mercoledì 9 febbraio 2011

La maledizione del denaro

"Nessuna ricchezza è innocente"
Eduardo Galeano

Siamo ospiti. E' nostro dovere rispettare le loro tradizioni e il loro
stile di vita, accettandoli per come sono, senza criticarli. Se per
esempio un italiano sposa una malgascia, dovrà comprarla a suo padre,
portandogli uno zebù, o l'equivalente in denaro. Una donna in cambio
di una mucca e che le nostre femministe se ne stiano zitte! Qui si usa
cosi'. Antica tradizione tribale. Io ho scelto la busta con il denaro,
più due bottiglie di Brighton, e ho preteso che nessun animale venisse
ucciso per festeggiare il mio matrimonio. A dimostrazione che, ovunque
nel mondo, le regole sono come le uova: meglio strapazzate! E che
anche i malgasci, cosi' ligi e intransigenti con le proprie
tradizioni, conoscono l'arte del compromesso. Da chi l'avranno
imparata? Sicuramente, dal contatto con gli europei, negli ultimi tre
secoli, avranno imparato anche la necessità di mediare, in certe
situazioni, tra due opposte tendenze, potenzialmente conflittuali.
Avranno pure studiato il nostro comportamento! Ci avranno ben
osservati! Magari facendo finta d'essere impegnati in tutt'altre
faccende e buttandoci una sbirciatina ogni tanto. Non so quanto di
buono, i malgasci, abbiano imparato dai bianchi, né sono riuscito a
capire cosa pensino realmente di noi, anche perché l'insieme dei
bianchi non presenta un comportamento uniforme, essendo costituito da
numerosi sottoinsiemi. I primi pirati sbarcati in quella località che
poi avrebbe preso il nome di Diego Suarez, furono visti in modo
diverso da come sono stati visti i missionari cristiani. Nello stesso
modo in cui i medici bianchi sono visti in maniera diversa dai
turisti. Il comune denominatore di tutti questi stranieri di pelle
chiara, se escludiamo i pirati il cui comportamento si perde nelle
nebbie della storia e della leggenda, è la prodigiosa capacità di
estrarre costantemente denaro dal portafoglio, come il prestigiatore
estrae il coniglio dal cappello.
Per la verità, l'idea stessa del denaro fu importata dall'uomo bianco,
presso popolazioni che per la propria sussistenza erano probabilmente
dedite al baratto. E qualunque idea ci siamo fatti circa la bontà o
meno del denaro (da alcuni definito lo sterco del diavolo), è
innegabile che l'introduzione della moneta costitui' per i malgasci,
come anche per tutte le altre popolazioni tribali, un elemento di
forte impatto socio-culturale. Potrebbe essere stato proprio il
denaro, a dispetto della sua comodità, a creare povertà e miseria,
strappando l'umanità dal suo stato di primordiale innocenza,
mercificando la realtà, reificando uomini e animali, ingenerando in
milioni di uomini confusione tra mezzi e fini e trasformando in
primitive - declassandole - società basate su caccia e raccolta.
Questo discorso ci porterebbe lontano, oltre i confini naturali del
Madagascar e, come un immaginario, gigantesco pettine, renderebbe
evidenti gli irrisolti nodi della Storia, la nostra Storia, di noi
bianchi eurocentrici (e lasciamo perdere gli statunitensi), che ci
crediamo depositari della verità e custodi della democrazia. E' un
discorso che ci costringerebbe a mettere in discussione troppe
certezze che ci siamo mentalmente costruiti, o che ci hanno inculcato
sistematicamente facendoci credere che siano l'unico scenario
possibile e desiderabile. Ma se, abitando in Madagascar, vediamo
sfrecciare quotidianamente, davanti ai nostri occhi, i grossi
fuoristrada delle agenzie umanitarie e non possiamo reprimere quel
dubbio, quella domanda, come un tarlo fastidioso, con cui ci chiediamo
se è proprio quello il modo di aiutare i poveri, di sconfiggere
malattia, fame e miseria, allora, forse, se andiamo alla ricerca delle
cause, dei perché di tutto cio' e ipotizziamo che fu proprio
l'invenzione del denaro a generare la povertà, allora, dicevo,
s'impone un momento di riflessione. Un attimo di pausa. Un
ripensamento. Uno sforzo d'immaginazione. Ed è d'uopo chiedersi se un
altro mondo non sia possibile, se tale vigente, perverso, meccanismo
planetario, intriso di lacrime e sangue, non sia stato implementato a
bella posta per permettere a un'élite, a una minoranza, di vivere
nell'agiatezza, a discapito delle folle, la maggioranza, costrette a
vivere nell'indigenza.
Si potrebbe ipotizzare che l'uso della moneta, nato in origine per
ovviare alla scomodità dello scambio di merci ingombrati, sia stato
poi trasformato in strumento di arricchimento e oppressione, dando
luogo a fenomeni criminali, a guerre di conquista, a egoismi e
degenerazione dei costumi, nonché a un'infinità di tragedie varie. Ma
come hanno reagito le menti migliori, fra gli uomini, all'introduzione
del denaro?
Con il disprezzo. Poiché la sua nascita risale alla notte dei tempi,
le religioni più antiche, dell'estremo oriente, lo hanno sempre tenuto
in scarsa considerazione, a differenza delle monoteiste, preferendo
una dignitosa povertà come terreno di coltura della spiritualità. E'
forse grazie alla mancata presa di posizione, verso la maledizione del
denaro, che giudaismo, cristianesimo e islamismo (soprattutto il
secondo), hanno permesso la nascita del capitalismo, con tutte le sue
logiche di oppressione. Del resto, Gesù disse, rassegnato: "I poveri
li avrete sempre con voi". Disse che bisognava pagare le tasse e ai
poveri offri' una rivincita dopo la morte. Non prima. Verrebbe da
pensare che, propugnando la rassegnazione in questa vita, di fronte
alle miserabili condizioni economiche in cui le folle cronicamente si
dibattono, Gesù, come pure l'induismo, non stesse facendo,
propriamente, l'interesse della povera gente, bensi' quello dei
ricchi. Maliziosamente, verrebbe da pensare che il Gesù storico non
sia neanche esistito e che il Vangelo non sia altro che una raccolta
di antichi insegnamenti indiani prodotti, elaborati e assemblati da
eruditi su libro paga dei sultani, dei califfi, dei rajà e degli altri
prepotenti che, insieme alla forza delle armi, hanno saputo usare
anche la forza della persuasione e dell'istinto religioso dei popoli.
Del resto, presso l'antico Israele (per tacere di quello moderno),
forza bruta, violenza, guerre e religione erano un "unicuum", un
"continuum" indissolubile e inestricabile.
Alex Zanotelli, che all'esistenza del Gesù storico ci crede, è meno
vago del Nazareno, nel momento in cui, invece di parlare di "poveri
del mondo", preferisce parlare di "impoveriti", lasciando intendere,
con tale termine, che dietro la povertà nel Terzo Mondo (padre
Zanotelli è stato missionario a Nairobi per molti anni) c'è una
deliberata strategia che ha le sue basi nel Primo Mondo. E se
volessimo scendere nei particolari, si potrebbe arrivare a individuare
la precisa responsabilità di singoli individui, con tanto di nomi e
cognomi.
In quest'ottica, la corruzione endemica dei funzionari malgasci, che
ci ha portato a fargli affiggere, in ogni ufficio pubblico, patetici
manifesti, quali novelle grida manzoniane, contro la pratica delle
mance, offerte spontaneamente o sollecitate, fa quasi tenerezza.
Ricevere denaro in cambio di un certificato è poca cosa, rispetto al
male che viene praticato a Wall Street. Taglieggiare gli
automobilisti, da parte della polizia stradale, è peccato veniale in
confronto a quel girone di dannati chiamato Federal Reserve. In fondo,
anche il VAZAHA PROFIT, che colpisce sia residenti stranieri che
turisti, con l'automatico aumento dei prezzi non appena si presenta un
cliente di razza bianca, è moralmente irrilevante, se si pensa al
colonialismo, al neocolonialismo e a tutte le altre forme di
sfruttamento, palesi e occulte, che i nostri governi, circondati da
uno stuolo di banchieri, finanzieri e imprenditori vari, hanno attuato
per secoli nel sud del mondo e in ogni altro angolo della Terra che
possedesse risorse sfruttabili e popolazioni ingannabili. Certo, non è
carino che a noi VAZAHA facciano pagare di più, perché la cosa si
configura come una forma di razzismo alla rovescia, di neri contro
bianchi. Alla lunga, stanca. Che colpa ne abbiamo noi, singoli
individui, della fame nel mondo? Quanto potere abbiamo di influire
sulle scelte dell'alta finanza internazionale?
Dopo tre secoli di convivenza fra bianchi e malgasci, forse un
bilancio positivo se ne puo', tuttavia, anche trarre. Dico forse
perché il relativismo delle idee e la difficile interpretazione della
realtà m'impediscono di ricavare certezze assolute. Nonostante tutto,
nonostante i loro e i nostri difetti, è ammirevole le leggerezza con
cui questo popolo si avvia, a passo di danza, con il sorriso sulle
labbra e la risata pronta, verso il medioevo prossimo venturo. Verso
la catastrofe planetaria. A differenza di noi, sempre angosciati.
FREEANIMALS

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