giovedì 10 febbraio 2011

Attirare sempre più persone e più voci in Rete

Vale innanzi tutto la pena di ricordare che il World Wide Web non rappresenta certo il mondo intero. Questa immagine composita della superficie terrestre risale ormai a un decennio fa, ma è ancora abbastanza rappresentativa degli 1.8 miliardi di persone che sono online e dei 4.8 miliardi che non ci sono.
Quelle zone scure che vedete sulla mappa non sono regioni che se ne stanno in silenzio – semplicemente sono quelle di solito non ben rappresentate dai media globali. Grazie a Global Voices, ora ho molti amici in Madagascar, e vi posso assicurare che a infastidirli di più è il fatto di essere più famosi per l'omonimo film della Dreamworks che per le bellezze naturali del loro Paese.

Foko Club non si è sviluppato come progetto per modificare la percezione che avevano all''estero del Madagascar. Inizialmente non era che un club di liceali per apprendere l'inglese, poi si è trasformato in un club di persone interessate a internet, e in seguito è diventato un club di blogger che si è diffuso a livello nazionale.
Foko si è trasformato in qualcosa di diverso all'inizio del 2009, quando la politica malgascia è finita nel caos per via del sindaco della capitale malgascia che ha spodestato il presidente con l'appoggio dell''esercito. Il nuovo governo ha messo a tacere la maggior parte dei media indipendenti; internet era uno dei pochi spazi in cui la gente poteva informare sulle manifestazioni, e così i liceali associati a Foko si sono d'un tratto trovati a riportare le ultime notizie sui loro blog e con le foto fatte dai cellulari. Se vogliamo aprirci a un mondo più grande, dobbiamo trovare il modo di far crescere le voci nei luoghi come il Madagascar, di cui non sentiamo parlare spesso.

Traduzione: distribuita, umana e trasparente, accessibile per default

Ed ecco la fregatura – il malgascio magari non lo conoscerete. Ma anche se così non fosse, si dà il caso che internet si appresti a diventare un luogo intrinsecamente poliglotta, perciò, mentre i contenuti online crescono di giorno in giorno, c'è una porzione decrescente di internet a cui ciascuno di noi riesce ad avere accesso individuale, perché aumenta il numero delle lingue presenti che non conosciamo.
Quando incontriamo parole che non conosciamo – nel mondo reale come in quello online – tendiamo a ignorarle. Anche internet è strutturato per ignorarle – se cercate su Google la parola “apple” troverete delle relative pagine in spagnolo, ma non pagine contenenti il termine “manzana” o “ringo”.

Nel nuovo browser Chrome, Google ha adottato una soluzione piuttosto ingegnosa – rileva la lingua della pagina che state visitando e si offre di tradurla per voi. Potete per esempio impostare il browser in modo che vi traduca sempre i testi dal cinese… il che significa che se cliccate su un link che vi porta a un sito in lingua cinese, non dovrete più uscire, scoraggiati da caratteri incomprensibili.


Il problema è che Google ricorre alla traduzione automatica, che funziona abbastanza dignitosamente fra l'inglese e il francese, ma assai male fra inglese e cinese. Quello che invece io mi immagino è che si possa avere un tasto che ci consenta di richiedere la traduzione umana di una pagina che ci interessa. e quindi di pagare attraverso appositi sistemi qualcuno disposto a pubblicarla, oppure di far sapere a un volontario che c'è qualcuno che desidera leggere quella pagina tradotta.


Si è visto che i volontari riescono a tradurre molto più di quanto non si immagini. Questo è Zhang Lei, che nel periodo precedente le olimpiadi di Pechino viveva negli Stati Uniti, dove molti erano i media estremamente attenti alla questione dei diritti umani che vedeva coinvolta la Cina in Tibet. Zhang Lei ha intuito che la barriera linguistica fra chi parlava cinese e chi inglese era portatrice di molti conflitti evitabili, e così, insieme ai suoi amici, ha preso a tradurre in cinese i più influenti media di lingua inglese.
 Yeeydiritan, che conta 150,000 volontari iscritti, pubblica ogni giorno dai cinquanta ai cento articoli, riprendendo contenuti dal New York Times e da siti come Read Write Web. Prima che il governo li facesse temporaneamente chiudere, collaboravano con The Guardian alla redazione di un'edizione ufficiale del quotidiano. Allora la domanda che mi pongo io è: dove è mai la versione inglese che ci consenta di capire cosa dicono i media cinesi? Se aspiriamo ad aprirci a un mondo più vasto, dobbiamo prendere sul serio l'opera di traduzione, e fare in modo che diventi un processo costante e trasparente, un''impostazione predefinita (default).
Quando i filtri non aiutano: servono ‘curatori' per portarci fuori dal branco

Possiamo allora immaginare un futuro in cui progetti come Foko favoriranno l'ascolto di voci provenienti da ogni angolo della terra, e in cui Yeeyan tradurrà verso lingue che conosciamo.

Come si fa a decidere cosa leggere?


Il mondo è troppo grande per noi come singoli, e internet è altrettanto travolgente. Di recente YouTube ha annunciato che complessivamente si producono ogni giorno 24 ore di video al minuto, vale a dire che per guardare i video pubblicati in un singolo giorno, ci vogliono almeno quattro anni, e questo senza considerare pause per dormire, andare in bagno e fare la psicoterapia di cui abbiamo un gran bisogno. Servono filtri per gestire tutte queste informazioni.

Quelli che di solito si utilizzano per gestire internet sono due – i motori di ricerca, che funzionano benissimo per dirci cosa vogliamo sapere, e i social network, che promettono di dirci cose che non sapevamo di voler sapere. Molti stanno lavorando a progetti per trovare le cose in modo fortuito, basandosi sul fatto che in internet navigate voi, ma anche i vostri amici. E se i vostri amici – o anche solo qualcuno che abbia interessi simili ai vostri – trova qualcosa di interessante, anche voi potreste fare la stessa scoperta fortuita. 
Questo metodo ha solo un problema. Gli esseri umani sono animali da branco. Come gli uccelli siamo gregari e ci muoviamo in gruppo. Perciò, quello che troviamo su siti come Reddit o Digg – o i link che ci passano i nostri amici su Facebook o Twitter – non è altro che ciò che stanno guardando quelli del branco. Può darsi che il branco vi faccia trovare cose inaspettate e utili, ma è difficile che si tratti di cose che si trovano all''altro capo del mondo.
E questa è Amira Al-Hussaini, responsabile della sezione Medio Oriente e Nord Africa di Global Voices. Fa uno dei lavori più impegnativi che io conosca, riuscendo a tirare fuori dal caos della blogosfera medio-orientale storie che noi andiamo poi a pubblicare sul sito. E il fatto è che deve farlo in modo che le persone che rappresenta - israeliani e palestinesi, siriani e iracheni - si sentano rappresentate equamente. Ma la vera sfida per lei è individuare la storia capace di attirare la nostra attenzione, perché divertente, o magari surreale, commovente o anche solo ben scritta.
Scoprire cose affascinanti, ma al di fuori della vostra orbita abituale è quello che di solito fanno i bravi DJ, i curatore di mostre, oppure i redattori. Ci sono casi di vera eccellenza, veri esperti, che sono ben consapevoli di ciò che conoscete, di quanto non conoscete e di quello che potrebbe piacervi. Automatizzare non è cosa facile – non credo in effetti che ci si arriverà – e va bene così – questi curatori potrebbero però essere impiegati via internet nel compito di orientare il pubblico verso scoperte interessanti. Per aprire spazi più ampi ci vuole questo terzo tipo di filtro – certo, servono motori di ricerca e social network, ma anche guide che ci conducano fuori dal branco alla scoperta di voci diverse.

Contestualizzare: il ruolo delle "persone-ponte”




Quando ascoltiamo voci provenienti da parti del mondo di cui si parla poco, quando riusciamo a leggere voci in lingue diverse dalla nostra, quando chi lo sa fare bene riesce a condurci fuori dalla nostra personale confort zone, potremmo trovarci in territorio sconosciuto.
Parliamo un attimo di Afrigadget, uno dei migliori blog di tecnologia su internet. Dà spazio a diversi programmatori e tecnici africani, dagli sviluppatori di software ai fabbri. Il blog, con il suo messaggio, non vuole certo insegnarci come si ricava uno scalpello da un albero motore della Land Rover – ma raccontarci come può essere creativo riciclare e come si possano produrre innovazioni anche in estrema economia di mezzi.
La comprensione di un messaggio e di un'immagine come questi richiede la presenza di un contesto. Creare tale contesto è il compito svolto da questa guida. Il fondatore di Afrigadget è Erik Hersman, un “geek” statunitense, direttore operativo di una prestigiosa software house che ha già vinto numerosi premi, e anche africano. Nato nel Sudan meridionale, ha frequentato il liceo in Kenya e parla swahili correntemente. Insomma, ha i piedi in due mondi diversi, e la sua passione è spiegare l'uno all'altro. Erik è un personaggio-ponte: uno dei pochi che può far interessare i geek americani ai fabbri kenioti, e viceversa, proprio perché comprende bene entrambi gli universi, ed è in grado di creare collegamenti tra i due.
Se aspiriamo a un mondo più ampio, dobbiamo riconoscere e rendere merito a questi personaggi-ponte amplificandone l''influenza, e poi dobbiamo far sì che questi ponti vengano attraversati.
Fossi stato al posto di Dhani Jones, difensore di una squadra di football americano, credo che avrei dedicato le vacanze a curarmi le ferite, e a spendere e spandere. Lui invece passa il tempo libero a viaggiare in vari Paesi, alla ricerca di atleti di varie discipline con cui allenarsi e da cui imparare. Conduce un programma sul canale satellitare Travel Channel che secondo me è degno di nota - e non solo perché è molto interessante starsene a guardare un atleta professionista che apprende le nozioni necessarie per giocare a pallanuoto o praticare la boxe thailandese: trovo sia affascinante perché Dhani, in un certo qual modo, riesce a trasmettere un senso di apertura, buonumore e ospitalità che invita la gente a entrare in contatto con lui in qualunque Paese si trovi. Dhani è uno xenofilo, ovvero una persona che fa la fatica che serve per attraversare i ponti e interagire con un mondo sempre più vasto. Guardo la sua trasmissione perché per me è fonte d'ispirazione e insegnamento, e mi permette di conoscere il mondo in tutta la sua diversità e complessità.
La sfida che lancio a tutti voi non è semplicemente di diventare xenofili, o di farvi “ponti” - la maggior parte di voi ponte lo è già, altrimenti non stareste qui ad assistere a una conferenza dedicata a idee provenienti dal mondo. La sfida che vi propongo è questa: aiutatemi a capire come poter costruire nuovi strumenti, come riformare i sistemi educativi, di immigrazione e di governo nel complesso, per poter potenziare il lavoro di chi è impegnato ad aprire nel mondo spazi sempre più vasti. Come facciamo a coltivare questi xenofili, a rendere onore ai costruttori di ponti, a ri-sintonizzare i media, affinché ci consentano di capire com'è il resto del mondo, e non solo il nostro piccolo gregge? È a questo che sto lavorando, e vorrei tanto poter contare sul vostro aiuto.
DI ETHAN ZUCKERMAN, TRADUZIONE COLLETTIVA DI 'VOCI GLOBALI

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