscevo la fascia di Van Allen e pure la rete di Hartmann, ma di una griglia eterica costruita dai rettiliani, per non far uscire le anime dei defunti dal nostro pianeta, non avevo mai sentito parlare. Bepy dice che anche l’anima di Gandhi era rimasta invischiata nella griglia, fino a poco tempo fa, quando, con l’intervento di Michele, tutte le anime hanno potuto riprendere il loro cammino. Detto per inciso, l’arcangelo Michele viene raffigurato con una spada fiammeggiante in mano perché a quei tempi non erano state ancora inventate armi magnetiche, magari una specie di “magnetaser”. Se ci fosse stato il “magnetaser”, avremmo avuto la prova che i veri autori del Vecchio Testamento erano veneti, così come il vero Shakespeare era siciliano, poiché il principio “magna e tasi” è tipico della mentalità veneta.
Non ho inoltre capito per quale ragione i rettiliani volessero tenere prigioniere le anime degli esseri umani, né tanto meno capisco cosa ci guadagni la NASA in questa operazione. Ho sentito dire che i rettiliani sono privi di anima e hanno assoluto bisogno delle nostre per sopravvivere ma, se anche gli animali hanno un’anima, perché i rettiliani non si accontentano di quelle delle iguane, delle tartarughe e delle lucertole?
Siccome non credo all’esistenza dell’anima, né negli animali né negli uomini, mi è piuttosto difficile anche solo prestare attenzione a simili argomenti. Anzi, mi viene facile inserire anche questa storia nella già corposa cartellina che sul frontespizio reca la dicitura: “Bepy, picchiatello”. Sono indeciso anche sulla questione fondamentale, dibattuta da millenni, ovvero se esista o meno un essere supremo chiamato Dio. Se fino a poco tempo fa mi reputavo agnostico, ora, man mano che passa il tempo, mi accorgo che il mio sentimento religioso vira verso l’ateismo. E non posso farci niente. Poiché cani e porci credono in un Ente Supremo, compresi gli animisti del Borneo, non mi sento per niente sulla stessa lunghezza d’onda con costoro, né con il resto dell’umanità sedicente civilizzata e quindi il mio crescente ateismo va avanti da solo, istintivamente e automaticamente.
Poiché miliardi di persone hanno creduto e credono sia in Dio che nell’immortalità dell’anima, non posso non pormi certi quesiti, ai quali credo di aver trovato la risposta. Da migliaia d’anni si discute di questi due “fake” che, invece d’essere liquidati come tali fin dall’inizio, hanno ricevuto l’apporto concettuale di migliaia di persone, affascinate dall’idea di trovare una scappatoia alla morte e spinti dalla necessità di avere un padre invisibile, potente e onnisciente a cui sottomettersi. Il che, come si era accorto Nietzsche inventandosi il Superuomo, rappresenta per la nostra specie una forma d’immaturità o, se vogliamo usare un termine scientifico, di neotenia.
In altre parole, staccandoci dalla natura e dalle sue leggi (operazione non del tutto conclusa) siamo diventati infantili e bisognosi di un padre padrone. In questo senso si può dire che l’Homo sapiens è la forma neotenica del gorilla, glabri come siamo e tuttavia dotati della capacità di riprodurci. Se non ci fossimo staccati dalla natura, inventandoci una caterva di sovrastrutture culturali, avremmo ancora il corpo interamente coperto di pelo, saremmo ben inseriti negli equilibri naturali, ci nutriremmo di frutta con solo qualche spuntino carneo ogni tanto e, soprattutto, non staremmo qui a perdere tempo parlando di rettiliani, 2012 e NWO.
Abbiamo voluto la bicicletta della separazione dalla natura, e ora ci tocca pedalare!
In definitiva, è solo questione di stagionatura: dei rettiliani se ne parla solo da una decina d’anni, da quando Icke ha pubblicato i suoi libri e quindi io, in quanto campione rappresentativo dell’umano genere, li rifiuto con fastidio. Dell’aura se ne parla da un secolo, da quando Krishnamurti [1] è venuto a tenere le sue conferenze in Occidente e io la rifiuto ma senza provare fastidio. Dell’anima se ne parla dal secondo secolo dopo Cristo, da quando i presbiteri cristiani decisero di adottarne l’idea e io non la rifiuto aprioristicamente ma la inquadro in un’ottica storica e la valuto per quello che è: un’esigenza dello spirito umano che anela alla sopravvivenza dopo la morte. Di Dio se ne parla fin dai primordi dell’umanità, da quando il primo ominide ha alzato gli occhi al cielo stellato e si è chiesto cosa fosse e io non solo non lo rifiuto, ma sono disposto a prenderlo in considerazione.
Le idee religiose sono come il vino: devono invecchiare per diventare buone. O almeno passabili. Forse tra duemila anni tutta l’umanità crederà ai rettiliani e David Icke (sempre dalla stessa etnia saltano fuori!) prenderà il posto di Mosè. Se quest’ultimo ha scritto il Pentateuco, Icke è già a quota sedici. Ha voluto strafare. Per adesso dobbiamo accontentarci di discernere tra fatti e fantasie, tra invenzioni inverosimili e fenomeni verificabili. Di norma, non vado mai su siti esoterici o ufologici come quello del comandante Kanta o di Axina e Xianet Xia Valiux .
Come non vado mai sui siti dei debunkers, perché non ho tempo da perdere, ma capita che siano loro a venire da me, soprattutto i seguaci dell’esoterismo ufologico e New Age. Vengono da me nel senso che molte di tali persone frequentano gli stessi siti che frequento io e ne posso quindi leggere i commenti, nonché interloquire con loro. Non saprei quale sia la percentuale di teorici del complotto che propendono per il misticismo e l’ufologia, ma ho l’impressione che siano tanti.
Se, come eloquentemente spiegato da Alice oltre lo Specchio [4] ci sono due categorie di oppositori, entrati in azione per contrastare la ricerca della verità, ossia i debunkers e i gatekeepers, la presenza di numerosi studiosi di complottismo che credono nei rettiliani, nel salto quantico, in Hidden Hand, nella federazione galattica e in altre teorie indimostrabili, per le quali sia necessario un atto di fede, offre il fianco alle critiche più sarcastiche da parte degli scettici e dei debunkers. Anzi, la presenza degli esoterici in seno al movimento complottista diventa funzionale al lavoro dei disinformatori e dei “custodi del cancello”. Senza i simpatici visionari come il mio amico Bepy, i disinformatori sarebbero disoccupati. I gatekeepers, invece, sono andati ad occupare una nicchia particolare. Si travestono da complottisti e ammucchiano indistintamente argomenti seri insieme a fanfaluche inaccettabili, così che l’uomo medio, mediamente lobotomizzato, rifiuti in blocco qualsiasi tematica non approvata dalla cultura ufficiale. E nel secchio della spazzatura finiscono le reali scie chimiche insieme agli Anunnaki di Nibiru, il probabilissimo nuovo ordine mondiale venturo insieme agli addotti di Malanga.
Come dicevo prima, un’idea, per essere accettata, ha bisogno di un periodo di stagionatura. Da quanto tempo i fisici parlano di universi paralleli o di multiverso? Da qualche decennio, se non sbaglio. Ebbene, poiché non è inverosimile che esistano universi paralleli e dimensioni diverse dalla nostra, anche se non abbiamo la possibilità di dimostrarlo, una mia ipotesi sui rettiliani (ed è l’unica concessione che faccio loro) è che 65 milioni d’anni fa, con l’impatto del famoso asteroide, i dinosauri non si siano estinti del tutto, ma abbiano continuato ad evolversi in un’altra dimensione, mentre nella nostra prendevano la strada evolutiva degli uccelli, dei mammiferi e dei rettili attuali. Sviluppandosi in un “altrove” per noi irraggiungibile, quei grossi e stupidi bestioni si sono evoluti in rettili antropomorfi, da cui, con tecnologie che solo loro hanno, vengono di tanto in tanto a farci visita. Che le abbiano solo loro lo dico con beneficio d’inventario, ovviamente, data la segretezza che avvolge le ricerche scientifiche dei nostri militari.
Per adesso, finché non me ne troverò uno davanti in carne, ossa e squame, non posso che relegare la loro esistenza nel mondo delle favole e anche la griglia che Bepy è convinto abbiano imbastito attorno alla Terra, la prendo per uno scherzo.
Uno scherzo che lascia il tempo che trova.
Qui è il Comandante Freeanimals che vi parla.
Vi terrò informati su ulteriori comunicazioni del mio esoterista di fiducia.
La pace galattica sia con voi.
Passo e chiudo.
Freeanimals
Talenti italiani all’estero
www.clubdeicreativi.it un nuovo portale li mette in comunicazione
Sono sempre di più i giovani che lasciano il nostro Paese, alla ricerca di nuove opportunità per esprimere la propria creatività. I "Creativi italiani nel mondo" sono una pietra miliare dell'Italian Style e rappresentano una risorsa preziosa dell'Italia, cui attingere per lo sviluppo economico e culturale del nostro Paese. Creare una rete per metterli in relazione tra loro significa valorizzare le risorse all´estero e farle interagire con il sistema produttivo italiano: nell´economia globale non è decisivo il luogo in cui si produce ma le relazioni che si sviluppano.
Come riferisce il sito Internet degli emiliano-romagnoli nel mondo, è nato da questi presupposti il "Club dei Creativi", l’innovativo portale www.clubdeicreativi.it, promosso da Mecenate 90 in collaborazione con H-art e il contributo del Ministero della Gioventù, che mette in rete - fra di loro e con il sistema imprenditoriale nazionale - i giovani talenti italiani che vivono e lavorano all’estero.
Come spiega il presidente dell’Associazione Mecenate 90, Alain Elkann, l’idea prese vita "leggendo un articolo su una rivista straniera". Ciò che lo colpì fu "scoprire che oltre il 15% delle relazioni commerciali fra Usa e Cina nascessero da iniziative di ingegneri cinesi impiegati in aziende statunitensi. In quegli stessi giorni l’opinione pubblica italiana dibatteva in maniera piuttosto retorica sulla fuga dei cervelli dal nostro Paese. In questo contesto è nata l’idea del Club dei Creativi, la cui filosofia di fondo era già presente nel manifesto "Italia: Paese della cultura e della bellezza", presentato due anni fa. Il Club dei Creativi, grazie alle enormi possibilità che oggi la rete ci offre, vuole essere una vetrina per i giovani talenti italiani che vivono all’estero e allo stesso tempo può rappresentare un efficace strumento di collegamento con il sistema imprenditoriale italiano".
"In un’economia globale dove non è più decisivo il luogo in cui si produce, ma le relazioni che si riescono a sviluppare", tiene a precisare Ledo Prato, segretario generale di Mecenate 90, "il Club dei Creativi si pone l’obiettivo di diventare un punto di riferimento, un luogo di incontro e di scambio di esperienze e progettualità, una rete capace di creare un circuito tra idee innovative e interlocutori interessati al loro sviluppo, uno strumento per testimoniare il genio italico capace di rovesciare il limite in una risorsa, in una opportunità".
Con un logo che adotta la metafora della matita, lo strumento più semplice per dare vita alle proprie idee, e una grafica che fin dall’home page si caratterizza per freschezza e impatto emozionale, il portale, diviso in sei sezioni, si rivolge in questa prima fase a chi lavora nei settori che da sempre contraddistinguono la creatività e lo stile italiano nel mondo: spettacolo, letteratura, arte, fotografia, multimedia, design, architettura, moda, cibo.
Nel solco del portale del Club dei Creativi si incontrano storie differenti di successo: giovani professionisti e imprenditori che si sono affermati in altre parti del mondo, ragazzi che, dopo essersi formati all’estero, hanno deciso di investire sull’Italia, avviando nella penisola nuove esperienze imprenditoriali. Un mondo tutto da scoprire e conoscere.
Fonte:aise
Sono sempre di più i giovani che lasciano il nostro Paese, alla ricerca di nuove opportunità per esprimere la propria creatività. I "Creativi italiani nel mondo" sono una pietra miliare dell'Italian Style e rappresentano una risorsa preziosa dell'Italia, cui attingere per lo sviluppo economico e culturale del nostro Paese. Creare una rete per metterli in relazione tra loro significa valorizzare le risorse all´estero e farle interagire con il sistema produttivo italiano: nell´economia globale non è decisivo il luogo in cui si produce ma le relazioni che si sviluppano.
Come riferisce il sito Internet degli emiliano-romagnoli nel mondo, è nato da questi presupposti il "Club dei Creativi", l’innovativo portale www.clubdeicreativi.it, promosso da Mecenate 90 in collaborazione con H-art e il contributo del Ministero della Gioventù, che mette in rete - fra di loro e con il sistema imprenditoriale nazionale - i giovani talenti italiani che vivono e lavorano all’estero.
Come spiega il presidente dell’Associazione Mecenate 90, Alain Elkann, l’idea prese vita "leggendo un articolo su una rivista straniera". Ciò che lo colpì fu "scoprire che oltre il 15% delle relazioni commerciali fra Usa e Cina nascessero da iniziative di ingegneri cinesi impiegati in aziende statunitensi. In quegli stessi giorni l’opinione pubblica italiana dibatteva in maniera piuttosto retorica sulla fuga dei cervelli dal nostro Paese. In questo contesto è nata l’idea del Club dei Creativi, la cui filosofia di fondo era già presente nel manifesto "Italia: Paese della cultura e della bellezza", presentato due anni fa. Il Club dei Creativi, grazie alle enormi possibilità che oggi la rete ci offre, vuole essere una vetrina per i giovani talenti italiani che vivono all’estero e allo stesso tempo può rappresentare un efficace strumento di collegamento con il sistema imprenditoriale italiano".
"In un’economia globale dove non è più decisivo il luogo in cui si produce, ma le relazioni che si riescono a sviluppare", tiene a precisare Ledo Prato, segretario generale di Mecenate 90, "il Club dei Creativi si pone l’obiettivo di diventare un punto di riferimento, un luogo di incontro e di scambio di esperienze e progettualità, una rete capace di creare un circuito tra idee innovative e interlocutori interessati al loro sviluppo, uno strumento per testimoniare il genio italico capace di rovesciare il limite in una risorsa, in una opportunità".
Con un logo che adotta la metafora della matita, lo strumento più semplice per dare vita alle proprie idee, e una grafica che fin dall’home page si caratterizza per freschezza e impatto emozionale, il portale, diviso in sei sezioni, si rivolge in questa prima fase a chi lavora nei settori che da sempre contraddistinguono la creatività e lo stile italiano nel mondo: spettacolo, letteratura, arte, fotografia, multimedia, design, architettura, moda, cibo.
Nel solco del portale del Club dei Creativi si incontrano storie differenti di successo: giovani professionisti e imprenditori che si sono affermati in altre parti del mondo, ragazzi che, dopo essersi formati all’estero, hanno deciso di investire sull’Italia, avviando nella penisola nuove esperienze imprenditoriali. Un mondo tutto da scoprire e conoscere.
Fonte:aise
Sviluppo energie rinnovabili
La green economy a Festambiente
Due impianti fotovoltaici totalmente integrati sul tetto degli stabilimenti aziendali in sostituzione di coperture contenenti amianto, un impianto di cogenerazione alimentato con biomasse locali utilizzate per il riscaldamento di una serra fotovoltaica, un progetto innovativo volto a individuare le migliori modalità costruttive e architettoniche per l’area mediterranea. E ancora: l'istituzione di un nuovo canale formativo nazionale, riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione, con l'obiettivo di formare tecnici superiori specializzati in efficienza energetica e nell'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili.
Si è svolto a Festambiente, la manifestazione nazionale di Legambiente in corso di svolgimento a Rispescia (Gr), il Premio Nazionale Buone Pratiche per le Energie Rinnovabili dove vengono selezionati i progetti più significativi nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica scelti dal Centro Nazionale per le energie rinnovabili di Legambiente. Interventi innovativi e "un po’ speciali" per implementare efficienza, risparmio e sviluppo energetici, investendo nell’energia verde. Dal solare fotovoltaico e termico, all’eolico, la geotermia e le biomasse sono diverse le fonti pulite e le possibili modalità del loro impiego sul territorio. Tutto sta nel trovare, di volta in volta, la chiave giusta per rispondere al proprio fabbisogno e tradurre gli investimenti in un risparmio concreto di denaro e di CO2.
"Gli interventi premiati oggi dimostrano come le rinnovabili siano la risposta più intelligente, moderna ed economica per ridurre i fabbisogni di famiglie e aziende", spiega Edoardo Zanchini, responsabile energia e territorio di Legambiente. "Per rispondere al fabbisogno energetico delle famiglie e ridurre il costo delle bollette, arginare allo stesso tempo il cambiamento climatico, l’Italia deve puntare, infatti, su un modello di generazione distribuita fatto di tanti piccoli impianti e di una grande iniezione di investimenti nell’efficienza energetica. È una prospettiva che può avere un effetto straordinario non solo in termini di risparmio, di riduzione dei consumi e delle importazioni di fonti fossili, ma anche in termini di innovazione, migliorando il benessere e la qualità della vita".
Ecco allora i premiati.
L’azienda IGUZZINI Illuminazioni S.p.a. di Recanati in provincia di Macerata per l’installazione di un impianto fotovoltaico totalmente integrato da 1,6 MWp sul tetto degli stabilimenti aziendali in sostituzione delle precedenti coperture contenenti amianto. Un progetto significativo che oltre ad apportare indubbi benefici ambientali legati alla produzione di energia pulita ha contribuito al bando dell’amianto dagli ambienti di lavoro; altro premiato la Cooperativa Agricola A.R.P., agricoltori riuniti Piacentini, per aver installato un impianto fotovoltaico totalmente integrato da 975 kWp in sostituzione di coperture contenenti amianto. Un’interessante soluzione in ambito di multifunzionalità aziendale in campo agricolo realizzato con criteri di integrazione architettonica, messo in pratica da una cooperativa di 100 aziende agricole.
Premiata anche la Toscana con la società cooperativa agricola Valle Bruna per la realizzazione di un impianto di cogenerazione della potenza elettrica da 250 kW alimentato con biomasse di provenienza locale. L'energia termica prodotta viene utilizzata per il riscaldamento di una serra fotovoltaica ospitante un impianto da 1 MWp. L'intervento è molto significativo perché integra più fonti rinnovabili (fotovoltaico e biomasse) per la produzione e l'utilizzo sia di energia elettrica che di calore.
Altro premio al progetto Abitare Mediterraneo, che vede coinvolta l'Università degli Studi di Firenze, la Regione Toscana e numerose aziende partner, volto a individuare le migliori modalità architettoniche per realizzare costruzioni che sappiano rispondere alle esigenze climatiche, energetiche e sociali del contesto mediterraneo. Il progetto Abitare mediterraneo riceve il premio perchè stimola e incentiva la nascita di una vera e propria filiera costruttiva locale, mettendo in rete un numero consistente di aziende toscane, in un'ottica di ricerca e innovazione, fornendo al tempo stesso una risposta ai problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici e alla crisi del settore edilizio tradizionale.
Infine ultimo progetto premiato quello dell’Istituto Tecnico Superiore Energia e Ambiente. L'ITS è un nuovo canale formativo nazionale, riconosciuto dal Ministero della Pubblica istruzione, nato con l'obiettivo di formare tecnici superiori specializzati in efficienza energetica e nell'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili. Opera in provincia di Arezzo, Grosseto e Siena. Questo percorso di studi assume così, un valore strategico nel campo dello sviluppo, sia a livello nazionale sia locale, un’istituzione che negli anni potrà divenire un vero e proprio laboratorio in grado di coniugare energia, ambiente e occupazione. (aise)
Due impianti fotovoltaici totalmente integrati sul tetto degli stabilimenti aziendali in sostituzione di coperture contenenti amianto, un impianto di cogenerazione alimentato con biomasse locali utilizzate per il riscaldamento di una serra fotovoltaica, un progetto innovativo volto a individuare le migliori modalità costruttive e architettoniche per l’area mediterranea. E ancora: l'istituzione di un nuovo canale formativo nazionale, riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione, con l'obiettivo di formare tecnici superiori specializzati in efficienza energetica e nell'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili.
Si è svolto a Festambiente, la manifestazione nazionale di Legambiente in corso di svolgimento a Rispescia (Gr), il Premio Nazionale Buone Pratiche per le Energie Rinnovabili dove vengono selezionati i progetti più significativi nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica scelti dal Centro Nazionale per le energie rinnovabili di Legambiente. Interventi innovativi e "un po’ speciali" per implementare efficienza, risparmio e sviluppo energetici, investendo nell’energia verde. Dal solare fotovoltaico e termico, all’eolico, la geotermia e le biomasse sono diverse le fonti pulite e le possibili modalità del loro impiego sul territorio. Tutto sta nel trovare, di volta in volta, la chiave giusta per rispondere al proprio fabbisogno e tradurre gli investimenti in un risparmio concreto di denaro e di CO2.
"Gli interventi premiati oggi dimostrano come le rinnovabili siano la risposta più intelligente, moderna ed economica per ridurre i fabbisogni di famiglie e aziende", spiega Edoardo Zanchini, responsabile energia e territorio di Legambiente. "Per rispondere al fabbisogno energetico delle famiglie e ridurre il costo delle bollette, arginare allo stesso tempo il cambiamento climatico, l’Italia deve puntare, infatti, su un modello di generazione distribuita fatto di tanti piccoli impianti e di una grande iniezione di investimenti nell’efficienza energetica. È una prospettiva che può avere un effetto straordinario non solo in termini di risparmio, di riduzione dei consumi e delle importazioni di fonti fossili, ma anche in termini di innovazione, migliorando il benessere e la qualità della vita".
Ecco allora i premiati.
L’azienda IGUZZINI Illuminazioni S.p.a. di Recanati in provincia di Macerata per l’installazione di un impianto fotovoltaico totalmente integrato da 1,6 MWp sul tetto degli stabilimenti aziendali in sostituzione delle precedenti coperture contenenti amianto. Un progetto significativo che oltre ad apportare indubbi benefici ambientali legati alla produzione di energia pulita ha contribuito al bando dell’amianto dagli ambienti di lavoro; altro premiato la Cooperativa Agricola A.R.P., agricoltori riuniti Piacentini, per aver installato un impianto fotovoltaico totalmente integrato da 975 kWp in sostituzione di coperture contenenti amianto. Un’interessante soluzione in ambito di multifunzionalità aziendale in campo agricolo realizzato con criteri di integrazione architettonica, messo in pratica da una cooperativa di 100 aziende agricole.
Premiata anche la Toscana con la società cooperativa agricola Valle Bruna per la realizzazione di un impianto di cogenerazione della potenza elettrica da 250 kW alimentato con biomasse di provenienza locale. L'energia termica prodotta viene utilizzata per il riscaldamento di una serra fotovoltaica ospitante un impianto da 1 MWp. L'intervento è molto significativo perché integra più fonti rinnovabili (fotovoltaico e biomasse) per la produzione e l'utilizzo sia di energia elettrica che di calore.
Altro premio al progetto Abitare Mediterraneo, che vede coinvolta l'Università degli Studi di Firenze, la Regione Toscana e numerose aziende partner, volto a individuare le migliori modalità architettoniche per realizzare costruzioni che sappiano rispondere alle esigenze climatiche, energetiche e sociali del contesto mediterraneo. Il progetto Abitare mediterraneo riceve il premio perchè stimola e incentiva la nascita di una vera e propria filiera costruttiva locale, mettendo in rete un numero consistente di aziende toscane, in un'ottica di ricerca e innovazione, fornendo al tempo stesso una risposta ai problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici e alla crisi del settore edilizio tradizionale.
Infine ultimo progetto premiato quello dell’Istituto Tecnico Superiore Energia e Ambiente. L'ITS è un nuovo canale formativo nazionale, riconosciuto dal Ministero della Pubblica istruzione, nato con l'obiettivo di formare tecnici superiori specializzati in efficienza energetica e nell'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili. Opera in provincia di Arezzo, Grosseto e Siena. Questo percorso di studi assume così, un valore strategico nel campo dello sviluppo, sia a livello nazionale sia locale, un’istituzione che negli anni potrà divenire un vero e proprio laboratorio in grado di coniugare energia, ambiente e occupazione. (aise)
Angady e zebù
In piedi nel campo, una fionda nella mano, un contadino scaccia gli uccelli con colpi precisi e veloci. Uno di loro caccia un urlo e vola via dopo essere stato colpito e il contadino smette un secondo di ridere solo per badare alla pentola di riso che gorgoglia ai suoi piedi.
Si chiama Mami Niriana Rakoto e, come molti altri contadini – e in Madagascar sono contadini otto persone su dieci – vive letteralmente di riso. Ne mangia quasi un chilo al giorno (il 60-70% delle calorie quotidiane) e i suoi guadagni dipendono esclusivamente dal surplus che riesce a vendere. Pianta, coltiva e raccoglie con l’ausilio di un solo attrezzo: l’angady, una vanga fatta a mano. La moglie intreccia cestini per trasportare, insieme ai figli, le piantine di riso per il trapianto. Il loro ettaro e mezzo di terra si trova a un chilometro dalla riserva di Andasibe e, al mattino, Rakoto può sentire i lemuri indiri indiri chiamarsi l’un l’altro, dalle cime ondeggianti dei palissandri.
Quando ha riso da vendere, aggiunge il suo sacco al carro trascinato da un gobbo zebù che il vicino guida fino al mercato di Moramanga. Un altro zebù tira l’aratro nel campo; qui, al contrario di molte altre aree del Madagascar, l’utilizzo dell’attrezzo non è proibito da un complicato sistema di tabù, denominato fady. Nelle aree dove gli aratri sono fady, i contadini fanno semplicemente camminare gli zebù sui campi, con il limitato effetto di areare il fango con gli zoccoli.
La famiglia di Rakoto mangia riso tre volte al giorno: cotto in una zuppa con erbe selvatiche a colazione, condito con peperoncino e sale a pranzo, e, per cena, accompagnato da pollo bollito, uova fritte, lenticchie o foglie di cassava pestate e cotte nell’olio di palma. Si pasteggia normalmente con rano-pangu, l’acqua di cottura del riso, mentre, dopo cena, Rakoto si concede alcuni bicchierini di toka-gasy, una specie di rum dolciastro prodotto in casa (la canna da zucchero cresce in un piccolo campo al limite del suo terreno).
A differenza degli agricoltori, la maggior parte dei malgasci che vivono in città mangiano riso importato. In particolare pakistano, che costa come quello locale (o leggermente di più), ed è più pulito. I locali, infatti, fanno asciugare le spighe sulla terra e usano un mortaio per pilare: il prodotto finale, quindi, spesso ha chicchi rotti e un’alta percentuale di impurità.
Tra le varietà del Madagascar ce n’è una – dal colore rosso scuro – che si vende più facilmente delle altre. Chiamata Varymena nel dialetto locale, è considerata indigena dell’isola. Probabilmente, gli Indonesiani che colonizzarono l'isola nell’anno Mille portarono con sé varietà Japonica bianche della specie Oryza sativa, che si sono poi incrociate con quelle selvatiche e rosse dell'isola. Il risultato è una varietà metà asiatica e metà africana con un gusto ricco e note di nocciola. Ricco di vitamine, secondo le anziane malgasce il Varymena deve essere tenuto da parte per i vecchi, i bambini e i malati.
Rakoto riserva un pezzo del suo terreno al Varymena per la sua famiglia, ma la sua coltivazione è sempre più rara a causa delle rese molto basse (forse legate ai suoi antenati selvatici) e dei prezzi spuntati sul mercato. Quel poco che arriva in città, infatti, viene deprezzato per la lavorazione rustica e imperfetta e vale la metà rispetto al riso bianco importato dal Pakistan.
Tuttavia è stato dimostrato che il Varymena ha le potenzialità per ottenere rese più alte: la combinazione di questa antica varietà con le moderne tecniche agronomiche potrebbe permetterne la coltivazione su scala commerciale. E date le ottime qualità organolettiche, si potrebbe investire in una filiera di qualità, valorizzandolo sul mercato locale e internazionale.
Anya Fernald – Sloweek
Si chiama Mami Niriana Rakoto e, come molti altri contadini – e in Madagascar sono contadini otto persone su dieci – vive letteralmente di riso. Ne mangia quasi un chilo al giorno (il 60-70% delle calorie quotidiane) e i suoi guadagni dipendono esclusivamente dal surplus che riesce a vendere. Pianta, coltiva e raccoglie con l’ausilio di un solo attrezzo: l’angady, una vanga fatta a mano. La moglie intreccia cestini per trasportare, insieme ai figli, le piantine di riso per il trapianto. Il loro ettaro e mezzo di terra si trova a un chilometro dalla riserva di Andasibe e, al mattino, Rakoto può sentire i lemuri indiri indiri chiamarsi l’un l’altro, dalle cime ondeggianti dei palissandri.
Quando ha riso da vendere, aggiunge il suo sacco al carro trascinato da un gobbo zebù che il vicino guida fino al mercato di Moramanga. Un altro zebù tira l’aratro nel campo; qui, al contrario di molte altre aree del Madagascar, l’utilizzo dell’attrezzo non è proibito da un complicato sistema di tabù, denominato fady. Nelle aree dove gli aratri sono fady, i contadini fanno semplicemente camminare gli zebù sui campi, con il limitato effetto di areare il fango con gli zoccoli.
La famiglia di Rakoto mangia riso tre volte al giorno: cotto in una zuppa con erbe selvatiche a colazione, condito con peperoncino e sale a pranzo, e, per cena, accompagnato da pollo bollito, uova fritte, lenticchie o foglie di cassava pestate e cotte nell’olio di palma. Si pasteggia normalmente con rano-pangu, l’acqua di cottura del riso, mentre, dopo cena, Rakoto si concede alcuni bicchierini di toka-gasy, una specie di rum dolciastro prodotto in casa (la canna da zucchero cresce in un piccolo campo al limite del suo terreno).
A differenza degli agricoltori, la maggior parte dei malgasci che vivono in città mangiano riso importato. In particolare pakistano, che costa come quello locale (o leggermente di più), ed è più pulito. I locali, infatti, fanno asciugare le spighe sulla terra e usano un mortaio per pilare: il prodotto finale, quindi, spesso ha chicchi rotti e un’alta percentuale di impurità.
Tra le varietà del Madagascar ce n’è una – dal colore rosso scuro – che si vende più facilmente delle altre. Chiamata Varymena nel dialetto locale, è considerata indigena dell’isola. Probabilmente, gli Indonesiani che colonizzarono l'isola nell’anno Mille portarono con sé varietà Japonica bianche della specie Oryza sativa, che si sono poi incrociate con quelle selvatiche e rosse dell'isola. Il risultato è una varietà metà asiatica e metà africana con un gusto ricco e note di nocciola. Ricco di vitamine, secondo le anziane malgasce il Varymena deve essere tenuto da parte per i vecchi, i bambini e i malati.
Rakoto riserva un pezzo del suo terreno al Varymena per la sua famiglia, ma la sua coltivazione è sempre più rara a causa delle rese molto basse (forse legate ai suoi antenati selvatici) e dei prezzi spuntati sul mercato. Quel poco che arriva in città, infatti, viene deprezzato per la lavorazione rustica e imperfetta e vale la metà rispetto al riso bianco importato dal Pakistan.
Tuttavia è stato dimostrato che il Varymena ha le potenzialità per ottenere rese più alte: la combinazione di questa antica varietà con le moderne tecniche agronomiche potrebbe permetterne la coltivazione su scala commerciale. E date le ottime qualità organolettiche, si potrebbe investire in una filiera di qualità, valorizzandolo sul mercato locale e internazionale.
Anya Fernald – Sloweek
Madagascar della natura
Scoprire il Madagascar tra specie mai viste e natura incontaminata,tra balene e barriere coralline.
Un piccolo tesoro del continente africano, nonostante dal suo territorio si differenzi molto. Parliamo del Madagascar, luogo che per chi ama gli animali è un vero e proprio must per vedere, conoscere e rispettare specie davvero impossibili da osservare in altre parti del mondo. Più di 70 varietà di lemuri, camaleonti di ogni tipo ma anche i volatili più grandi del mondo. Piante carnivore, intorno a Ranomafama vi attendono con più di 60 varietà: è quindi il numero uno al mondo per priorità di conservazione per animalisti e non.
Per non parlare poi della splendida strada, nel Madagascar del Sud , dove potrete osservare foreste incredibili, ricche di Baobab, vicino Morandava: l' Avenue du Baobab. La natura qui è davvero impressionante, in senso positivo, ma non da meno la cultura e la popolazione che sarà pronta ad ospitarvi. Più di 2000 anni fa ecco che sulle rotte dell’Oceano Indiano il primo commercio fiorì crescendo pian piano proprio qui e se amate magia e taboo ecco il luogo per voi. Cascate, animali e oggetti per loro sono ricchi di attributi soprannaturali, così come le danze tipiche fatte spesso in memoria di cerimonie funebri. Non meno importanti le storie dei pirati, che potrete farvi raccontare dalla persone del luogo: il tutto sarà più credibile vedendo i relitti delle navi ancora presenti e gente cordiale che vi stupirà con una cucina regionale di altissimo livello.
Atmosfere indimenticabili per un paradiso terrestre, ma anche escursioni che potrete decidere voi in questi paesaggi primordiali dove rispetto di natura e tradizione vige su tutto! Potrete ammirare dalla foresta pluviale alla steppa più desolata, alitpiani ricchi di vegetazione ma anche spiagge da paradiso. Ecco la varietà che un territorio del genere sa regalare! Numerosissimi parchi vi porteranno per visite guidate che non vale la pena perdere, ma godetevi anche l’ampia varietà di lidi che certo vi sapranno incantare. Tra le zone più attrezzate a livello turistico ecco Nosy Be con la sua incantevole barriera corallina, ma anche l’isola di Saint Marie dove potrete vivere l'emozione delle balene che saltarno attorno alle vostre barchette tra Luglio e Settembre. Un Madagascar da sogno quindi , che non è solo spiagge, per un viaggio da non dimenticare.
Fonte: Libero Viaggi
Un piccolo tesoro del continente africano, nonostante dal suo territorio si differenzi molto. Parliamo del Madagascar, luogo che per chi ama gli animali è un vero e proprio must per vedere, conoscere e rispettare specie davvero impossibili da osservare in altre parti del mondo. Più di 70 varietà di lemuri, camaleonti di ogni tipo ma anche i volatili più grandi del mondo. Piante carnivore, intorno a Ranomafama vi attendono con più di 60 varietà: è quindi il numero uno al mondo per priorità di conservazione per animalisti e non.
Per non parlare poi della splendida strada, nel Madagascar del Sud , dove potrete osservare foreste incredibili, ricche di Baobab, vicino Morandava: l' Avenue du Baobab. La natura qui è davvero impressionante, in senso positivo, ma non da meno la cultura e la popolazione che sarà pronta ad ospitarvi. Più di 2000 anni fa ecco che sulle rotte dell’Oceano Indiano il primo commercio fiorì crescendo pian piano proprio qui e se amate magia e taboo ecco il luogo per voi. Cascate, animali e oggetti per loro sono ricchi di attributi soprannaturali, così come le danze tipiche fatte spesso in memoria di cerimonie funebri. Non meno importanti le storie dei pirati, che potrete farvi raccontare dalla persone del luogo: il tutto sarà più credibile vedendo i relitti delle navi ancora presenti e gente cordiale che vi stupirà con una cucina regionale di altissimo livello.
Atmosfere indimenticabili per un paradiso terrestre, ma anche escursioni che potrete decidere voi in questi paesaggi primordiali dove rispetto di natura e tradizione vige su tutto! Potrete ammirare dalla foresta pluviale alla steppa più desolata, alitpiani ricchi di vegetazione ma anche spiagge da paradiso. Ecco la varietà che un territorio del genere sa regalare! Numerosissimi parchi vi porteranno per visite guidate che non vale la pena perdere, ma godetevi anche l’ampia varietà di lidi che certo vi sapranno incantare. Tra le zone più attrezzate a livello turistico ecco Nosy Be con la sua incantevole barriera corallina, ma anche l’isola di Saint Marie dove potrete vivere l'emozione delle balene che saltarno attorno alle vostre barchette tra Luglio e Settembre. Un Madagascar da sogno quindi , che non è solo spiagge, per un viaggio da non dimenticare.
Fonte: Libero Viaggi
VIAGGIO L’arte? S'impara a Pietrasanta
Per seguire le orme di Botero, Mitoraj e Yasuda, giovani da tutto il mondo vengono a bottega nei laboratori del marmo. E nel piccolo borgo della Versilia si moltiplicano atelier, studios e grandi eventi: D’artista
DALLA SCANDINAVIA, dalla Francia e dalla Turchia. Persino da un isolotto al largo del Madagascar. I giovani che vogliono imparare l’arte e, soprattutto, il mestiere vanno a Pietrasanta. La polvere del marmo sui volti e sui vestiti, il rumore degli scalpelli, accenti diversi che s’intrecciano: un tempo i laboratori del marmo erano oltre cento, ora raggiungono appena la ventina. Ma chi segue le orme di Fernando Botero, Igor Mitoraj e Kan Yasuda scegliendo Pietrasanta come bottega dove lavorare, trova in questo piccolo borgo a un passo dal mare di Versilia un'atmosfera da piccola Atene. Dinamica e all’avanguardia. Ed è con questo spirito che si consuma l’estate 2011, nel segno di Pi.Co. - Pietrasanta Contemporanea, contenitore di mostre ed eventi: pittura, scultura e design. Ma anche fotografia, installazioni e performance. Si è partiti con "Sopra/ naturale. La forma che riflette" (fino al 28 agosto), un percorso espositivo di sculture, dipinti, video art. Protagonisti, Loris Cecchini e Alberto Garutti, il belga Jan Fabre e il camerunense Pascale Marthine Tayou.
Interessanti anche "Cabinet de Dessin" (a Villa la Versiliana, fino all'11 settembre), dialogo sul valore progettuale ed espressivo del disegno - con opere di Dennis Oppenheim, Omar Galliani, Gianni Politi - e "Una corrente di aria fresca e leggera" (Palazzo Panichi, fino al 28 agosto) con artisti che interpretano in maniera originale il tema del paesaggio. Un long weekend di fine estate è dunque d’obbligo per fare shopping d'artista tra studios e atelier in riva al mare. Un concentrato di creatività sono i laboratori del marmo come Studio Sem, che negli anni '60 produceva per Henry Moore e Mirò. Basta varcarne il cancello (quasi sempre aperto) per respirare l’atmosfera internazionale di artisti che producono sculture, naturalmente in marmo. Quello di Carrara è ancora considerato pregiatissimo per la sua purezza. Le cave si possono visitare tutti i giorni (carraramarble.it) o con la guida dello scultore Neil Barab dal 4 settembre al 31 ottobre (prenotazioni e pacchetti speciali: Hotel Byron di Forte dei Marmi, hotelbyron.net). LoStudio Sem è a pochi passi da piazza Duomo, cuore storico dove si concentrano alcune delle gallerie più d’avanguardia, da Marco Rossi Arte contemporanea, con le sue esposizioni di pittura astratta, a Flora Bigai, attenta alla Pop Art, a Sylvia Loew, proveniente da San Paolo del Brasile, la cui produzione artistica si estende dai vasi e oggetti in ceramica a sculture in marmo o bronzo.
Intorno, le vie del passeggio: è qui che s’incontra lo smart set dell’estate versiliana. L’appuntamento all’ora dell’aperitivo è al bar Michelangelo(piazza Duomo 23). Per una buona frittura di pesce azzurro si va da Quarantuno, delizioso ristorante con dehors gestito da quattro donne: ricercato, attento alle materie prime, con una piccola boutique gourmand all’interno. Accanto c’è Carla Castellana, boutique di arte e design che propone anche griffatissime borse vintage e gioielli in resina. In zona, si mangia in compagnia di scultori e pittori all’Enoteca Marcucci, un must per la cucina local. Nella stessa via si trova l’atelier di Paolo Milani: stoffe pregiate e creatività per modelli che sembrano usciti da una quinta teatrale. Impossibile non notarlo. Tra gli habitué, Sophia Vari, moglie di Botero. Stile più contemporaneo da Zoe: tre boutique, per lui, per lei e per i piccoli, con linguaggi stilistici differenti, ma lo stesso leitmotiv: un’estetica raffinata. L’eleganza caratterizza anche l’hotel Palazzo Guiscardo, in stile Liberty, così come Villa Corte Lottiche ha camere di charme con pavimenti in marmo (ovviamente di Carrara) e boiseries in mogano e Locanda Pietrasantese, con suite che si affacciano sulla Cattedrale.
Uscendo dal centro, la passeggiata a mare porta a Marina di Pietrasanta, al Texas Beach Versilia: qui,una sessantina di comode tende total white, a distanza di sicurezza, una piscina olimpionica e un ristorante pieds dans la sable. Basta spostarsi verso Pisa, a Marina di Vecchiano, per trovare un'atmosfera più selvaggia: chilometri di sabbia circondati dalla macchia di Migliarino e da dune dorate. Se da un lato la costa versiliese affascina con i suoi chilometri di spiaggia, dall’altro la montagna e i suoi borghi, meno battuti e solitari, sono ancora più incantevoli. Come Candalla, alla base del monte Penna, nella zona di Camaiore. L’itinerario lungo il rio Lombricese (oasidilombrici. com) porta a mulini, frantoi e antiche fabbriche di pasta per arrivare alle polle di acqua cristallina immerse nel bosco. Per la sosta gourmand, l’Osteria Cadalla. Tra le mura di un antico mulino, circondato da corsi d’acqua e cascate, il ristorante ristrutturato dall’architetto Giulio Luccio è unico. In tavola, i sapori autentici toscani.
Fonte: www.leiweb.it
DALLA SCANDINAVIA, dalla Francia e dalla Turchia. Persino da un isolotto al largo del Madagascar. I giovani che vogliono imparare l’arte e, soprattutto, il mestiere vanno a Pietrasanta. La polvere del marmo sui volti e sui vestiti, il rumore degli scalpelli, accenti diversi che s’intrecciano: un tempo i laboratori del marmo erano oltre cento, ora raggiungono appena la ventina. Ma chi segue le orme di Fernando Botero, Igor Mitoraj e Kan Yasuda scegliendo Pietrasanta come bottega dove lavorare, trova in questo piccolo borgo a un passo dal mare di Versilia un'atmosfera da piccola Atene. Dinamica e all’avanguardia. Ed è con questo spirito che si consuma l’estate 2011, nel segno di Pi.Co. - Pietrasanta Contemporanea, contenitore di mostre ed eventi: pittura, scultura e design. Ma anche fotografia, installazioni e performance. Si è partiti con "Sopra/ naturale. La forma che riflette" (fino al 28 agosto), un percorso espositivo di sculture, dipinti, video art. Protagonisti, Loris Cecchini e Alberto Garutti, il belga Jan Fabre e il camerunense Pascale Marthine Tayou.
Interessanti anche "Cabinet de Dessin" (a Villa la Versiliana, fino all'11 settembre), dialogo sul valore progettuale ed espressivo del disegno - con opere di Dennis Oppenheim, Omar Galliani, Gianni Politi - e "Una corrente di aria fresca e leggera" (Palazzo Panichi, fino al 28 agosto) con artisti che interpretano in maniera originale il tema del paesaggio. Un long weekend di fine estate è dunque d’obbligo per fare shopping d'artista tra studios e atelier in riva al mare. Un concentrato di creatività sono i laboratori del marmo come Studio Sem, che negli anni '60 produceva per Henry Moore e Mirò. Basta varcarne il cancello (quasi sempre aperto) per respirare l’atmosfera internazionale di artisti che producono sculture, naturalmente in marmo. Quello di Carrara è ancora considerato pregiatissimo per la sua purezza. Le cave si possono visitare tutti i giorni (carraramarble.it) o con la guida dello scultore Neil Barab dal 4 settembre al 31 ottobre (prenotazioni e pacchetti speciali: Hotel Byron di Forte dei Marmi, hotelbyron.net). LoStudio Sem è a pochi passi da piazza Duomo, cuore storico dove si concentrano alcune delle gallerie più d’avanguardia, da Marco Rossi Arte contemporanea, con le sue esposizioni di pittura astratta, a Flora Bigai, attenta alla Pop Art, a Sylvia Loew, proveniente da San Paolo del Brasile, la cui produzione artistica si estende dai vasi e oggetti in ceramica a sculture in marmo o bronzo.
Intorno, le vie del passeggio: è qui che s’incontra lo smart set dell’estate versiliana. L’appuntamento all’ora dell’aperitivo è al bar Michelangelo(piazza Duomo 23). Per una buona frittura di pesce azzurro si va da Quarantuno, delizioso ristorante con dehors gestito da quattro donne: ricercato, attento alle materie prime, con una piccola boutique gourmand all’interno. Accanto c’è Carla Castellana, boutique di arte e design che propone anche griffatissime borse vintage e gioielli in resina. In zona, si mangia in compagnia di scultori e pittori all’Enoteca Marcucci, un must per la cucina local. Nella stessa via si trova l’atelier di Paolo Milani: stoffe pregiate e creatività per modelli che sembrano usciti da una quinta teatrale. Impossibile non notarlo. Tra gli habitué, Sophia Vari, moglie di Botero. Stile più contemporaneo da Zoe: tre boutique, per lui, per lei e per i piccoli, con linguaggi stilistici differenti, ma lo stesso leitmotiv: un’estetica raffinata. L’eleganza caratterizza anche l’hotel Palazzo Guiscardo, in stile Liberty, così come Villa Corte Lottiche ha camere di charme con pavimenti in marmo (ovviamente di Carrara) e boiseries in mogano e Locanda Pietrasantese, con suite che si affacciano sulla Cattedrale.
Uscendo dal centro, la passeggiata a mare porta a Marina di Pietrasanta, al Texas Beach Versilia: qui,una sessantina di comode tende total white, a distanza di sicurezza, una piscina olimpionica e un ristorante pieds dans la sable. Basta spostarsi verso Pisa, a Marina di Vecchiano, per trovare un'atmosfera più selvaggia: chilometri di sabbia circondati dalla macchia di Migliarino e da dune dorate. Se da un lato la costa versiliese affascina con i suoi chilometri di spiaggia, dall’altro la montagna e i suoi borghi, meno battuti e solitari, sono ancora più incantevoli. Come Candalla, alla base del monte Penna, nella zona di Camaiore. L’itinerario lungo il rio Lombricese (oasidilombrici. com) porta a mulini, frantoi e antiche fabbriche di pasta per arrivare alle polle di acqua cristallina immerse nel bosco. Per la sosta gourmand, l’Osteria Cadalla. Tra le mura di un antico mulino, circondato da corsi d’acqua e cascate, il ristorante ristrutturato dall’architetto Giulio Luccio è unico. In tavola, i sapori autentici toscani.
Fonte: www.leiweb.it
L'Africa australe tra stallo politico, speranza per il futuro e difesa dell'ambiente
Umberto Mazzantini
Si conclude a Luanda, capitale dell'Angola, il trentunesimo summit della Southern African Development Community (Sadc) la Comunità dell'Africa australe che riunisce Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Sudafrica, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbabwe. La presidenza di turno della Sadc è stata assunta ieri del presidente angolano José Eduardo dos Santos che ha illustrato le azioni da intraprendere per rispettare il tema del summit: «Consolidare le basi per l'integrazione regionale, sviluppare le infrastrutture per facilitare gli scambi commerciali e la liberalizzazione economica». Una serie di obiettivi che sono anche sfide politiche, visto che nella Sadc siedono governi che ancora si richiamano teoricamente ad ideali socialisti, dittature come lo Zimbabwe che ben poco hanno a che vedere con la libertà e Stati dove il liberismo ha assunto l'aspetto più crudele della rapina delle risorse, dello sfruttamento dell'uomo, della violenza e della guerra. Mentre si plaude alla libera circolazione delle merci, proprio dal Paese ospitante, l'Angola, viene l'allarme per "l'invasione silenziosa" di migranti clandestini, lo stesso accade in Sudafrica con gli zimbabweani. A guardare bene nel mazzo di questi Paesi, colpiti dalla maledizione del petrolio, gli unici tre esempi "felici" sono il Botswana democratico, il piccolo Stato insulare turistico di Mauritius e la vasta, deserta e spopolata Namibia che sta vendendo tutte le sue risorse di uranio e minerarie. Negli altri Paesi la transizione dal "socialismo" post-coloniale al libero mercato affoga spesso nella corruzione che ha aperto un abisso tra i super-ricchi e i sempre più poveri e anche le democrazie "liberali" africane sono in crisi, a cominciare dal Malawi, fiore all'occhiello del Fondo monetario internazionale, precipitato di recente in scontri di piazza e nella sanguinosa repressione poliziesca del regime. Le differenze e le difficoltà dell'Africa australe erano evidenti nei volti dei capi di Stato e di governo saliti in tribuna, vecchi e nuovi, ma spesso esponenti di regimi immutabili: i presidenti di Mozambico Armando Gebuza, Sudafrica Jacob Zuma, Zimbabwe, Robert Mugabe, Namibia Lucas Pohamba, Repubblica del Congo Joseph Kabila oltre al re dello Swaziland Mswati III, i primi ministri del Lesotho Pakalitha Musisili e dello Zimbabwe, Morgan Tsvangirai, i vice-presidenti della Tanzania Mohammed Gharib, della Zambia George Konda e del Bostwana Monpati Merafhe. Con Robert Mugabe, come simbolo della tragedia politica africana, che ha contato ancora sul sostegno del presidente sudafricano Jacob Zuma per sdoganare per l'ennesima volta il suo regime in un consesso internazionale. Ma il summit dovrebbe dare il via libera anche a qualcosa di molto positivo ed importante, secondo l'Agenzia Fides, «diventa sempre più concreta la creazione di un'area ecologicamente protetta nella regione transfrontaliera Kavango Zambesi». La Kavango-Zambezi Transfrontier Conservation Area (Kaza-Tfca)». Secondo il giornale angolano "Apostolado", «si tratta di un'iniziativa di sviluppo sostenibile che comprende cinque Paesi africani e permetterà il collegamento di 14 aree di importanza internazionale. Con una lunghezza di 278mila chilometri quadrati, l'area interessa Angola, Botswana, Namibia, Zambia e Zimbabwe». In Angola, il progetto riguarda la provincia sudorientale di Kubango e comprende 6 aree ambientali: 2 riserve parziali, Luiana e Mavinga, e 4 zone di caccia pubbliche, Mucusso, Long-Mavinga, Luengo e Luiana, che si estendono su una superficie di circa 87 mila chilometri quadrati. Un rapporto della Direzione Nazionale angolana della Biodiversità sottolinea che «il progetto mira a stabilire una zona di conservazione naturale transfrontaliera e di destinazione internazionale per l'eco-turismo nelle regioni del bacino idrografico dei fiumi Kavango e Zambesi». Il progetto è all'esame dei 5 Stati e l'accordo definitivo dovrebbe essere firmato entro la fine dell'anno. Intanto sono già stati istituiti i diversi gruppi tecnici che si occupano di salvaguardia dell'ambiente, comunità locali, difesa e sicurezza, comunicazioni e turismo. La Fides spiega che «tra gli altri obiettivi, il progetto mira anche a conservare la biodiversità, a ripartire i benefici delle risorse naturali, a permettere lo sviluppo sostenibile delle comunità locali e l'eco-turismo».
Fonte: Greenreport
Si conclude a Luanda, capitale dell'Angola, il trentunesimo summit della Southern African Development Community (Sadc) la Comunità dell'Africa australe che riunisce Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Sudafrica, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbabwe. La presidenza di turno della Sadc è stata assunta ieri del presidente angolano José Eduardo dos Santos che ha illustrato le azioni da intraprendere per rispettare il tema del summit: «Consolidare le basi per l'integrazione regionale, sviluppare le infrastrutture per facilitare gli scambi commerciali e la liberalizzazione economica». Una serie di obiettivi che sono anche sfide politiche, visto che nella Sadc siedono governi che ancora si richiamano teoricamente ad ideali socialisti, dittature come lo Zimbabwe che ben poco hanno a che vedere con la libertà e Stati dove il liberismo ha assunto l'aspetto più crudele della rapina delle risorse, dello sfruttamento dell'uomo, della violenza e della guerra. Mentre si plaude alla libera circolazione delle merci, proprio dal Paese ospitante, l'Angola, viene l'allarme per "l'invasione silenziosa" di migranti clandestini, lo stesso accade in Sudafrica con gli zimbabweani. A guardare bene nel mazzo di questi Paesi, colpiti dalla maledizione del petrolio, gli unici tre esempi "felici" sono il Botswana democratico, il piccolo Stato insulare turistico di Mauritius e la vasta, deserta e spopolata Namibia che sta vendendo tutte le sue risorse di uranio e minerarie. Negli altri Paesi la transizione dal "socialismo" post-coloniale al libero mercato affoga spesso nella corruzione che ha aperto un abisso tra i super-ricchi e i sempre più poveri e anche le democrazie "liberali" africane sono in crisi, a cominciare dal Malawi, fiore all'occhiello del Fondo monetario internazionale, precipitato di recente in scontri di piazza e nella sanguinosa repressione poliziesca del regime. Le differenze e le difficoltà dell'Africa australe erano evidenti nei volti dei capi di Stato e di governo saliti in tribuna, vecchi e nuovi, ma spesso esponenti di regimi immutabili: i presidenti di Mozambico Armando Gebuza, Sudafrica Jacob Zuma, Zimbabwe, Robert Mugabe, Namibia Lucas Pohamba, Repubblica del Congo Joseph Kabila oltre al re dello Swaziland Mswati III, i primi ministri del Lesotho Pakalitha Musisili e dello Zimbabwe, Morgan Tsvangirai, i vice-presidenti della Tanzania Mohammed Gharib, della Zambia George Konda e del Bostwana Monpati Merafhe. Con Robert Mugabe, come simbolo della tragedia politica africana, che ha contato ancora sul sostegno del presidente sudafricano Jacob Zuma per sdoganare per l'ennesima volta il suo regime in un consesso internazionale. Ma il summit dovrebbe dare il via libera anche a qualcosa di molto positivo ed importante, secondo l'Agenzia Fides, «diventa sempre più concreta la creazione di un'area ecologicamente protetta nella regione transfrontaliera Kavango Zambesi». La Kavango-Zambezi Transfrontier Conservation Area (Kaza-Tfca)». Secondo il giornale angolano "Apostolado", «si tratta di un'iniziativa di sviluppo sostenibile che comprende cinque Paesi africani e permetterà il collegamento di 14 aree di importanza internazionale. Con una lunghezza di 278mila chilometri quadrati, l'area interessa Angola, Botswana, Namibia, Zambia e Zimbabwe». In Angola, il progetto riguarda la provincia sudorientale di Kubango e comprende 6 aree ambientali: 2 riserve parziali, Luiana e Mavinga, e 4 zone di caccia pubbliche, Mucusso, Long-Mavinga, Luengo e Luiana, che si estendono su una superficie di circa 87 mila chilometri quadrati. Un rapporto della Direzione Nazionale angolana della Biodiversità sottolinea che «il progetto mira a stabilire una zona di conservazione naturale transfrontaliera e di destinazione internazionale per l'eco-turismo nelle regioni del bacino idrografico dei fiumi Kavango e Zambesi». Il progetto è all'esame dei 5 Stati e l'accordo definitivo dovrebbe essere firmato entro la fine dell'anno. Intanto sono già stati istituiti i diversi gruppi tecnici che si occupano di salvaguardia dell'ambiente, comunità locali, difesa e sicurezza, comunicazioni e turismo. La Fides spiega che «tra gli altri obiettivi, il progetto mira anche a conservare la biodiversità, a ripartire i benefici delle risorse naturali, a permettere lo sviluppo sostenibile delle comunità locali e l'eco-turismo».
Fonte: Greenreport
Ciro Visone, imprenditore di successo al servizio della collettività
Nella mia continua ricerca di aziende innovative e capaci di cogliere nella crisi opportunità di crescita, mi ha fatto piacere imbattermi in un gruppo assicurativo, finanziario che opera pure nel settore aereo guidato da... un napoletano che si chiama Ciro.
Si tratta di Ciro Visone 58 anni, molto ben portati, occhi azzurri che lo fanno sembrare più cittadino del mondo e tombeur de femme, che padre assennato e manager capace... ma basta parlargli per capire che l’esperienza accumulata in tanti anni di lavoro è fatta con sacrifici e dedizione crescendo su nel contempo pure un figlio, Raffaele, che oggi inizia a distinguersi per il lavoro all’interno di un’azienda del gruppo.
Basta parlargli: sì bisogna far parlare la gente. Ma anche saperla ascoltare. Cosa che ho avuto il piacere di fare con Ciro Visone e scoprire un imprenditore capace di stare su più mercati e business diversi in più Paesi ma sempre con la testa (e il cuore!) a Napoli. Con orgoglio desideravo incontrare questo napoletano che ce l’ha fatta a tirar su un’azienda capace di creare valore e ricchezza per sé per i propri collaboratori e per il territorio. E cosi sono andato a trovarlo.
La sede degli Uffici è molto prestigiosa, impreziosita peraltro da una foresteria per il personale che transita alla sede, e centrale nell’area urbana di Napoli: a pochi passi dal centro direzionale in un centro servizi appositamente realizzato con parcheggi a pochi metri dai principali svincoli autostradali, in Via Poggioreale.
Un vista molto bella sulla città, sul mare, segno di una visione capace di andare oltre il proprio territorio e i problemi di Napoli.
La storia di Ciro Visone è ancora tutta da scrivere per i margini di crescita che i suoi prodotti finanziari e assicurativi hanno; ma è pur vero che molto di quanto è stato fatto merita alcune considerazioni sul gruppo EMA Assistance.
In primo luogo, è ancora possibile guidare un’azienda con personale altamente specializzato a Napoli, vincendo le difficoltà del territorio che saranno sì maggiori ma per chi ci nasce diventa un forte motivo etico e un riconoscimento in più per gustare il meritato successo.
Il secondo punto riguarda la peculiarità oggettiva di EMA Assistance: concepire e realizzare un servizio assicurativo e finanziario innovativo, garantendo all’associato nel mondo, il soccorso aereo specializzato al costo di un caffè al giorno, è la migliore testimonianza di quanto un privato possa favorire assistenza sanitaria specializzata meglio di qualunque (carrozzone) pubblico.
Ultima (ma non la peggiore!) osservazione: Ciro Visone è un imprenditore di successo ma è pure un uomo attento al sociale e un volontario praticante. Molto ha fatto in Africa per la popolazioni sfortunate del Madagascar, tanto da ricevere il prestigioso riconoscimento dell’Assistenza al Consiglio Superiore della Transizione, massimo riconoscimento istituzionale malgascio.
L’esperienza di Ciro Visone mi fa tornare in mente gli studi di politica economica del grande professore Albert Hirschman perchè nel conoscerlo mi chiedo quanto conta lo studio e l’impegno per realizzare un’azienda internazionale di successo e quanto invece la motivazione, la passione di rendersi utile in modo originale per la propria società, il proprio territorio la propria famiglia. Interessi e passioni dunque camminano a braccetto e rappresentano meglio di ogni altra cosa la vita anche in termini di cause e di effetti dell’impresa di Visone che proveremo a raccontare nel prossimo numero del giornale.
Buona lettura
Massimo Lucidi
Fonte: informazione.it - comunicati stampa
Si tratta di Ciro Visone 58 anni, molto ben portati, occhi azzurri che lo fanno sembrare più cittadino del mondo e tombeur de femme, che padre assennato e manager capace... ma basta parlargli per capire che l’esperienza accumulata in tanti anni di lavoro è fatta con sacrifici e dedizione crescendo su nel contempo pure un figlio, Raffaele, che oggi inizia a distinguersi per il lavoro all’interno di un’azienda del gruppo.
Basta parlargli: sì bisogna far parlare la gente. Ma anche saperla ascoltare. Cosa che ho avuto il piacere di fare con Ciro Visone e scoprire un imprenditore capace di stare su più mercati e business diversi in più Paesi ma sempre con la testa (e il cuore!) a Napoli. Con orgoglio desideravo incontrare questo napoletano che ce l’ha fatta a tirar su un’azienda capace di creare valore e ricchezza per sé per i propri collaboratori e per il territorio. E cosi sono andato a trovarlo.
La sede degli Uffici è molto prestigiosa, impreziosita peraltro da una foresteria per il personale che transita alla sede, e centrale nell’area urbana di Napoli: a pochi passi dal centro direzionale in un centro servizi appositamente realizzato con parcheggi a pochi metri dai principali svincoli autostradali, in Via Poggioreale.
Un vista molto bella sulla città, sul mare, segno di una visione capace di andare oltre il proprio territorio e i problemi di Napoli.
La storia di Ciro Visone è ancora tutta da scrivere per i margini di crescita che i suoi prodotti finanziari e assicurativi hanno; ma è pur vero che molto di quanto è stato fatto merita alcune considerazioni sul gruppo EMA Assistance.
In primo luogo, è ancora possibile guidare un’azienda con personale altamente specializzato a Napoli, vincendo le difficoltà del territorio che saranno sì maggiori ma per chi ci nasce diventa un forte motivo etico e un riconoscimento in più per gustare il meritato successo.
Il secondo punto riguarda la peculiarità oggettiva di EMA Assistance: concepire e realizzare un servizio assicurativo e finanziario innovativo, garantendo all’associato nel mondo, il soccorso aereo specializzato al costo di un caffè al giorno, è la migliore testimonianza di quanto un privato possa favorire assistenza sanitaria specializzata meglio di qualunque (carrozzone) pubblico.
Ultima (ma non la peggiore!) osservazione: Ciro Visone è un imprenditore di successo ma è pure un uomo attento al sociale e un volontario praticante. Molto ha fatto in Africa per la popolazioni sfortunate del Madagascar, tanto da ricevere il prestigioso riconoscimento dell’Assistenza al Consiglio Superiore della Transizione, massimo riconoscimento istituzionale malgascio.
L’esperienza di Ciro Visone mi fa tornare in mente gli studi di politica economica del grande professore Albert Hirschman perchè nel conoscerlo mi chiedo quanto conta lo studio e l’impegno per realizzare un’azienda internazionale di successo e quanto invece la motivazione, la passione di rendersi utile in modo originale per la propria società, il proprio territorio la propria famiglia. Interessi e passioni dunque camminano a braccetto e rappresentano meglio di ogni altra cosa la vita anche in termini di cause e di effetti dell’impresa di Visone che proveremo a raccontare nel prossimo numero del giornale.
Buona lettura
Massimo Lucidi
Fonte: informazione.it - comunicati stampa
sabato 20 agosto 2011
Il Madagascar e qualche regola da rispettare
Molti turisti si avventurano in Madagascar alla ricerca di un posto piacevole, tropicale, ricco di flora e fauna, portando con loro abitudini e desideri, che a volte non corrispondono veramente alla mentalità dell'isola.
Vediamo quali sono le abitudini da lasciare a casa!
In primo luogo, il Madagascar è un paese ancora pudico, dove baciarsi in pubblico non è molto praticato, né raccomandato. Da evitare anche ogni pratica di nudismo e topless o costumi poco coprenti in spiaggia. In secondo luogo, bisognerà tener conto nell'arco del soggiorno dei luoghi detti "fady" cioè"vietati" agli stranieri, ed evitare di attardarsi vicino alle tombe o di avere atteggiamenti irrispettosi vicino ad esse.
Si raccomanda particolarmente di evitare di dare soldi ai bambini mendicanti, spesso questi bambini vengono usati da genitori che li usano più per alcool che in cibo.
Quanto alla legislazione locale, partiamo dell’uso delle bevande alcoliche che, nonostante sia praticata in larga scala dagli stessi malgasci, vede una regolamentazione particolare su cui è bene informarsi. La consumazione di stupefacenti è proibita e punita con la detenzione: attenzione all'hashish che, per quanto tradizionalmente in vendita libera, in alcune regioni, è proibita e il possesso da parte di uno straniero è perseguita e sanzionata con la detenzione da parte dei tribunali.
Il sequestro di minori, dai 15 ai 18 anni, può causare una pena da 5 a 10 anni di carcere. La sottrazione di minori aventi meno di 15 anni è punita dai lavori forzati a vita. Si raccomandata di diffidare nei confronti dei genitori del luogo che, in cerca di guadagni, potrebbero tendervi qualche tranello (invitandovi a usufruire della prostituzione dei propri figli). Il governo malgascio ha dato vita a misure legislative e regolamentari particolarmente dissuasive nei confronti del delitto contro la moralità (per lottare contro la pedofilia).
Se non avete queste intenzioni e siete dei semplici turisti alla ricerca di sole e spiagge, ricordatevi che alcune spiagge (Tamatave città) sono pericolose a causa della presenza di squali. Ricordatevi anche che da dicembre ad aprile è la stagione delle piogge, mentre durante la stagione secca (da aprile a novembre) abbiamo molti venti nella regione di Diego Suarez. Da fine dicembre a marzo, principalmente nell'est dell'isola, abbiamo il passaggio di forti cicloni che possono causare danni ingenti (strade, hotel ecc).
Per quanto concerne le modalità di pagamento, e poiché è sempre in aumento la mini criminalità, gli stabilimenti bancari locali hanno tendenza, al di fuori di Antananarivo, a rifiutare i cambi degli assegni di viaggio ("Traveller's cheques"). Ai viaggiatori è raccomandato di tenerne conto, in quanto è consigliato munirsi di una carta di credito internazionale che permette di ritirare i soldi in moneta locale, almeno nele principali città delle province.
Fonte: .viaggi-madagascar.com
Gmg, iniziati gli incontri nelle diocesi
Arrivati anche i giovani dal Madagascar
Oltre 130.000 giovani di tutto il mondo stanno arrivando in Spagna in questi giorni per trascorrere alcuni giorni di convivenza con i giovani spagnoli come preparazione alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid. Le 65 diocesi di accoglienza, incluse la britannica Gibilterra e la francese Bayonne accoglieranno pellegrini di 137 Paesi dei cinque continenti: Taiwan, Madagascar, Burkina Faso, Sudafrica, Francia, Bielorussia, Malawi, Nigeria, Stati Uniti, Argentina, Qatar, Nuova Zelanda, Haiti, per fare qualche nome.
Motivo di rinnovamento. “I Giorni nelle diocesi sono un grande modo per preparare la Gmg. Sono appena iniziati e in poco tempo già stanno rinnovando i giovani che vengono da ogni parte del mondo e i loro coetanei di questa città”, ha spiegato Javier Igea, responsabile di questo programma. Il piano per questi giorni varia da un luogo all’altro e contempla attività culturali, visite storiche, momenti di festa e anche tempi di preghiera e celebrazioni nei santuari che fanno parte dell’identità religiosa locale. Così, per esempio, i pellegrini francesi accolti nella diocesi di Oviedo hanno previsto di visitare il santuario della Virgen de Covadonga. Dal canto suo, la delegazione italiana pure visiterà lo stesso santuario e andranno a Santiago de Compostela, dove potranno visitare la tomba dell’Apostolo Giacomo.
Tante attività. Nei Giorni nelle diocesi si offre ai pellegrini alloggio gratuito nelle scuole, nei centri parrocchiali, polisportivi e case particolari. La collaborazione delle autorità locali è stata molto positiva. Nella città di Valladolid, durante i Giorni nelle diocesi, si celebreranno diverse attività spirituali, di volontariato sociale e gastronomiche. Oltre a “iniziare all’arte delle ‘tapas’” (antipasti tipici della cucina spagnola, ndr) i pellegrini provenienti da Tanzania, Filippine, India e Canada tra gli altri, si offrirà ai giovani la rappresentazione della Via Crucis organizzata dai ragazzi del Paese di Fresno del Viejo.
Accoglienza in famiglia. In altre città come Guadalajara sono i giovani accolti che parteciperanno all’organizzazione di un Festival dei Carismi. Sarà un’opportunità affinché gli stessi pellegrini possano far conoscere come vivono la fede nei loro Paesi, e, a loro volta, conoscere la cultura e la fede in Spagna. La accoglienza dei pellegrini si effettuerà attraverso le famiglie della diocesi. Molte di esse formate da giovani che hanno partecipato alle precedenti Giornate mondiali della gioventù e che furono accolti a loro volta da famiglie. In questo modo, cercheranno di far vivere ai pellegrini la stessa esperienza che hanno vissuto loro stessi in passato. Patricia e Jorge sono una giovane coppia di genitori di un figlio che hanno deciso di accogliere tre pellegrini della California nella loro casa di Guadalajara. “Noi abbiamo partecipato alla Gmg di Roma dell’anno 2000 e vivemmo i Giorni nelle diocesi accolti dalle famiglie della diocesi di Imola. La Giornata di Madrid è un’occasione per ricambiare quello che abbiamo ricevuto dieci anni fa e per permettere ai pellegrini che vengono di vivere l’esperienza dell’accoglienza in famiglia”, hanno spiegato.
Per i giovani in difficoltà. I giovani che provengono dai Paesi con maggiori difficoltà economiche partecipano gratuitamente a questo programma. Questo è il caso di Ciudad Real, dove saranno ospitati 230 haitiani che fanno parte dei 2.000 giovani stranieri che partecipano al programma della città. Una delle iniziative organizzate da questa diocesi è l’avvicinamento dei pellegrini alla cultura locale. Perciò si realizzerà una rappresentazione dei piatti tipici della zona, così come altri esempi della cultura locale con una manifestazione di cori e danze e un itinerario per conoscere la Settimana santa come si vive a Ciudad Real. Senza lasciare la Castilla-La Mancha, si può citare lo sforzo fatto dai volontari dell’accoglienza della città di Cuenca. Alzandosi all’alba, per arrivare a Madrid la mattina presto, la diocesi di Cuenca ha inviato i suoi volontari ad accogliere i pellegrini che accoglieranno durante i giorni previ della Gmg.
Conoscere meglio Teresa di Gesù. Avila, terra di origine di santa Teresa di Gesù, promuoverà attività riguardanti la figura della nota santa. Per esempio, i pellegrini potranno vivere un ritiro spirituale teresiano chiamato “Teresa di Gesù: radicata ed edificata in Cristo”. I giovani pellegrini potranno anche ammirare l’imponente architettura della muraglia della città con lo spettacolo di luci e suoni cui potranno assistere sabato 13 agosto. Questa iniziativa dei Giorni nelle diocesi iniziò nel 1997, con la Gmg di Parigi. Con tale iniziativa, la Chiesa di Francia volle raggiungere l’obiettivo che tutto il Paese accogliesse i pellegrini provenienti da altri Paesi. L’esperienza fu così positiva che si adottò anche nelle seguenti Giornate: Italia, Canada, Germania e Australia.
Fonte: Toscana Oggi
Oltre 130.000 giovani di tutto il mondo stanno arrivando in Spagna in questi giorni per trascorrere alcuni giorni di convivenza con i giovani spagnoli come preparazione alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid. Le 65 diocesi di accoglienza, incluse la britannica Gibilterra e la francese Bayonne accoglieranno pellegrini di 137 Paesi dei cinque continenti: Taiwan, Madagascar, Burkina Faso, Sudafrica, Francia, Bielorussia, Malawi, Nigeria, Stati Uniti, Argentina, Qatar, Nuova Zelanda, Haiti, per fare qualche nome.
Motivo di rinnovamento. “I Giorni nelle diocesi sono un grande modo per preparare la Gmg. Sono appena iniziati e in poco tempo già stanno rinnovando i giovani che vengono da ogni parte del mondo e i loro coetanei di questa città”, ha spiegato Javier Igea, responsabile di questo programma. Il piano per questi giorni varia da un luogo all’altro e contempla attività culturali, visite storiche, momenti di festa e anche tempi di preghiera e celebrazioni nei santuari che fanno parte dell’identità religiosa locale. Così, per esempio, i pellegrini francesi accolti nella diocesi di Oviedo hanno previsto di visitare il santuario della Virgen de Covadonga. Dal canto suo, la delegazione italiana pure visiterà lo stesso santuario e andranno a Santiago de Compostela, dove potranno visitare la tomba dell’Apostolo Giacomo.
Tante attività. Nei Giorni nelle diocesi si offre ai pellegrini alloggio gratuito nelle scuole, nei centri parrocchiali, polisportivi e case particolari. La collaborazione delle autorità locali è stata molto positiva. Nella città di Valladolid, durante i Giorni nelle diocesi, si celebreranno diverse attività spirituali, di volontariato sociale e gastronomiche. Oltre a “iniziare all’arte delle ‘tapas’” (antipasti tipici della cucina spagnola, ndr) i pellegrini provenienti da Tanzania, Filippine, India e Canada tra gli altri, si offrirà ai giovani la rappresentazione della Via Crucis organizzata dai ragazzi del Paese di Fresno del Viejo.
Accoglienza in famiglia. In altre città come Guadalajara sono i giovani accolti che parteciperanno all’organizzazione di un Festival dei Carismi. Sarà un’opportunità affinché gli stessi pellegrini possano far conoscere come vivono la fede nei loro Paesi, e, a loro volta, conoscere la cultura e la fede in Spagna. La accoglienza dei pellegrini si effettuerà attraverso le famiglie della diocesi. Molte di esse formate da giovani che hanno partecipato alle precedenti Giornate mondiali della gioventù e che furono accolti a loro volta da famiglie. In questo modo, cercheranno di far vivere ai pellegrini la stessa esperienza che hanno vissuto loro stessi in passato. Patricia e Jorge sono una giovane coppia di genitori di un figlio che hanno deciso di accogliere tre pellegrini della California nella loro casa di Guadalajara. “Noi abbiamo partecipato alla Gmg di Roma dell’anno 2000 e vivemmo i Giorni nelle diocesi accolti dalle famiglie della diocesi di Imola. La Giornata di Madrid è un’occasione per ricambiare quello che abbiamo ricevuto dieci anni fa e per permettere ai pellegrini che vengono di vivere l’esperienza dell’accoglienza in famiglia”, hanno spiegato.
Per i giovani in difficoltà. I giovani che provengono dai Paesi con maggiori difficoltà economiche partecipano gratuitamente a questo programma. Questo è il caso di Ciudad Real, dove saranno ospitati 230 haitiani che fanno parte dei 2.000 giovani stranieri che partecipano al programma della città. Una delle iniziative organizzate da questa diocesi è l’avvicinamento dei pellegrini alla cultura locale. Perciò si realizzerà una rappresentazione dei piatti tipici della zona, così come altri esempi della cultura locale con una manifestazione di cori e danze e un itinerario per conoscere la Settimana santa come si vive a Ciudad Real. Senza lasciare la Castilla-La Mancha, si può citare lo sforzo fatto dai volontari dell’accoglienza della città di Cuenca. Alzandosi all’alba, per arrivare a Madrid la mattina presto, la diocesi di Cuenca ha inviato i suoi volontari ad accogliere i pellegrini che accoglieranno durante i giorni previ della Gmg.
Conoscere meglio Teresa di Gesù. Avila, terra di origine di santa Teresa di Gesù, promuoverà attività riguardanti la figura della nota santa. Per esempio, i pellegrini potranno vivere un ritiro spirituale teresiano chiamato “Teresa di Gesù: radicata ed edificata in Cristo”. I giovani pellegrini potranno anche ammirare l’imponente architettura della muraglia della città con lo spettacolo di luci e suoni cui potranno assistere sabato 13 agosto. Questa iniziativa dei Giorni nelle diocesi iniziò nel 1997, con la Gmg di Parigi. Con tale iniziativa, la Chiesa di Francia volle raggiungere l’obiettivo che tutto il Paese accogliesse i pellegrini provenienti da altri Paesi. L’esperienza fu così positiva che si adottò anche nelle seguenti Giornate: Italia, Canada, Germania e Australia.
Fonte: Toscana Oggi
Ad agosto piu' di mille sagre
Dalle trote ai polpi, dal cinghiale alla birra, il made in Italy arriva in piazza
Dalle trote ai polpi, dal cinghiale alle birre artigianali, sono più di mille le sagre, sui prodotti più svariati, che si svolgeranno in Italia durante tutto il mese di agosto. Il calcolo è della Cia, la Confederazione degli agricoltori, precisando che "italiani e turisti andranno per campagne facendo gite in luoghi diversi rispetto a quelli soliti, girando per valli, addentrandosi fra gli Appennini o nelle colline, alla ricerca di vecchi e genuini sapori. L'Italia possiede un patrimonio, universalmente noto, ma da molti non ancora pienamente conosciuto, che ha come pilastro l'agroalimentare".
Rise, lumache, cipolle, polpi, trote, pomodori e peperoni, albicocche e more, ma anche vini e birre artigianali. E poi "sagne", fettuccine e pappardelle, lasagne, cinghiale, funghi, patate, frittelle e crostate: una lista interminabile di prodotti e leccornie che nel nostro Paese, nelle quattro settimane di questo mese, si traducono in altrettante sagre e feste.
"Prodotti tipici di alta qualità, non solo vini, contraddistinguono le nostre regioni - dice la Cia - non vi è area geografica che non si differenzi dalle altre, che non sia in grado di proporre specialità locali, accattivanti per il gusto, ricche di sapori e anche di storia. Scoprire il territorio attraverso i suoi gusti, i piatti tipici, le produzioni eccellenti rappresenta una modalità originale e divertente di fare turismo allontanandosi da località famose ma intasate, verso altre, magari distanti solo pochissimi chilometri, che invece mantengono intatto il proprio fascino e sono in grado di proporre produzioni e artigianato di assoluto interesse".
"Chi sceglie il turismo delle sagre e delle feste di paese - sostiene la Cia - scoprirà quell'Italia fatta di migliaia di persone, sostanzialmente volontari, che, attraverso Pro loco e comitati di manifestazioni, si danno da fare per far scoprire a visitatori e turisti le ricchezze territorio. Un'occasione unica per conoscere realtà diverse e spesso inimmaginabili, tra l'altro degustando e acquistando prodotti a prezzi generalmente molto contenuti"
Fonte:ANSA
Dalle trote ai polpi, dal cinghiale alle birre artigianali, sono più di mille le sagre, sui prodotti più svariati, che si svolgeranno in Italia durante tutto il mese di agosto. Il calcolo è della Cia, la Confederazione degli agricoltori, precisando che "italiani e turisti andranno per campagne facendo gite in luoghi diversi rispetto a quelli soliti, girando per valli, addentrandosi fra gli Appennini o nelle colline, alla ricerca di vecchi e genuini sapori. L'Italia possiede un patrimonio, universalmente noto, ma da molti non ancora pienamente conosciuto, che ha come pilastro l'agroalimentare".
Rise, lumache, cipolle, polpi, trote, pomodori e peperoni, albicocche e more, ma anche vini e birre artigianali. E poi "sagne", fettuccine e pappardelle, lasagne, cinghiale, funghi, patate, frittelle e crostate: una lista interminabile di prodotti e leccornie che nel nostro Paese, nelle quattro settimane di questo mese, si traducono in altrettante sagre e feste.
"Prodotti tipici di alta qualità, non solo vini, contraddistinguono le nostre regioni - dice la Cia - non vi è area geografica che non si differenzi dalle altre, che non sia in grado di proporre specialità locali, accattivanti per il gusto, ricche di sapori e anche di storia. Scoprire il territorio attraverso i suoi gusti, i piatti tipici, le produzioni eccellenti rappresenta una modalità originale e divertente di fare turismo allontanandosi da località famose ma intasate, verso altre, magari distanti solo pochissimi chilometri, che invece mantengono intatto il proprio fascino e sono in grado di proporre produzioni e artigianato di assoluto interesse".
"Chi sceglie il turismo delle sagre e delle feste di paese - sostiene la Cia - scoprirà quell'Italia fatta di migliaia di persone, sostanzialmente volontari, che, attraverso Pro loco e comitati di manifestazioni, si danno da fare per far scoprire a visitatori e turisti le ricchezze territorio. Un'occasione unica per conoscere realtà diverse e spesso inimmaginabili, tra l'altro degustando e acquistando prodotti a prezzi generalmente molto contenuti"
Fonte:ANSA
Madagascar: epica africana di un'opera ...
Kabarin'Janahary significa «sia fatta la volontà di Dio» ed è ciò che ha imparato padre Stefano in Madagascar. Epica africana di un'opera provvidenziale È a pochi chilometri da Nosy Be, controverso paradiso tropicale per turisti europei rotti a tutte ...
È a pochi chilometri da Nosy Be, controverso paradiso tropicale per turisti europei rotti a tutte le esperienze, ma la distanza basta a mantenerla intattamente malgascia: Ambanja è cittadina sonnolenta, scarsa di elettricità e di acqua corrente, attraversata da un fiume inquinato a causa della mancanza di fogne. Dalle campagne intorno, dove si coltivano il cacao, il caffè e la vaniglia, fino a qualche decennio fa arrivavano molti lebbrosi; oggi la patologia socialmente dominante è la tubercolosi, prodotto di cattiva alimentazione e cattiva igiene. Ci sono le scuole e c’è l’ospedale. Ma chi si vuole curare veramente, arriva in città con un indirizzo in tasca: Centre Medico-Chirurgical Saint Damien. Il nome del santo dei lebbrosi è lì a fare memoria delle origini della struttura, nata come lebbrosario che ha chiuso i battenti alla fine degli anni Ottanta.
Poco prima era arrivato nell’isola un giovane cappuccino italiano di Viterbo: padre Stefano Scaringella. È lui che al posto del lebbrosario ha aperto un ambulatorio di prima accoglienza con servizio di pronto soccorso, che poi nel 1988 si è trasformato nel Centro medico-chirurgico San Damiano, una struttura che ha un bacino di utenza di 500 mila persone e che tratta 60 mila pazienti all’anno. Accanto a questa ha creato, nei 28 anni della sua permanenza laggiù, una scuola infermieri, una casa famiglia per bambini abbandonati, una struttura per interventi mobili sul territorio. Nell’ospedale lavorano con lui 9 medici, 3 anestesisti, 28 infermieri, 7 addetti all’amministrazione e 66 elementi responsabili di tutti gli altri servizi. Padre Stefano è chirurgo, come pure 4 dei 9 medici attivi presso la struttura: una specialità assolutamente prioritaria a queste latitudini. Insomma, è un tipo che se la cava meglio coi fatti che con le parole. Ma che ci sta a fare un po’ il bilancio dell’esperienza e a soddisfare la curiosità di chi si pone domande intorno a questo piccolo miracolo malgascio.
-Padre Stefano, lei è un religioso cappuccino e un chirurgo: come interagiscono queste due vocazioni?
Il nostro ordine, a differenza di altri, non ha un carisma particolare per il servizio della Chiesa e del popolo, ma si è sempre compiaciuto di un titolo anche oggi attuale: “Frati del popolo”. Per rendere servizio al popolo ciascuno trova un aggancio, un’attività a se confacente. Per me è quella del chirurgo e del promotore di un sistema sanitario in grado di dare risposte ai bisogni. Il fatto di essere un religioso e lavorare al sollievo della sofferenza è, senza dubbio, un’unica vocazione; non sono due vocazioni artificialmente giustapposte.
-Perché proprio in Madagascar e perché un impegno così deciso nella sanità?
Il Madagascar, trent’anni fa, era il territorio di missione della Provincia cappuccina di Roma, quindi uno sbocco logico al mio impegno. Inoltre, era estremamente motivante perché, a parte qualche bella realizzazione dei nostri cofratelli di Strasburgo che ci hanno preceduto, c’era un grande vuoto, soprattutto nel settore della chirurgia.
-Quali sono le caratteristiche qualificanti delle opere sanitarie da voi avviate: l’ospedale, gli ambulatori, il lebbrosario, la scuola infermieri, la casa famiglia?
Caratteristica principale delle opere è che l’azione del sollievo della sofferenza ci permette una testimonianza cristiana fatta di presenza e prossimità con la gente e nel massimo rispetto della cultura locale e di tutte le fedi religiose presenti. Questo tipo di presenza, scevra di pretese autoritarie ma ricca di concretezza, spinge gli animi ad una riflessione o almeno a interrogarsi sul significato cristiano della vita. Considerando il fatto che viviamo in una regione dove la maggioranza delle persone è animista o musulmana e che i cristiani sono una minoranza (dal 3 al 5 per cento), il nostro stile di presenza ci permette di essere, malgrado la pochezza dei numeri, un punto di riferimento. Nella regione noi siamo il solo ospedale in grado di praticare una chirurgia affidabile. Facciamo circa 300 parti cesarei all’anno, tutti assolutamente indispensabili. Con un intervento cesareo salviamo la mamma e la sua creatura, ma salviamo anche la famiglia e gli altri figli, li sottraiamo a un ben triste futuro. Un intervento di cataratta bilaterale giovanile può permettere ad una donna di vedere per la prima volta i suoi tre figli anni dopo la loro nascita.
Sinteticamente, riguardo alle opere cui lei accenna, direi le seguenti cose. Il Centro medico-chirurgico San Damiano lo abbiamo aperto nel 1988 e in questi anni via abbiamo eseguito più di 50 mila interventi di chirurgia. La Casa famiglia, nata più recentemente, ospita attualmente 27 bambine e 3 maschietti di età compresa fra gli 0 e i 13 anni. Sono orfani o figli abbandonati che ci vengono segnalati dall’autorità giudiziaria. La Scuola per infermieri, aperta nel 2003 grazie a un finanziamento della Cei, conta 150 studenti sui tre anni di corso, ed è autorizzata a rilasciare diplomi con valore legale. Le nostre unità mobili visitano regolarmente dodici villaggi della regione per garantire la salute sul territorio. Si occupano di donne in gravidanza e bambini (l’anno scorso ne sono stati visitati 14 mila circa presso i loro domicili). Si dedicano all’educazione dei giovani e giovanissimi per prevenire gravidanze precoci e aborti. Distribuiscono, quando ne abbiamo e ne ravvisiamo l’opportunità, latte in polvere alle neo-mamme.
Fonte: Tempi.it
È a pochi chilometri da Nosy Be, controverso paradiso tropicale per turisti europei rotti a tutte le esperienze, ma la distanza basta a mantenerla intattamente malgascia: Ambanja è cittadina sonnolenta, scarsa di elettricità e di acqua corrente, attraversata da un fiume inquinato a causa della mancanza di fogne. Dalle campagne intorno, dove si coltivano il cacao, il caffè e la vaniglia, fino a qualche decennio fa arrivavano molti lebbrosi; oggi la patologia socialmente dominante è la tubercolosi, prodotto di cattiva alimentazione e cattiva igiene. Ci sono le scuole e c’è l’ospedale. Ma chi si vuole curare veramente, arriva in città con un indirizzo in tasca: Centre Medico-Chirurgical Saint Damien. Il nome del santo dei lebbrosi è lì a fare memoria delle origini della struttura, nata come lebbrosario che ha chiuso i battenti alla fine degli anni Ottanta.
Poco prima era arrivato nell’isola un giovane cappuccino italiano di Viterbo: padre Stefano Scaringella. È lui che al posto del lebbrosario ha aperto un ambulatorio di prima accoglienza con servizio di pronto soccorso, che poi nel 1988 si è trasformato nel Centro medico-chirurgico San Damiano, una struttura che ha un bacino di utenza di 500 mila persone e che tratta 60 mila pazienti all’anno. Accanto a questa ha creato, nei 28 anni della sua permanenza laggiù, una scuola infermieri, una casa famiglia per bambini abbandonati, una struttura per interventi mobili sul territorio. Nell’ospedale lavorano con lui 9 medici, 3 anestesisti, 28 infermieri, 7 addetti all’amministrazione e 66 elementi responsabili di tutti gli altri servizi. Padre Stefano è chirurgo, come pure 4 dei 9 medici attivi presso la struttura: una specialità assolutamente prioritaria a queste latitudini. Insomma, è un tipo che se la cava meglio coi fatti che con le parole. Ma che ci sta a fare un po’ il bilancio dell’esperienza e a soddisfare la curiosità di chi si pone domande intorno a questo piccolo miracolo malgascio.
-Padre Stefano, lei è un religioso cappuccino e un chirurgo: come interagiscono queste due vocazioni?
Il nostro ordine, a differenza di altri, non ha un carisma particolare per il servizio della Chiesa e del popolo, ma si è sempre compiaciuto di un titolo anche oggi attuale: “Frati del popolo”. Per rendere servizio al popolo ciascuno trova un aggancio, un’attività a se confacente. Per me è quella del chirurgo e del promotore di un sistema sanitario in grado di dare risposte ai bisogni. Il fatto di essere un religioso e lavorare al sollievo della sofferenza è, senza dubbio, un’unica vocazione; non sono due vocazioni artificialmente giustapposte.
-Perché proprio in Madagascar e perché un impegno così deciso nella sanità?
Il Madagascar, trent’anni fa, era il territorio di missione della Provincia cappuccina di Roma, quindi uno sbocco logico al mio impegno. Inoltre, era estremamente motivante perché, a parte qualche bella realizzazione dei nostri cofratelli di Strasburgo che ci hanno preceduto, c’era un grande vuoto, soprattutto nel settore della chirurgia.
-Quali sono le caratteristiche qualificanti delle opere sanitarie da voi avviate: l’ospedale, gli ambulatori, il lebbrosario, la scuola infermieri, la casa famiglia?
Caratteristica principale delle opere è che l’azione del sollievo della sofferenza ci permette una testimonianza cristiana fatta di presenza e prossimità con la gente e nel massimo rispetto della cultura locale e di tutte le fedi religiose presenti. Questo tipo di presenza, scevra di pretese autoritarie ma ricca di concretezza, spinge gli animi ad una riflessione o almeno a interrogarsi sul significato cristiano della vita. Considerando il fatto che viviamo in una regione dove la maggioranza delle persone è animista o musulmana e che i cristiani sono una minoranza (dal 3 al 5 per cento), il nostro stile di presenza ci permette di essere, malgrado la pochezza dei numeri, un punto di riferimento. Nella regione noi siamo il solo ospedale in grado di praticare una chirurgia affidabile. Facciamo circa 300 parti cesarei all’anno, tutti assolutamente indispensabili. Con un intervento cesareo salviamo la mamma e la sua creatura, ma salviamo anche la famiglia e gli altri figli, li sottraiamo a un ben triste futuro. Un intervento di cataratta bilaterale giovanile può permettere ad una donna di vedere per la prima volta i suoi tre figli anni dopo la loro nascita.
Sinteticamente, riguardo alle opere cui lei accenna, direi le seguenti cose. Il Centro medico-chirurgico San Damiano lo abbiamo aperto nel 1988 e in questi anni via abbiamo eseguito più di 50 mila interventi di chirurgia. La Casa famiglia, nata più recentemente, ospita attualmente 27 bambine e 3 maschietti di età compresa fra gli 0 e i 13 anni. Sono orfani o figli abbandonati che ci vengono segnalati dall’autorità giudiziaria. La Scuola per infermieri, aperta nel 2003 grazie a un finanziamento della Cei, conta 150 studenti sui tre anni di corso, ed è autorizzata a rilasciare diplomi con valore legale. Le nostre unità mobili visitano regolarmente dodici villaggi della regione per garantire la salute sul territorio. Si occupano di donne in gravidanza e bambini (l’anno scorso ne sono stati visitati 14 mila circa presso i loro domicili). Si dedicano all’educazione dei giovani e giovanissimi per prevenire gravidanze precoci e aborti. Distribuiscono, quando ne abbiamo e ne ravvisiamo l’opportunità, latte in polvere alle neo-mamme.
Fonte: Tempi.it
Al primo colpo ruba rame in un asilo: preso
L’uomo, rientrato a casa dopo una vacanza in Madagascar ha trovato la propria abitazione completamente svaligiata
Era al suo primo furto. O, comunque, non era mai stato scoperto. Insomma: Giuseppe C., 33 anni, fino all’altro ieri notte era incensurato. Un uomo con la fedina penale pulita finché non ha tentato di mettere a segno un furto di grondaie di rame in un asilo nido. E non solo gli è andata male, perché sono arrivati i carabinieri che gli hanno messo le manette ma il suo complice l’ha abbandonato ed è fuggito, lasciandolo solo a prendersi tutta la colpa.
Il fatto è accaduto nella notte tra sabato e domenica nel nido d’infanzia comunale di viale Corsica 94. I carabinieri, arrivati verso l’1.15 su segnalazione del servizio di vigilanza della scuola, hanno trovato Giuseppe C. in flagranza, mentre ripiegava due lunghi tubi di rame appena strappati dalle grondaie. Dall’edificio, però, mancava anche altro materiale. Sul posto i militari hanno ritrovato anche la cassetta con gli attrezzi utilizzati dai due ladri.
Giuseppe C. ha cercato più volte di discolparsi, ma l’evidenza del reato appena commesso era tale che i suoi tentativi non hanno avuuto alcun risultato.
Del suo complice, però, neanche l’ombra. Anche se l’arrestato lo ha chiamato più volte a voce alta maledicendolo per essersela data a gambe lasciandolo nei guai.
Poco lontano dall’asilo nido di viale Corsica, in via Lomellina, esattamente mezz’ora dopo è intervenuta la polizia a casa di un 38enne milanese. L’uomo, rientrato a casa dopo una vacanza in Madagascar di oltre un mese e mezzo, ha trovato la propria abitazione completamente svaligiata. Dalla cassaforte mancavano infatti contanti per poco più di 2mila euro, ma anche documenti personali di scarsissimo rilievo per un estraneo. I ladri sembra si siano impossessati anche di qualche libro e di diversi abiti. Insomma: dopo aver chiamato il 113 il derubato si è quasi sentito male .
Fonte: il Giornale.it
Era al suo primo furto. O, comunque, non era mai stato scoperto. Insomma: Giuseppe C., 33 anni, fino all’altro ieri notte era incensurato. Un uomo con la fedina penale pulita finché non ha tentato di mettere a segno un furto di grondaie di rame in un asilo nido. E non solo gli è andata male, perché sono arrivati i carabinieri che gli hanno messo le manette ma il suo complice l’ha abbandonato ed è fuggito, lasciandolo solo a prendersi tutta la colpa.
Il fatto è accaduto nella notte tra sabato e domenica nel nido d’infanzia comunale di viale Corsica 94. I carabinieri, arrivati verso l’1.15 su segnalazione del servizio di vigilanza della scuola, hanno trovato Giuseppe C. in flagranza, mentre ripiegava due lunghi tubi di rame appena strappati dalle grondaie. Dall’edificio, però, mancava anche altro materiale. Sul posto i militari hanno ritrovato anche la cassetta con gli attrezzi utilizzati dai due ladri.
Giuseppe C. ha cercato più volte di discolparsi, ma l’evidenza del reato appena commesso era tale che i suoi tentativi non hanno avuuto alcun risultato.
Del suo complice, però, neanche l’ombra. Anche se l’arrestato lo ha chiamato più volte a voce alta maledicendolo per essersela data a gambe lasciandolo nei guai.
Poco lontano dall’asilo nido di viale Corsica, in via Lomellina, esattamente mezz’ora dopo è intervenuta la polizia a casa di un 38enne milanese. L’uomo, rientrato a casa dopo una vacanza in Madagascar di oltre un mese e mezzo, ha trovato la propria abitazione completamente svaligiata. Dalla cassaforte mancavano infatti contanti per poco più di 2mila euro, ma anche documenti personali di scarsissimo rilievo per un estraneo. I ladri sembra si siano impossessati anche di qualche libro e di diversi abiti. Insomma: dopo aver chiamato il 113 il derubato si è quasi sentito male .
Fonte: il Giornale.it
Parigi caccia l'agente che denunciò il razzismo
E' un classico dei film noir francesi. Una poliziotta buona che denuncia quelli cattivi, e alla fine perde. Il finale amaro è stato confermato. L'agente Sihem Souid non potrà essere reintegrata nelle forze dell'ordine francesi, così come ha stabilito un tribunale amministrativo. Questa giovane e bella poliziotta aveva denunciato in un libro le discriminazioni contro gli immigrati nella polizia francese. Il suo libro "Omertà dans la police" è stato un duro atto d'accusa, raccontato dall'interno. Episodi di razzismo ordinario, senza tralasciare le complicità ai più alti livelli. Qualche settimana fa, dopo infinite polemiche finite sui giornali, il ministro dell'Interno Claude Guéant, ex braccio destro di Sarkozy all'Eliseo, aveva sospeso la donna dalle sue funzioni per violazione del segreto professionale e per oltraggio al corpo di polizia.
"Richiesta respinta" ha sentenziato ieri la magistratura respingendo l'ennesimo ricorso contro la decisione del ministro, dopo che in altre sedi la donna aveva vinto. La battaglia giudiziaria va avanti dal gennaio 2010, quando Sihem ha pubblicato per la prima volta le sue accuse. Dal 2006 è stata in servizio nella polizia di frontiera a Parigi, in prima linea sui fermi e i respingimenti dei sans papiers all'aeroporto di Orly. Subito dopo la pubblicazione del suo libro, era stato oggetto di un richiamo disciplinare e trasferita in ruolo amministrativo alla Prefettura di Parigi.
La poliziotta ribelle, nata trent'anni fa a Tunisi, non ha però accettato l'imposizione del silenzio. Negli ultimi mesi ha continuato a rilasciare interviste molto dure sugli abusi dei suoi colleghi contro gli immigrati, allargando la sua denuncia a comportamenti omofobi e persino episodi di stupri nei commissariati. Il 26 luglio il ministero dell'Interno ha così decisa una sanzione più pesante: 18 mesi di sospensione. Qualcuno ha paragonato Sihem a un'eroina che vuole ripulire una polizia spesso sotto accusa per le sue "bavures", abusi normalmente tollerati dai superiori. Altri sostengono che è invece solo una donna in cerca di notorietà. "Non potevo tacere. Quello che ho visto è indegno dei nostri principi repubblicani" ripete Sihem. Per lei si è formato un comitato online di sostegno, con una petizione che sarà mandata a Guéant. Di sicuro, il caso non è chiuso qui.
Fonte:Repubblica.it
"Richiesta respinta" ha sentenziato ieri la magistratura respingendo l'ennesimo ricorso contro la decisione del ministro, dopo che in altre sedi la donna aveva vinto. La battaglia giudiziaria va avanti dal gennaio 2010, quando Sihem ha pubblicato per la prima volta le sue accuse. Dal 2006 è stata in servizio nella polizia di frontiera a Parigi, in prima linea sui fermi e i respingimenti dei sans papiers all'aeroporto di Orly. Subito dopo la pubblicazione del suo libro, era stato oggetto di un richiamo disciplinare e trasferita in ruolo amministrativo alla Prefettura di Parigi.
La poliziotta ribelle, nata trent'anni fa a Tunisi, non ha però accettato l'imposizione del silenzio. Negli ultimi mesi ha continuato a rilasciare interviste molto dure sugli abusi dei suoi colleghi contro gli immigrati, allargando la sua denuncia a comportamenti omofobi e persino episodi di stupri nei commissariati. Il 26 luglio il ministero dell'Interno ha così decisa una sanzione più pesante: 18 mesi di sospensione. Qualcuno ha paragonato Sihem a un'eroina che vuole ripulire una polizia spesso sotto accusa per le sue "bavures", abusi normalmente tollerati dai superiori. Altri sostengono che è invece solo una donna in cerca di notorietà. "Non potevo tacere. Quello che ho visto è indegno dei nostri principi repubblicani" ripete Sihem. Per lei si è formato un comitato online di sostegno, con una petizione che sarà mandata a Guéant. Di sicuro, il caso non è chiuso qui.
Fonte:Repubblica.it
Madagascar: crisi politica e sanzioni economiche, il Paese resta in ginocchio
Negli ultimi anni, il Madagascar ha sperimentato un lento e apparentemente inarrestabile declino della propria già fragile economia, aggravando ulteriormente le condizioni di vita di milioni di cittadini.
Dopo due anni e mezzo dell'amministrazione del Governo di transizione di Andry Rajoelina [it] (equivalenti a metà mandato presidenziale), l'economia del Paese è stata classificata dalla rivista Forbes come la peggiore del mondo [en, come tutti i link tranne ove diversamente segnalato]; a migliaia hanno perso il lavoro, e la crisi alimentare incombe sulla parte meridionale dell'isola.
Nell'ultimo decennio, la regione ha già sperimentato varie carestie, ma di recente un esperto indipendente delle Nazioni Unite ha messo tutti in guardia, affermando che le sanzioni imposte al Madagascar avrebbero reso la situazione insostenibile dal punto di vista della sicurezza alimentare.
Una crisi prolungata
E' dal 2009, vale a dire ben 30 mesi, che l'ex sindaco e magnate di media e pubblicità Rajoelina ha preso il controllo del Madagascar attraverso un colpo di Stato; a seguito di ciò, la maggior parte della comunità internazionale ha immediatamente imposto al Paese sanzioni economiche. Secondo Olivier De Schutter, Special Rapporteur dell'Onu sul diritto al cibo, queste ultime stanno avendo un impatto disastroso sulla sicurezza alimentare:
[De Schutter] ha affermato: “Il risultato è che oggi il Paese ha uno dei più alti tassi di malnutrizione infantile nel mondo, con livelli comparabili a quelli dell'Afghanistan o dello Yemen” [..]. La decisione di sospendere lo African Growth and Opportunities Act [it] per il Madagascar da parte degli Stati Uniti è costato almeno 50.000 posti di lavoro nel tessile, settore che in passato costituiva la metà delle esportazioni del Paese.
Inoltre, l'Unione Europea ha posto il veto ad alcuni programmi che stavano per essere firmati poco prima della crisi politica, di fatto ponendo fine a tutti gli aiuti allo sviluppo che venivano incanalati mediante il Governo locale.
William Easterly, economista e addetto al monitoraggio degli aiuti per Aid Watchers,aveva sostenuto qualcosa di simile un anno fa: le sanzioni stavano colpendo gli strati più poveri della popolazione, mancando completamente i veri bersagli, vale a dire la classe dirigente:
Molti critici avevano protestato già quando il Governo degli Stati Uniti aveva minacciato per la prima volta di annullare gli accordi preferenziali di scambio commerciale col Madagascar, con l'auspicio di costringere il discutibile Governo del Presidente Andy Rajoelina a indire nuove elezioni.
L'industria tessile malgascia era un chiaro esempio di business di successo sotto l'egida dell'African Growth and Opportunity Act (AGOA) statunitense, in base al quale venivano rimossi i dazi doganali e le quote massime di esportazione da migliaia di prodotti da Paesi africani che rispondevano ai requisiti richiesti. Le esportazioni malgasce erano triplicate già nei primi tre anni del programma, e il settore tessile, da cui deriva il 60% delle esportazioni nazionali, era arrivato a impiegare direttamente 50.000 lavoratori e indirettamente altri 100.000 [..].
Solo ora cominciamo a vedere gli effetti disastrosi sull'economia formale e informale:
Le fabbriche hanno chiuso, e i posti di lavoro sono andati in fumo: “le fabbriche lasciano a casa i lavoratori, e si registra un'impennata nel numero dei disoccupati” [..].
‘Prima guadagnavo 20.000 ariary (6.4o euro) al giorno’, afferma Soloniaina Rasoarimanana, che per 10 anni ha venduto vestiti in una bancarella. ‘Ora, per colpa della crisi e della concorrenza, ne riesco a portare a casa circa 5.000 (1.60 euro)’” [..]
Ci sono anche effetti che si manifestano nella loro assenza: per esempio, il Governo di Rajoelina non cerca affatto di instaurare accordi per la condivisione del potere, né di introdurre una forma di governo democratica.
Il blogger malgascio Ndimby aggiunge altri elementi alla lista degli effetti negativi delle sanzioni [fr]:
De plus, les entreprises sont asphyxiées par la crise, mais aussi par des « redressements d’office » imposés par le Fisc, mais qui semblent plus tenir de la roulette russe que d’une quelconque rationalité.
La paupérisation de la population est une réalité, et les victimes se lancent dans l’informel pour joindre les deux bouts. Cela se voit dans les rues, où les vendeurs sont de plus en plus nombreux. Et cela se voit dans les journaux, où des « salons de massage » en nombre croissant proposent leurs services tout en résorbant le chômage féminin.
Come se non bastasse, sono molte le aziende che agonizzano non solo a causa della crisi, ma anche per via delle cosiddette “misure fiscali di recupero” imposte dall'amministrazione, che sembrano obbedire più a una logica da roulette russa, che non da motivazioni di carattere razionale. [NdA: Le “misure fiscali di recupero” sono uno strumento tristemente noto che mira a punire le aziende invise al Governo]. L'impoverimento della popolazione è ormai realtà, e le vittime sono costrette a ricorrere al mercato informale, per arrivare alla fine del mese. L'aumento dei venditori da strada ne è la prima prova. Un secondo indicatore è dato dall'incremento sui giornali delle pubblicità di “centri massaggi” che offrono ogni serie di servizi e fanno la loro parte nel ridurre la disoccupazione femminile.
L'aumento della prostituzione è stata dettagliatamente documentata da IRIN news, che ha illustrato l'ingente aumento del numero di ragazze che cercano di pagarsi le tasse scolastiche vendendo il proprio corpo. A seguire, la testimonianza di Nadine, 16 anni, che ci racconta la sua giornata:
[L'ambizione di Nadine] dopo il corso al college in design tessile, è di aprire una boutique di abbigliamento. Nel frattempo, però, assieme alle amiche, per pagare la retta si è dovuta dare alla prostituzione. Si fa pagare 4.80 euro a “incontro”, e lavora nella periferia povera di Antananarivo, nel quartiere di 67 Hectares. […] “La maggior parte delle mie amiche sono messe come me; riescono a dare una mano ai genitori [grazie alla prostituzione]”, ha detto Nadine […]. Miroarisoa Rakotoarivelo, che dirige il Groupe Développement Madagascar, riferisce di un recente sondaggio condotto su 129 “operatrici sessuali” che svelerebbe un allarmante aumento della prostituzione minorile. “Il dato è aumentato, e come prova posso fornirvi le statistiche del periodo gennaio-aprile 2011″, ha detto a IRIN, aggiungendo che il numero dei minori di 18 anni nel campione delle operatrici sessuali era della metà del totale.
Quali soluzioni all'orizzonte?
Il Governo di transizione era stato instaurato perché preparasse a elezioni trasparenti. Sono già trascorsi due anni, e ancora dev'essere stabilita una data precisa per l'appuntamento elettorale. Rivonala Razafison afferma:
Il team di mediatori insiste che non si possono ancora fissare le elezioni finché l'amministrazione Rajoelina non implementerà le condizioni necessarie per attivare il percorso politico proposto dalla South African Development Community a inizio anno per porre fine alla crisi politica. Il piano presentato dal capo-mediatore della SADC, Leonardo Simao, aveva raccomandato che chiunque volesse candidarsi alle elezioni lasciasse l'incarico attualmente svolto. La cosa non è piaciuta affatto a Rajoelina […]. Secondo lui, era già in vigore un piano precedente, e quindi non è possibile imporre nuove condizioni. Nel novembre 2010, il Paese ha approvato una nuova costituzione che ha abbassato l'età minima per la candidatura alla Presidenza, che è così stata portata a 36 anni.
Va ancora trovata una soluzione anche dal punto di vista economico. Cosa ancora più allarmante, gli accordi terrieri che hanno dato il la al rovesciamento dell'ex Presidente Ravalomanana sono stati reintrodotti a pieno regime, ora che il Governo ha concesso in leasing cinquantennale all'India alcuni terreni al prezzo di 10.40 euro per acro (0.4 ettari).
Gli accordi terrieri costituiscono la principale delle preoccupazioni dei cittadini malgasci, dato l'aumento degli sgomberi dei contadini dalle terre coltivabili.
Bekoto, ex cantante e attivista per i diritti dei contadini, ha proposto un nuovo paradigma col quale occuparsi del dramma dei coltivatori [fr]. Secondo lui, questi ultimi dovrebbero ricorrere alle nuove tecnologie per informare i media degli sfratti forzati dalle proprie terre a opera delle autorità, e come strumento di negoziazione per garantirsi il diritto di accedere al cibo e lavorare le terre su cui vivono.
De Schutter propone di trovare a livello locale una soluzione alla crisi alimentare:
Sappiamo che il sistema di coltivazione intensiva del riso, un'invenzione tutta malgascia, consente di raddoppiare, triplicare e persino quadruplicare i raccolti.
[…]
Una strategia nazionale per sostenere questo tipo di produzione ecologica potrebbe rendere l'isola indipendente dalle importazioni di riso nell'arco di tre anni.
Dal punto di vista politico, Ndimby sostiene che solo le elezioni potrebbero offrire una via d'uscita alla crisi e alleviare le sanzioni economiche. Inoltre, egli ritiene necessario per le prossime elezioni introdurre un limite di un solo mandato presidenziale [fr]. Questo potrebbe garantire che le prossime elezioni forniscano basi concrete per una democrazia sostenibile.
scritto da Lova Rakotomalala • tradotto da Stefano Ignone
Dopo due anni e mezzo dell'amministrazione del Governo di transizione di Andry Rajoelina [it] (equivalenti a metà mandato presidenziale), l'economia del Paese è stata classificata dalla rivista Forbes come la peggiore del mondo [en, come tutti i link tranne ove diversamente segnalato]; a migliaia hanno perso il lavoro, e la crisi alimentare incombe sulla parte meridionale dell'isola.
Nell'ultimo decennio, la regione ha già sperimentato varie carestie, ma di recente un esperto indipendente delle Nazioni Unite ha messo tutti in guardia, affermando che le sanzioni imposte al Madagascar avrebbero reso la situazione insostenibile dal punto di vista della sicurezza alimentare.
Una crisi prolungata
E' dal 2009, vale a dire ben 30 mesi, che l'ex sindaco e magnate di media e pubblicità Rajoelina ha preso il controllo del Madagascar attraverso un colpo di Stato; a seguito di ciò, la maggior parte della comunità internazionale ha immediatamente imposto al Paese sanzioni economiche. Secondo Olivier De Schutter, Special Rapporteur dell'Onu sul diritto al cibo, queste ultime stanno avendo un impatto disastroso sulla sicurezza alimentare:
[De Schutter] ha affermato: “Il risultato è che oggi il Paese ha uno dei più alti tassi di malnutrizione infantile nel mondo, con livelli comparabili a quelli dell'Afghanistan o dello Yemen” [..]. La decisione di sospendere lo African Growth and Opportunities Act [it] per il Madagascar da parte degli Stati Uniti è costato almeno 50.000 posti di lavoro nel tessile, settore che in passato costituiva la metà delle esportazioni del Paese.
Inoltre, l'Unione Europea ha posto il veto ad alcuni programmi che stavano per essere firmati poco prima della crisi politica, di fatto ponendo fine a tutti gli aiuti allo sviluppo che venivano incanalati mediante il Governo locale.
William Easterly, economista e addetto al monitoraggio degli aiuti per Aid Watchers,aveva sostenuto qualcosa di simile un anno fa: le sanzioni stavano colpendo gli strati più poveri della popolazione, mancando completamente i veri bersagli, vale a dire la classe dirigente:
Molti critici avevano protestato già quando il Governo degli Stati Uniti aveva minacciato per la prima volta di annullare gli accordi preferenziali di scambio commerciale col Madagascar, con l'auspicio di costringere il discutibile Governo del Presidente Andy Rajoelina a indire nuove elezioni.
L'industria tessile malgascia era un chiaro esempio di business di successo sotto l'egida dell'African Growth and Opportunity Act (AGOA) statunitense, in base al quale venivano rimossi i dazi doganali e le quote massime di esportazione da migliaia di prodotti da Paesi africani che rispondevano ai requisiti richiesti. Le esportazioni malgasce erano triplicate già nei primi tre anni del programma, e il settore tessile, da cui deriva il 60% delle esportazioni nazionali, era arrivato a impiegare direttamente 50.000 lavoratori e indirettamente altri 100.000 [..].
Solo ora cominciamo a vedere gli effetti disastrosi sull'economia formale e informale:
Le fabbriche hanno chiuso, e i posti di lavoro sono andati in fumo: “le fabbriche lasciano a casa i lavoratori, e si registra un'impennata nel numero dei disoccupati” [..].
‘Prima guadagnavo 20.000 ariary (6.4o euro) al giorno’, afferma Soloniaina Rasoarimanana, che per 10 anni ha venduto vestiti in una bancarella. ‘Ora, per colpa della crisi e della concorrenza, ne riesco a portare a casa circa 5.000 (1.60 euro)’” [..]
Ci sono anche effetti che si manifestano nella loro assenza: per esempio, il Governo di Rajoelina non cerca affatto di instaurare accordi per la condivisione del potere, né di introdurre una forma di governo democratica.
Il blogger malgascio Ndimby aggiunge altri elementi alla lista degli effetti negativi delle sanzioni [fr]:
De plus, les entreprises sont asphyxiées par la crise, mais aussi par des « redressements d’office » imposés par le Fisc, mais qui semblent plus tenir de la roulette russe que d’une quelconque rationalité.
La paupérisation de la population est une réalité, et les victimes se lancent dans l’informel pour joindre les deux bouts. Cela se voit dans les rues, où les vendeurs sont de plus en plus nombreux. Et cela se voit dans les journaux, où des « salons de massage » en nombre croissant proposent leurs services tout en résorbant le chômage féminin.
Come se non bastasse, sono molte le aziende che agonizzano non solo a causa della crisi, ma anche per via delle cosiddette “misure fiscali di recupero” imposte dall'amministrazione, che sembrano obbedire più a una logica da roulette russa, che non da motivazioni di carattere razionale. [NdA: Le “misure fiscali di recupero” sono uno strumento tristemente noto che mira a punire le aziende invise al Governo]. L'impoverimento della popolazione è ormai realtà, e le vittime sono costrette a ricorrere al mercato informale, per arrivare alla fine del mese. L'aumento dei venditori da strada ne è la prima prova. Un secondo indicatore è dato dall'incremento sui giornali delle pubblicità di “centri massaggi” che offrono ogni serie di servizi e fanno la loro parte nel ridurre la disoccupazione femminile.
L'aumento della prostituzione è stata dettagliatamente documentata da IRIN news, che ha illustrato l'ingente aumento del numero di ragazze che cercano di pagarsi le tasse scolastiche vendendo il proprio corpo. A seguire, la testimonianza di Nadine, 16 anni, che ci racconta la sua giornata:
[L'ambizione di Nadine] dopo il corso al college in design tessile, è di aprire una boutique di abbigliamento. Nel frattempo, però, assieme alle amiche, per pagare la retta si è dovuta dare alla prostituzione. Si fa pagare 4.80 euro a “incontro”, e lavora nella periferia povera di Antananarivo, nel quartiere di 67 Hectares. […] “La maggior parte delle mie amiche sono messe come me; riescono a dare una mano ai genitori [grazie alla prostituzione]”, ha detto Nadine […]. Miroarisoa Rakotoarivelo, che dirige il Groupe Développement Madagascar, riferisce di un recente sondaggio condotto su 129 “operatrici sessuali” che svelerebbe un allarmante aumento della prostituzione minorile. “Il dato è aumentato, e come prova posso fornirvi le statistiche del periodo gennaio-aprile 2011″, ha detto a IRIN, aggiungendo che il numero dei minori di 18 anni nel campione delle operatrici sessuali era della metà del totale.
Quali soluzioni all'orizzonte?
Il Governo di transizione era stato instaurato perché preparasse a elezioni trasparenti. Sono già trascorsi due anni, e ancora dev'essere stabilita una data precisa per l'appuntamento elettorale. Rivonala Razafison afferma:
Il team di mediatori insiste che non si possono ancora fissare le elezioni finché l'amministrazione Rajoelina non implementerà le condizioni necessarie per attivare il percorso politico proposto dalla South African Development Community a inizio anno per porre fine alla crisi politica. Il piano presentato dal capo-mediatore della SADC, Leonardo Simao, aveva raccomandato che chiunque volesse candidarsi alle elezioni lasciasse l'incarico attualmente svolto. La cosa non è piaciuta affatto a Rajoelina […]. Secondo lui, era già in vigore un piano precedente, e quindi non è possibile imporre nuove condizioni. Nel novembre 2010, il Paese ha approvato una nuova costituzione che ha abbassato l'età minima per la candidatura alla Presidenza, che è così stata portata a 36 anni.
Va ancora trovata una soluzione anche dal punto di vista economico. Cosa ancora più allarmante, gli accordi terrieri che hanno dato il la al rovesciamento dell'ex Presidente Ravalomanana sono stati reintrodotti a pieno regime, ora che il Governo ha concesso in leasing cinquantennale all'India alcuni terreni al prezzo di 10.40 euro per acro (0.4 ettari).
Gli accordi terrieri costituiscono la principale delle preoccupazioni dei cittadini malgasci, dato l'aumento degli sgomberi dei contadini dalle terre coltivabili.
Bekoto, ex cantante e attivista per i diritti dei contadini, ha proposto un nuovo paradigma col quale occuparsi del dramma dei coltivatori [fr]. Secondo lui, questi ultimi dovrebbero ricorrere alle nuove tecnologie per informare i media degli sfratti forzati dalle proprie terre a opera delle autorità, e come strumento di negoziazione per garantirsi il diritto di accedere al cibo e lavorare le terre su cui vivono.
De Schutter propone di trovare a livello locale una soluzione alla crisi alimentare:
Sappiamo che il sistema di coltivazione intensiva del riso, un'invenzione tutta malgascia, consente di raddoppiare, triplicare e persino quadruplicare i raccolti.
[…]
Una strategia nazionale per sostenere questo tipo di produzione ecologica potrebbe rendere l'isola indipendente dalle importazioni di riso nell'arco di tre anni.
Dal punto di vista politico, Ndimby sostiene che solo le elezioni potrebbero offrire una via d'uscita alla crisi e alleviare le sanzioni economiche. Inoltre, egli ritiene necessario per le prossime elezioni introdurre un limite di un solo mandato presidenziale [fr]. Questo potrebbe garantire che le prossime elezioni forniscano basi concrete per una democrazia sostenibile.
scritto da Lova Rakotomalala • tradotto da Stefano Ignone
Aiuti umanitari UNICEF
In Corno d'Africa sono 12,4 milioni le persone che hanno immediato bisogno di aiuto umanitario. Di questi 2,34 sono bambini malnutriti, 600.000 in modo grave. L’UNICEF, sin dall'inizio, ha sostenuto che questa è la carestia dei bambini e per questo ha fissato fra i primi e più urgenti obiettivi il raggiungimento di tutti i più piccoli con la campagna di vaccinazione.
Nei campi profughi di Dadaab la campagna di vaccinazione (antipolio, anti morbillo, somministrazione di vitamina A e di vermifughi) è stata completata il 5 agosto, raggiungendo oltre 70.000 bambini, il 95 % di quelli registrati nei campi.
Inoltre, sempre in tema di diritto alla salute, oltre 130.000 persone hanno anche beneficiato di aiuti sanitari di emergenza fatti pervenire dall’UNICEF a ospedali e ambulatori. Sono in corso anche campagne di vaccinazione integrate e l’UNICEF sta avviando il ripristino delle fonti idriche, oltre a interventi idrici e sanitari nelle aree di insediamento di profughi e sfollati.
Per rispondere al rischio colera, infine, l’UNICEF ha inviato in varie aree della Somalia, e soprattutto a Mogadiscio, scorte di medicinali e materiali sanitari anti-colera, mentre nei campi profughi in Etiopia -dove si sono registrati vari casi di morbillo- ha avviato, d’intesa con le autorità locali, campagne di vaccinazione ad hoc.
La gravità della siccità è sempre più accentuata, e si prevede continuerà a peggiorare nei prossimi mesi – il culmine della stagione secca dovrebbe essere attorno alla metà di settembre, con una stima dei raccolti dimezzata rispetto alla media degli ultimi 15 anni, solo nella regione somala. 200.000 famiglie della Somalia meridionale riceveranno ogni mese, per sei mesi, un sacco da 25 kg di farina mista di granturco e soia, 3 kg di olio e 15 kg di fagioli, sufficienti al sostentamento di una famiglia di 6 persone.
Nairobi e Mogadiscio continuano ad essere punti di snodo per la distribuzione capillare di scorte nutrizionali, di acqua e medicinali. Ancora molto complicato per gli operatori far pervenire gli aiuti nel Sud della Somalia mentre fondamentale è il contributo che riescono a garantire a Doobley, presso il confine col Kenya, e a Liboi, sulle principali vie di transito dei profughi somali verso i campi di Dadaab, in territorio kenyota, dove il 70% dei nuovi arrivi di agosto sono bambini. Qui sono presenti oltre 400.000 profughi, oltre la metà bambini, compresi 400 minori non accompagnati: il 90% delle donne arriva nei campi con in media 4 figli, spesso in condizioni terribili, tutti malnutriti o gravemente indeboliti.
Le decine di migliaia di persone e di bambini che rischiano la vita non possono non spingerci a ricordare che l’appello dell' UNICEF per raccogliere 315 milioni di dollari necessari agli aiuti nei primi sei mesi è al momento finanziato solo per il 56% e che, soprattutto, per salvare la vita ad un bambino bastano circa 35 euro, pari a 15kg di prodotti terapeutici da somministrare al piccolo per qualche settimana. (aise)
Nei campi profughi di Dadaab la campagna di vaccinazione (antipolio, anti morbillo, somministrazione di vitamina A e di vermifughi) è stata completata il 5 agosto, raggiungendo oltre 70.000 bambini, il 95 % di quelli registrati nei campi.
Inoltre, sempre in tema di diritto alla salute, oltre 130.000 persone hanno anche beneficiato di aiuti sanitari di emergenza fatti pervenire dall’UNICEF a ospedali e ambulatori. Sono in corso anche campagne di vaccinazione integrate e l’UNICEF sta avviando il ripristino delle fonti idriche, oltre a interventi idrici e sanitari nelle aree di insediamento di profughi e sfollati.
Per rispondere al rischio colera, infine, l’UNICEF ha inviato in varie aree della Somalia, e soprattutto a Mogadiscio, scorte di medicinali e materiali sanitari anti-colera, mentre nei campi profughi in Etiopia -dove si sono registrati vari casi di morbillo- ha avviato, d’intesa con le autorità locali, campagne di vaccinazione ad hoc.
La gravità della siccità è sempre più accentuata, e si prevede continuerà a peggiorare nei prossimi mesi – il culmine della stagione secca dovrebbe essere attorno alla metà di settembre, con una stima dei raccolti dimezzata rispetto alla media degli ultimi 15 anni, solo nella regione somala. 200.000 famiglie della Somalia meridionale riceveranno ogni mese, per sei mesi, un sacco da 25 kg di farina mista di granturco e soia, 3 kg di olio e 15 kg di fagioli, sufficienti al sostentamento di una famiglia di 6 persone.
Nairobi e Mogadiscio continuano ad essere punti di snodo per la distribuzione capillare di scorte nutrizionali, di acqua e medicinali. Ancora molto complicato per gli operatori far pervenire gli aiuti nel Sud della Somalia mentre fondamentale è il contributo che riescono a garantire a Doobley, presso il confine col Kenya, e a Liboi, sulle principali vie di transito dei profughi somali verso i campi di Dadaab, in territorio kenyota, dove il 70% dei nuovi arrivi di agosto sono bambini. Qui sono presenti oltre 400.000 profughi, oltre la metà bambini, compresi 400 minori non accompagnati: il 90% delle donne arriva nei campi con in media 4 figli, spesso in condizioni terribili, tutti malnutriti o gravemente indeboliti.
Le decine di migliaia di persone e di bambini che rischiano la vita non possono non spingerci a ricordare che l’appello dell' UNICEF per raccogliere 315 milioni di dollari necessari agli aiuti nei primi sei mesi è al momento finanziato solo per il 56% e che, soprattutto, per salvare la vita ad un bambino bastano circa 35 euro, pari a 15kg di prodotti terapeutici da somministrare al piccolo per qualche settimana. (aise)
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