martedì 8 marzo 2011

"Il gioiellino" di Andrea Molaioli, il film ispirato al crac Parmalat

La più grande fabbrica di debiti del capitalismo europeo



Estremamente difficile replicare il successo di pubblico e critica di La ragazza del lago, primo lungometraggio di Andrea Molaioli, vincitore di 10 David di Donatello nel 2008. Eppure il regista classe 1967, dopo essersi fatto le ossa sui set di Nanni Moretti, Carlo Mazzacurati e Daniele Luchetti come aiuto-regista, ha spiccato il volo e con quest’opera seconda, Il gioiellino, non smentisce l’ottimo esordio, al contrario lo rafforza. La storia prende spunto dal terribile crac della Parmalat, l’azienda guidata da Calisto Tanzi, arrestato nel 2008 con l’accusa di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio ma, come dichiarato dallo stesso regista, è un film che nasce dall’interesse nei confronti dei sistemi che regolano la finanza, spesso non compresi dai cittadini e che, a causa dei loro dissesti finanziari, comportano ingenti danni all’economia reale. Per il crac Parmalat da 14 miliardi di euro, il Tribunale di Parma ha condannato l'ex patron della società Calisto Tanzi a 18 anni di reclusione. Il pm aveva chiesto per lui 20 anni di reclusione. Sono condannati anche altri dirigenti della società: Fausto Tonna a 14 anni, mentre 10 anni e mezzo sono stati stabiliti per il fratello di Calisto, Giovanni Tanzi. Tra le altre condanne stabilite oggi dal Tribunale di Parma, 6 anni sono stati comminati a Luciano Siligardi, ex membro del consiglio di amministrazione di Parmalat, mentre a Domenico Barili 8 anni. Giovanni Bonici, già presidente di Parmalat Venezuela è stato condannato a 5 anni, mentre 5 anni e 4 mesi sono stati stabiliti per Paolo Sciumè. E ancora 4 anni per Giuliano Panizzi, 1 anno e 6 mesi per Sergio Erede, 5 anni e 4 mesi per Mario Mutti, 5 anni e 4 mesi per Rosario Lucio Calogero e 4 anni per Davide Fratta. Quattro anni per Enrico Barachini.
«Non mi aspettavo una sentenza così severa». Sono queste le prime parole che Calisto Tanzi ha detto al suo legale Giampiero Biancolella che, subito dopo la lettura della lunga sentenza del processo Parmalat. Calisto Tanzi e gli altri condannati nel processo Parmalat di Parma dovranno risarcire due miliardi di euro alla nuova azienda sorta sulle ceneri del crac e il 5% del valore nominale delle obbligazioni ai risparmiatori. Secondo una stima dei legali di parte civile, il valore dei bond sottoscritti si aggirerebbe sui 600 milioni di euro; il risarcimento dovrebbe essere quindi di circa 30 milioni.
Il Tribunale di Parma presieduto da Eleonora Fiengo era entrato, alle 11.15, in camera di consiglio per emettere la sentenza su Calisto Tanzi e altri 16 imputati del processo per bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere del crac Parmalat. I giudici hanno ascoltato alcune controrepliche da parte dei difensori, dopodichè si sono ritirati per emettere la sentenza, che è arrivata poco dopo le 17.
A sette anni dal crac da 14 miliardi di euro e a 32 mesi dall'inizio del processo, si è chiuso il primo grado del giudizio nei confronti del gruppo dirigente della Parmalat di Calisto Tanzi. Per l'ex patron la procura ha chiesto una condanna a 20 anni di reclusione, per essere stato l'anima «della più grande fabbrica di debiti del capitalismo europeo». Ma i «guai» giudiziari dell'ex cavaliere del Lavoro e croce al merito della Repubblica (entrambi i titoli gli sono stati ritirati in tempi recenti per «indegnità») non si esauriscono qui. A Milano l'ex patron è stato condannato a 10 anni in secondo grado per l'accusa di aggiotaggio, mentre a Parma sono in procinto di essere chiuse l'inchiesta sul Parma calcio e quella sui quadri d'autore nascosti prima del crac del 2003. Continua inoltre il processo nato dal filone turistico dell'inchiesta sul default Parmalat. Durante una delle ultime udienze del processo principale, Tanzi ha polemicamente consegnato ai giudici il proprio passaporto in risposta alla richiesta di arresti presentata dai magistrati milanesi che lo ritengono ancora capace di delinquere e pronto alla fuga. Ma domani a Parma saranno stilati i primi verdetti su un'intera classe dirigente, quella che ha fatto di Parmalat, nell'arco di 13 anni, una multinazionale con interessi in ogni angolo del mondo, ma che ha coperto con falsi e aggiustamenti di bilancio una colossale voragine di debiti. Sono più di 32 mila i risparmiatori che si sono costituiti in giudizio.
Oltre a Tanzi, sono 16 gli imputati del procedimento. Per suo fratello Giovanni sono stati chiesti 12 anni di reclusione; 9 anni e 6 mesi per Fausto Tonna, ex direttore finanziario del gruppo, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti per la collaborazione dimostrata nel corso della complessa inchiesta; 7 anni e 6 mesi per Domenico Barili, ex direttore marketing; 6 anni per Luciano Silingardi, ex componente esterno del Cda di Parmalat finanziaria; 6 anni per Paolo Sciumè, avvocato ed ex membro del Cda di Parmalat Finanziaria; 6 anni per Camillo Florini, ex manager del settore turistico; 4 anni per Giuliano Panizzi, ex consigliere d'amministrazione di Parmalat Spa; 4 anni per Mario Mutti, che per l'accusa ha consentito con le società di cui era amministratore distrazioni milionarie; 4 anni per Davide Fratta, ultimo dei sindaci del gruppo rimasto nel processo; 3 anni per Paolo Compiani, ex amministratore di Cosal ed Emmegi; 5 anni per Rosario Lucio Calogero, ex revisore della Hogson Landau e poi amministratore di società Parmalat; 5 anni per Fabio Branchi, commercialista ed ex amministratore di società legate alla famiglia Tanzi; 5 anni per Giovanni Bonici, ex Parmalat Venezuela ed ex amministratore di Bonlat; 4 anni per Enrico Barachini, ex consigliere della finanziaria; 2 anni per Alfredo Gaetani, ex presidente di Eurolat; 2 anni per l'avvocato Sergio Erede, che è stato consigliere d'amministrazione di Parmalat. Quando partì l'udienza preliminare erano 71 gli indagati quasi tutti ex amministratori, sindaci e revisori della multinazionale del latte ai quali fu contestata l'associazione per delinquere, la bancarotta fraudolenta e semplice, il falso in bilancio e le false comunicazioni sociali

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