In Madagascar, l'estensione complessiva della coltivazione viticola attualmente si può stimare in circa 3000-4000 ettari, che risultano concentrati per lo più negli altopiani centrali, nella fascia delle cittadine che stanno tra la capitale Antananarivo e la città di Fianarantsoa. Molte di queste vigne sono gestite dai missionari che hanno impiantato questa coltura per loro esigenza di poter disporre del vino per la messa.
Tra le più grosse aziende sono da evidenziare la "Lazan'i Betsileo" nel territorio di Fianarantsoa con circa 300 ettari e 1560 soci che vi afferiscono, l'azienda "Soavita" di circa 30 ha nel territorio di Ambalavao e l'azienda "Cloz Malaza" di circa 400 ettari sempre a Fianarantsoa.
I vitigni coltivati sono quelli portati dai missionari francesi nel secolo scorso. Nella maggior parte delle aziende sopra citate sono coltivati "Isabella" e "Couderc 13", in minore misura "Petit bouchet".
"Isabella" è una varietà appartenente alla specie Vitis labrusca (vite americana); "Couderc 13" è un ibrido tra Vitis lincecumii e Vitis vinifera mentre "Petit bouchet" è un ibrido ottenuto dall'incrocio tra le varietà Aramon e Teinturier. Couderc 13 e altre varietà sono chiamate "ibridi produttori diretti" e furono creati alla fine dell'800, nel periodo dell'invasione della fillossera, per resistere a tale avversità.
Le varietà che discendono da Vitis labrusca presentano un gusto particolare con aroma di fragola che viene definito "foxy" (volpino). La vinificazione di questi ibridi non ha portato però all'ottenimento di vini di qualità che presentano anche un elevato contenuto di metanolo, superiore a quello dei vini prodotti da Vitis vinifera. Ciò ha portato, ad esempio in Italia già dal 1931, all'attuazione di misure atte a proibirne la coltivazione. Attualmente la legislazione italiana vieta il commercio di vini prodotti da specie diverse dalla Vitis vinifera e dal 1979 è stata varata una normativa europea che prevede l'eliminazione di tutti gli appezzamenti coltivati a ibridi produttori diretti.
La forma di allevamento della vite più diffusa in Madagascar è la controspalliera. I sistemi di conduzione aziendale risultano talora relativamente arretrati rispetto agli standard europei ed anche la difesa fitosanitaria viene effettuata senza attento monitoraggio. Tra le avversità più importanti sono da annoverare le termiti e la peronospora. Inoltre ingenti danni vengono causati dagli uccelli, e sono da sottolineare frequenti furti di prodotto ma anche delle opere di sostegno (pali).
Le pratiche di vinificazione sono artigianali per lo più. A causa del basso grado zuccherino del mosto, dato riscontrato in tutte le realtà produttive visitate, si ricorre allo zuccheraggio, con aggiunta di zucchero di canna al mosto generalmente in percentuali del 20% e talora superiori. I rimontaggi vengono effettuati generalmente una volta alla settimana, e il mosto viene lasciato nei tini di fermentazione (quindi a contatto con l'aria) per almeno 20 giorni.
Infine, un altro problema non marginale del settore vitivinicolo del Madagascar riguarda la disponibilità di bottiglie di vetro. In tutto il paese non esiste una fabbrica produttrice pertanto si attua il recupero e il riciclo delle stesse spesso senza appropriate condizioni igieniche.
In ristorante una bottiglia da 75 cl di vino prodotto dalle cantine succitate costa circa 15.000 ariary , pari a circa 5 Euro. Confrontando il PIL calcolato dalla Banca Mondiale al tra Italia e Madagascar si comprende il valore di quei 5 Euro. Il PIL pro capite in Italia è pari a 20.200 dollari rispetto agli 870 dollari del Madagascar. Questo semplice raffronto fa comprendere il vero peso dei 5 Euro della bottiglia di vino (un operaio Malgascio ha una paga giornaliera di 1 Euro al giorno). Alla luce di quanto detto il vino prodotto in Madagascar, pur con i suoi notevoli limiti qualitativi e tecnico-colturali, rappresenta un prodotto di nicchia che pochi possono acquistare, almeno in quella realtà.
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