Umberto Mazzantini
Si conclude a Luanda, capitale dell'Angola, il trentunesimo summit della Southern African Development Community (Sadc) la Comunità dell'Africa australe che riunisce Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Sudafrica, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbabwe. La presidenza di turno della Sadc è stata assunta ieri del presidente angolano José Eduardo dos Santos che ha illustrato le azioni da intraprendere per rispettare il tema del summit: «Consolidare le basi per l'integrazione regionale, sviluppare le infrastrutture per facilitare gli scambi commerciali e la liberalizzazione economica». Una serie di obiettivi che sono anche sfide politiche, visto che nella Sadc siedono governi che ancora si richiamano teoricamente ad ideali socialisti, dittature come lo Zimbabwe che ben poco hanno a che vedere con la libertà e Stati dove il liberismo ha assunto l'aspetto più crudele della rapina delle risorse, dello sfruttamento dell'uomo, della violenza e della guerra. Mentre si plaude alla libera circolazione delle merci, proprio dal Paese ospitante, l'Angola, viene l'allarme per "l'invasione silenziosa" di migranti clandestini, lo stesso accade in Sudafrica con gli zimbabweani. A guardare bene nel mazzo di questi Paesi, colpiti dalla maledizione del petrolio, gli unici tre esempi "felici" sono il Botswana democratico, il piccolo Stato insulare turistico di Mauritius e la vasta, deserta e spopolata Namibia che sta vendendo tutte le sue risorse di uranio e minerarie. Negli altri Paesi la transizione dal "socialismo" post-coloniale al libero mercato affoga spesso nella corruzione che ha aperto un abisso tra i super-ricchi e i sempre più poveri e anche le democrazie "liberali" africane sono in crisi, a cominciare dal Malawi, fiore all'occhiello del Fondo monetario internazionale, precipitato di recente in scontri di piazza e nella sanguinosa repressione poliziesca del regime. Le differenze e le difficoltà dell'Africa australe erano evidenti nei volti dei capi di Stato e di governo saliti in tribuna, vecchi e nuovi, ma spesso esponenti di regimi immutabili: i presidenti di Mozambico Armando Gebuza, Sudafrica Jacob Zuma, Zimbabwe, Robert Mugabe, Namibia Lucas Pohamba, Repubblica del Congo Joseph Kabila oltre al re dello Swaziland Mswati III, i primi ministri del Lesotho Pakalitha Musisili e dello Zimbabwe, Morgan Tsvangirai, i vice-presidenti della Tanzania Mohammed Gharib, della Zambia George Konda e del Bostwana Monpati Merafhe. Con Robert Mugabe, come simbolo della tragedia politica africana, che ha contato ancora sul sostegno del presidente sudafricano Jacob Zuma per sdoganare per l'ennesima volta il suo regime in un consesso internazionale. Ma il summit dovrebbe dare il via libera anche a qualcosa di molto positivo ed importante, secondo l'Agenzia Fides, «diventa sempre più concreta la creazione di un'area ecologicamente protetta nella regione transfrontaliera Kavango Zambesi». La Kavango-Zambezi Transfrontier Conservation Area (Kaza-Tfca)». Secondo il giornale angolano "Apostolado", «si tratta di un'iniziativa di sviluppo sostenibile che comprende cinque Paesi africani e permetterà il collegamento di 14 aree di importanza internazionale. Con una lunghezza di 278mila chilometri quadrati, l'area interessa Angola, Botswana, Namibia, Zambia e Zimbabwe». In Angola, il progetto riguarda la provincia sudorientale di Kubango e comprende 6 aree ambientali: 2 riserve parziali, Luiana e Mavinga, e 4 zone di caccia pubbliche, Mucusso, Long-Mavinga, Luengo e Luiana, che si estendono su una superficie di circa 87 mila chilometri quadrati. Un rapporto della Direzione Nazionale angolana della Biodiversità sottolinea che «il progetto mira a stabilire una zona di conservazione naturale transfrontaliera e di destinazione internazionale per l'eco-turismo nelle regioni del bacino idrografico dei fiumi Kavango e Zambesi». Il progetto è all'esame dei 5 Stati e l'accordo definitivo dovrebbe essere firmato entro la fine dell'anno. Intanto sono già stati istituiti i diversi gruppi tecnici che si occupano di salvaguardia dell'ambiente, comunità locali, difesa e sicurezza, comunicazioni e turismo. La Fides spiega che «tra gli altri obiettivi, il progetto mira anche a conservare la biodiversità, a ripartire i benefici delle risorse naturali, a permettere lo sviluppo sostenibile delle comunità locali e l'eco-turismo».
Fonte: Greenreport
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