giovedì 10 febbraio 2011

Land-grabbing: dopo petrolio e acqua, si va a caccia di terra.


La prima volta all'attenzione mondiale fu nel 2009: il Madagascar decise di cedere metà del suo territorio agricolo ad una multinazionale coreana per la coltivazione di cibo destinato a Seoul, e tale iniziativa costò il posto al Presidente malgascio e il rientro del progetto. Ne parlammo qui.
Si chiama land-grabbing, e da allora è andato sempre più di gran moda. Finora eravamo abituati all'appropriazione (spesso per un tozzo di pane) di interi territori allo scopo di estrarre petrolio; poi abbiamo cominciato ad assistere alla corsa all'oro blu, ovvero l'acqua. Adesso, sempre più sbigottiti, scopriamo che le terre agricole sono diventate ambitissime dalle multinazionali e dai Paesi più ricchi, o con maggiori problemi di sovrappopolazione e una pesante bilancia delle importazioni di generi alimentari.
Segnala Il Fatto Alimentare che è in atto, ad esempio, un land-grabbing in Africa occidentale, che fa gola ai produttori malesi di olio di palma. In Malesia ed Indonesia, devastate le foreste per piantare la palma, si è accettata una legislazione internazionale per limitare i danni all'ambiente. E così, i produttori hanno pensato bene di andare a devastare l'ambiente altrui, ovvero le terre liberiane, con in più il benefit di tanta manodopera schiava. Un win-win.
Ma il land-grabbing sta diventando un problema talmente pressante che esiste persino un sito per monitorarlo. E' Farmlandgrab.org, e tiene il conto di tutte le operazioni in corso in giro per il mondo. Resterete stupiti nello scoprire quante sono, e soprattutto quanto sono invasive, al punto che alcuni Paesi (come la Lituania) si stanno affrettando a implementare leggi per impedire agli stranieri di comprare grandi appezzamenti agricoli. Anche Lester Brown, vecchia conoscenza di Petrolio, ha denunciato come Paesi ricchi (e banche di investimenti...) stiano occhieggiando le fertili terre africane.

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