Si è celebrata la prima Giornata mondiale
della radio. Oltre a quelle già presentate, parliamo di un’altra emittente di
frontiera: Radio Don Bosco, che trasmette da Antanarivo, in Madagascar, sette
giorni su sette, 24 ore su 24.
Una
radio libera, educativa, di ispirazione cattolica.
Massimo
Pittarello ha chiesto
al fondatore, don Mimmo
Alvati, docente di Comunicazione sociale all’Università Pontificia Salesiana,
quale sia il ruolo dell’emittente nel Paese:
R. – La radio per il Madagascar, ma non solo per il Madagascar, svolge un ruolo fondamentale fra tutti i mezzi di comunicazione di massa proprio perché è il mezzo maggiormente diffuso, quello che entra nelle case, quello che è anche maggiormente disponibile a livello “economico”. Ha una forte incidenza nella vita delle persone e un tasso di ascolto molto elevato. Noi abbiamo un obiettivo fondamentalmente educativo, di promozione delle persone attraverso la radio: per questo abbiamo una grande responsabilità nei confronti della gente che ci ascolta.
D. – Siete un punto di riferimento per i cattolici del Madagascar?
R. - Questo senz’altro. E possiamo dire non solo per i cattolici: non vorrei esagerare, ma lo share elevato, confermato anche dagli ultimi rilevamenti che registra Radio Don Bosco, ci permette di dire che non è soltanto il pubblico cattolico che ci ascolta. Per cui, come radio di ispirazione cristiana, abbiamo una grande responsabilità nei confronti dei fedeli che ci ascoltano, ma posso anche dire, che fin dall’inizio, il nostro obiettivo è stato quello di fare una radio malgascia per il Madagascar, per la gente, per tutti quanti, al di là di quelle che possono essere le differenze religiose. Perché il nostro è un progetto comunicativo, educativo, che vuole arrivare a un obiettivo: contribuire al processo di sviluppo, di promozione della persona, in questo caso del Madagascar, della popolazione malgascia. Il pubblico, poi, ha riconosciuto questo sforzo e ci ascolta. Per cui, servire il Madagascar attraverso la radio, è a questo punto un doppio dovere.
D. – Come organizzate il palinsesto, la forza lavoro della radio nel suo insieme?
R. – Per quanto riguarda il palinsesto, la radio è organizzata per fasce orarie. A seconda di quello che può essere il pubblico che ascolta la radio in quelle fasce, viene fatta una programmazione specifica. Essendo una radio generalista, ci rivolgiamo un po’ a tutti per cui è necessaria questa frammentazione della programmazione per fasce orarie, proprio per raggiungere il pubblico che ci ascolta in quel determinato momento della giornata. La programmazione varia dall’intrattenimento, alla musica, ai programmi di educazione, di approfondimento, giornalistici... Abbiamo una testata giornalistica formata da una decina di giornalisti che seguono a tempo pieno, non solo le edizioni del gr, ma tutte le trasmissioni di formazione. Ad esempio, il radiodramma, che è quasi scomparso in Italia e nel mondo occidentale, è un appuntamento fisso, ed è la trasmissione più ascoltata. Poi c’è l’organigramma di circa una quarantina di persone, e anche di più compresi i collaboratori, che lavorano, che girano, che prestano soprattutto il loro servizio a questo progetto comunicativo-educativo di evangelizzazione e promozione attraverso la radio.
D. – Se dovesse fare un paragone con le trasmissioni radio e con le emittenti radiofoniche in Italia, cosa si sentirebbe di dire?
R. – L’impostazione che è stata fatta della radio fin dall’inizio è quella di una qualità professionale elevata agli standard europei. C’è stato un grande investimento anche a livello di risorse tecniche, per cui la radio, da un punto di vista tecnico, non ha nulla da invidiare alle radio private del mondo occidentale. Questo investimento è stato poi premiato dall’ascolto, dai frutti che vengono dal nostro lavoro, dal nostro servizio attraverso la radio. Per quanto riguarda la programmazione, noi non siamo una radio di preghiera, quindi trattiamo vari temi dove la dimensione dell’educazione e dell’evangelizzazione è trasversale a tutti i programmi. Quindi un doppio sforzo – direi – per cercare di rendere interessante la programmazione, andare incontro alle attese del pubblico, ai gusti, ma nello stesso tempo fare una forte proposta educativa. (bi) Radio Vaticana
R. – La radio per il Madagascar, ma non solo per il Madagascar, svolge un ruolo fondamentale fra tutti i mezzi di comunicazione di massa proprio perché è il mezzo maggiormente diffuso, quello che entra nelle case, quello che è anche maggiormente disponibile a livello “economico”. Ha una forte incidenza nella vita delle persone e un tasso di ascolto molto elevato. Noi abbiamo un obiettivo fondamentalmente educativo, di promozione delle persone attraverso la radio: per questo abbiamo una grande responsabilità nei confronti della gente che ci ascolta.
D. – Siete un punto di riferimento per i cattolici del Madagascar?
R. - Questo senz’altro. E possiamo dire non solo per i cattolici: non vorrei esagerare, ma lo share elevato, confermato anche dagli ultimi rilevamenti che registra Radio Don Bosco, ci permette di dire che non è soltanto il pubblico cattolico che ci ascolta. Per cui, come radio di ispirazione cristiana, abbiamo una grande responsabilità nei confronti dei fedeli che ci ascoltano, ma posso anche dire, che fin dall’inizio, il nostro obiettivo è stato quello di fare una radio malgascia per il Madagascar, per la gente, per tutti quanti, al di là di quelle che possono essere le differenze religiose. Perché il nostro è un progetto comunicativo, educativo, che vuole arrivare a un obiettivo: contribuire al processo di sviluppo, di promozione della persona, in questo caso del Madagascar, della popolazione malgascia. Il pubblico, poi, ha riconosciuto questo sforzo e ci ascolta. Per cui, servire il Madagascar attraverso la radio, è a questo punto un doppio dovere.
D. – Come organizzate il palinsesto, la forza lavoro della radio nel suo insieme?
R. – Per quanto riguarda il palinsesto, la radio è organizzata per fasce orarie. A seconda di quello che può essere il pubblico che ascolta la radio in quelle fasce, viene fatta una programmazione specifica. Essendo una radio generalista, ci rivolgiamo un po’ a tutti per cui è necessaria questa frammentazione della programmazione per fasce orarie, proprio per raggiungere il pubblico che ci ascolta in quel determinato momento della giornata. La programmazione varia dall’intrattenimento, alla musica, ai programmi di educazione, di approfondimento, giornalistici... Abbiamo una testata giornalistica formata da una decina di giornalisti che seguono a tempo pieno, non solo le edizioni del gr, ma tutte le trasmissioni di formazione. Ad esempio, il radiodramma, che è quasi scomparso in Italia e nel mondo occidentale, è un appuntamento fisso, ed è la trasmissione più ascoltata. Poi c’è l’organigramma di circa una quarantina di persone, e anche di più compresi i collaboratori, che lavorano, che girano, che prestano soprattutto il loro servizio a questo progetto comunicativo-educativo di evangelizzazione e promozione attraverso la radio.
D. – Se dovesse fare un paragone con le trasmissioni radio e con le emittenti radiofoniche in Italia, cosa si sentirebbe di dire?
R. – L’impostazione che è stata fatta della radio fin dall’inizio è quella di una qualità professionale elevata agli standard europei. C’è stato un grande investimento anche a livello di risorse tecniche, per cui la radio, da un punto di vista tecnico, non ha nulla da invidiare alle radio private del mondo occidentale. Questo investimento è stato poi premiato dall’ascolto, dai frutti che vengono dal nostro lavoro, dal nostro servizio attraverso la radio. Per quanto riguarda la programmazione, noi non siamo una radio di preghiera, quindi trattiamo vari temi dove la dimensione dell’educazione e dell’evangelizzazione è trasversale a tutti i programmi. Quindi un doppio sforzo – direi – per cercare di rendere interessante la programmazione, andare incontro alle attese del pubblico, ai gusti, ma nello stesso tempo fare una forte proposta educativa. (bi) Radio Vaticana
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