Ha lasciato la divisa mezzo secolo fa "arruolandosi" nei gesuiti. È tornato per curarsi. Lavora per i più poveri in Madagascar e fa appello alla generosità dei romani.
Vita in parallelo quella di fratel Domenico Fazio che ha vestito la divisa di carabiniere al servizio degli indifesi per essere come tutti i militari dell'Arma «nei secoli fedele». Solo che Domenico aveva in mente un'altra divisa e un altro tipo di fedeltà. La svolta arriva nel 1958 a Iglesias, quando dall'esercito della Bemenerita passa "armi e bagagli" con "l'esercito" di Gesù. Nel 1960 è fratel Domenico Fazio, missionario e gesuita, in viaggio su una nave che da Marsiglia lo porta in Madagascar.
Mezzo secolo di vita in divisa da missionario spesa a difendere i diritti dei poveri e alimentare coi fatti la speranza di un futuro più dignitoso. Una fatica fisica evidente per i suoi 72 anni, al punto da richiedere una rientro in Italia per alcune cure. Una occasione per rinnovare l'invito a sostenere insieme al Gruppo India i progetti di questo missionario dalla figura imponente, occhi azzurri, vivaci e una maestosa barba. Pronto a rimettersi in gioco perché «i diritti dei poveri - spiega nella sede dei gesuiti del Gruppo India in via degli Astalli - sono una passione per la quale bisogna avere il coraggio di arrivare fino al martirio. I poveri "impicciano" sempre eppure la Buona Novella è stata annunciata a loro.
Originario di Benevento, fratel Fazio non ama giri di parole e spiega con un esempio recente. «Nel corso di questo soggiorno in Italia, delle signore mi hanno chiesto di leggere e commentare le Beatitudini. Alla prima "beati i poveri di spirito" mi sono dovuto fermare perché - prosegue - ho pensato ai poveri che sono affamati, malnutriti, consegnati all'ignoranza». In Madagascar fratel Fazio ha realizzato villaggi per accogliere le famiglie dei facchini rimasti senza lavoro e riconveriti in agricoltori in un territorio donato dal Governo in piena savana, dove tra grazie ai benefattori, alla determinazione del missionario e alla Provvidenza, sono nate scuole per bambini e un policlinico con diversi padiglioni. Case di mattoni e case di fango in attesa di diventare vere abitazioni. Un migliaio di scolari da sfamare tutti i giorni, insegnanti e medici che hanno lasciato la città «ma che devo pagare tutti i mesi. Un professore costa 400 euro l'anno. Le risorse non bastano mai ma educazione e istruzione sono fondamentali per uscire dal sottosviluppo e fare delle future generazioni persone in grado di aiutare la famiglia, il villaggio, la tribù, il loro Paese. Senza il miraggio di emigrare. Magari in Europa».
Il "miracolo" della savana si chiama Fandana e, in assenza di fratel Fazio, è affidato alle suore di San Giuseppe d'Aosta. La realtà di Fandana ha compiuto un altro "miracolo" che ha visto le tribù e i «villaggi delle zone intorno realizzare scuole di fango e comprendere il valore dell'istruzione». È una rivoluzione che solo Domenico Fazio, il "folle di Dio" poteva iniziare. Domani lascerà Roma per il Madagascar dove migliaia di persone confidano nel suo progetto per cambiare vita o almeno provarci. (Foto Gmt)
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