L'agenzia internazionale di rating Standard
& Poor's ha annunciato, a sorpresa, la decisione di tagliare di un gradino,
un «notch» in gergo, il voto sul debito pubblico italiano: il «rating» indica
in sintesi la capacità di ripagare il debito pubblico da parte di un Paese. Standard and Poor's ha declassato il debito sovrano a
breve e a lungo termine dell'Italia portandolo a «A» da «A+» e a «A-1» dal
precedente «A-1+». Le prospettive future per l'Italia, spiega l'agenzia
americana, sono per giunta «negative».
DEBOLI PROSPETTIVE ECONOMICHE - Nella nota dell'agenzia americana, si
sottolinea come il taglio del rating sul debito sia dovuto alle «deboli
prospettive» di crescita economica, con il Paese governato da una «fragile
coalizione»: la situazione politica e la fragilità della coalizione di governo
in Italia, si legge, «limita la capacità di risposta dello Stato»
nell'affrontare la crisi, così come la debolezza della crescita economica.
Sulla manovra, S&P sostiene che le misure allo studio e le riforme
prospettate «riusciranno probabilmente a fare ben poco per rilanciare le
performance di crescita dell'Italia». «A nostro parere - si legge ancora nella
nota, datata 19 settembre e diffusa a New York nel pomeriggio, notte fonda in
Italia (ndr) - una crescita economica più debole probabilmente limiterà
l'efficacia del programma di consolidamento del bilancio in Italia». S&P ha
rivisto le previsioni sul debito pubblico italiano, il cui picco è previsto ora
a un livello più elevato rispetto alle precedenti aspettative. L'agenzia di
rating sostiene come «le prospettive di crescita economica dell'Italia si
stanno indebolendo. E ci aspettiamo - prosegue il rapporto - che la fragile
coalizione di governo e le differenze politiche all'interno del Parlamento
continueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera
decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne».Come un imprenditore privato in crisi che va in banca a chiedere
un prestito, dopo il declassamento del nostro Paese deciso dall’agenzia di rating americana Standard’s and Poor, l’Italia
si troverà a dover pagare interessi più alti, a sostenere costi maggiori e
soprattutto, spiegano gli esperti, a subire una maggiore incidenza sul
debito.Una bocciatura, quella dell’agenzia americana sulle prospettive per il
nostro Paese, arrivata un po’ a sorpresa. Ci si aspettava infatti un
declassamento da parte di un’altra agenzia, la Moody’s, la quale
però nei giorni scorsi ha fatto sapere di aver bisogno di almeno un altro mese
di tempo prima di comunicare le conclusioni del suo esame. Tecnicamente S&P ha abbassato di un punto il
voto sul nostro debito pubblico a breve e a lungo termine portandolo da “A+” ad
“A” e da “A-1+” ad “A-1” che tradotto significa che le possibilità dell’Italia
di ripagare il proprio debito pubblico sono date in calo.
All’origine della decisione,
è spiegato nel rapporto, le “deboli prospettive di crescita” economiche, la
difficile situazione politica dovuta alla “fragilità della coalizione di
governo” che insieme limiterebbero la capacità di risposta dello Stato
nell’affrontare la crisi”. Nemmeno la manovra economica passa l’esame: S&P
sostiene infatti che le misure allo studio e le riforme prospettate
“riusciranno probabilmente a fare ben poco per rilanciare le performance di
crescita dell’Italia”.Immediate le reazioni. Di decisione politica, dettata dai media,
ha parlato subito il premier Silvio Berlusconi mentre per il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si tratterebbe di una decisione “scontata,
attesa”. La Confindustria definisce lo stallo “non più tollerabile”,
mentre il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani già ieri sera era tornato a parlare di “mercati
in pericolo e Paese a rischio” chiedendo un cambio di governo “ad horas”.Intanto i primi effetti
concreti dell’annuncio si sono fatti sentire già questa mattina alla riapertura
dei mercati europei in fibrillazione da giorni per le voci sempre più
insistenti di un contagio del fallimento greco verso gli altri paesi Piigs tra
cui il nostro.A peggiorare il quadro
generale contribuiranno a stretto giro di posta l’aumento dei costi per le
banche e la diminuzione della fiducia da parte degli investitori. Dopo essere
state definite meno affidabili, le banche “degradate” saranno infatti costrette
a offrire sul mercato obbligazioni a prezzi più bassi e con interessi più alti.
Penalizzati anche gli investitori privati che se vogliono rivendersi i titoli
comprati prima del declassamento, per renderli più appetibili, dovranno per
forza farci uno “sconto” sopra. Proprio quello che, in questo momento, non ci
voleva affatto.
Fonte: corriere.it/
Fonte: corriere.it/
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