domenica 27 febbraio 2011

Centro studi “fuga dei talenti”

La “Fuga dei Talenti” è un fenomeno per molti versi ancora sconosciuto nella sua reale entità. Sporadici articoli sui giornali, e ancora più sporadiche ricerche ufficiali o semi-ufficiali, provano da anni a tratteggiarne i contorni. Mancano tuttavia ricerche organiche.


Un Ingegnere in Silicon Valley


In California ho trovato un sacco di gente entusiasta del proprio lavoro: nessuno ha problemi a lavorare anche 10 ore al giorno, perché qua si fanno cose interessanti, dove uno vede il suo contributo diretto al successo dell’azienda… e l’azienda ti ricompensa pure! Anche se l’impresa è grossa, il feeling è sempre quello di una piccola azienda, dove la singola persona può fare la differenza. E si è valorizzati per quello“: così Simone Morellato, 34 anni, ingegnere al lavoro per la multinazionale Cisco in Silicon Valley, descrive l’ambiente di lavoro sulla costa del Pacifico. Lontano, e non solo geograficamente, dall’Italia.
Simone è arrivato negli Stati Uniti poco dopo la fine dell’università, forte di una laurea in Ingegneria Elettronica. In Italia gli si era presentata solamente l’occasione di uno stage -ovviamente non retribuito- presso un’azienda informatica di Treviso. Poi però è prevalsa la voglia di fare un’esperienza all’estero, sostenuta da un docente universitario, che aiuta Simone a trovare una internship presso Cisco: “quando ho visto che per fare uno stage mi retribuivano pure, che avevo una casa pagata, e che andavo a lavorare nell’azienda più importante al mondo per quanto riguarda le reti… beh, allora è stata una decisione facile“, chiosa Simone.
Il protagonista della puntata odierna scala rapidamente -nel corso dell’ultimo decennio- le posizioni professionali al’interno del colosso americano, arrivando a ricoprire la carica diSenior Technical Marketing Engineer, per la quale si occupa di training e test di laboratorio. Contemporaneamente, grazie agli stimoli che provengono dal contesto californiano, si getta nell’avventura imprenditoriale, aprendo una propria azienda di produzione di applicazioni per IPhone, la “JustApps”.
Qui ho trovato davvero l’America“, afferma soddisfatto Simone: “mi posso permettere praticamente tutto quello che voglio, posso svolgere qualsiasi attività con facilità, posso viaggiare, ho la possibilità di conoscere ogni giorno gente nuova e da tutte le parti del mondo. Insomma, mi è proprio cambiata la vita“.

Firma anche tu: Impegnati a rendere l’Italia “un Paese per Giovani”


IL MANIFESTO:
1. Il fenomeno dell’espatrio dei giovani professionisti qualificati dall’Italia è un’emergenza nazionale. Si parte, ma non si torna (se non per assoluta necessità), né si attraggono giovani di talento da altri Paesi. In Italia non esiste “circolazione” dei talenti.
2. L’Italia non è un Paese per Giovani. È per questo che siamo dovuti andar via, o non possiamo a breve farvi ritorno. L’Italia è un Paese col freno a mano tirato, nella migliore delle ipotesi. Un Paese dove la classe dirigente -che si autoriproduce da decenni- ha fallito. All’estero i giovani hanno uguale diritto di cittadinanza delle generazioni che li hanno preceduti.
3. Il processo selettivo all’estero è di gran lunga più trasparente e meritocratico rispetto all’Italia. Anche la quantità di offerte lavorative è maggiore, di migliore qualità e meglio pubblicizzata.
4. Il percorso di carriera all’estero è chiaro, definito e prevede salari mediamente di gran lunga maggiori rispetto all’Italia, soprattutto per giovani neolaureati.
5. All’estero non conta l’anagrafe: puoi ottenere posizioni di responsabilità a qualsiasi età, se vali. Anche a 25 anni.
6. La “raccomandazione” all’estero è trasparente: chi segnala ci mette la faccia e si gioca la reputazione. In Italia è nascosta, premia i mediocri, i “figli-nipoti-cugini di” e i cooptati. Il nepotismo è una piaga nazionale, da debellare anche mediante l’introduzione di uno specifico reato penale.
7. All’estero si scommette sulle idee dei giovani. Le si finanzia e le si sostiene, nel nome dell’innovazione. In Italia -invece- i finanziamenti vanno prevalentemente a chi ha un nome o un’affiliazione.
8. All’estero esiste -in molti casi- un welfare state che sostiene i giovani, per esempio attraverso un reddito minimo di disoccupazione o sovvenzioni per il pagamento dell’affitto. In Italia il Welfare State è quasi interamente “regalato” agli anziani. I giovani sono abbandonati a se stessi, a carico delle famiglie. Il vero “ammortizzatore sociale” nel Belpaese sono le famiglie: lo Stato, la politica, hanno fallito.
9. All’estero esiste il ricambio generazionale: in politica, come in imprenditoria, come nell’accademia o negli altri settori della società civile, le generazioni si cedono il passo, per far progredire la società.
10. Noi giovani professionisti italiani espatriati intendiamo impegnarci, affinché l’Italia torni ad essere un “Paese per Giovani”, meritocratico, moderno, innovatore. Affinché esca dalla sua condizione terzomondista, conservatrice e ipocrita. E torni ad essere a pieno titolo un Paese europeo e occidentale. 

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