Les Prêtres sono già stati in Madagascar e il loro concerto ha riscosso un enorme successo;
hanno tenuto fede al loro impegno avendo visitato e donato i loro incassi alle missioni malgasce.
Due preti e un seminarista
per bontà incidono dischi
e incassano milioni
ALBERTO MATTIOLI
CORRISPONDENTE DA PARIGI
Altro che frate Cionfoli. Un miracolo, piuttosto: quello di tre preti, anzi per la precisione due preti e un seminarista, che formano una band, incidono un disco, ne vendono 800 mila copie, incassano 650 mila euro, li devolvono in beneficenza, diventano delle star, frequentano gli studi televisivi, partono in tour e concedono pure il bis. Nuovo disco ma vecchio scopo: trovare soldi per la Chiesa.
Succede tutto in Francia, nella piccola diocesi di Gap, vicino all’Italia, dall’altra parte del Monviso. Non sappiamo come se la cavi come pastore d’anime il vescovo locale, Jean-Michel Di Falco-Leandri, ma come discografico è un genio. Come molti dei suoi colleghi, aveva bisogno di fondi per sostenere svariati progetti nella sua diocesi e in Madagascar. Si è ricordato del successo di un trio di preti irlandesi, The Priests, che di cd ne ha venduti un milione e mezzo. E gli è venuta un’idea. Solo che quella che doveva essere una piccola iniziativa locale è diventata un business nazionale.
I tre tenori di Dio, il cui nome d’arte è ovviamente «Les Prêtres», i preti, si chiamano Jean-Michel Bardet, 47 anni, curato della cattedrale di Gap, Charles Troesch, 28, parroco nello sperduto santuario di Notre-dame-du Laus, una Lourdes sulle Alpi, e Joseph Dinh Nguyen Nguyen, 26, seminarista e tecnico del suono in una radio cattolica. Il disco che hanno inciso, Spiritus Dei, un fritto misto di hit classiche e pop riadattate su testi religioso, ha regalato loro la celebrità. I primi a sorprendersene sono i diretti interessati. Racconta il reverendo Bardet: «Mia nipote è impazzita quando abbiamo partecipato a un talkshow televisivo accanto a Jude Law. Io non sapevo neanche chi fosse».
Intanto i loro dischi d’oro e d’argento sono esposti in vescovado. E domani esce il secondo album, Gloria. Monsignor Di Falco fa l’elenco di tutte le opere pie sostenute grazie alle voce dei suoi tre religiosi e ne approfitta per mettere un po’ di puntini sulle «i»: «Questo successo è una risposta a chi pensa che la dimensione religiosa sia da espellere dalla società». Però lady Gaga trionfa con la sua canzone Judas, che quanto a dimensione religiosa non è esattamente un modello... «Quel che trovo scandaloso è che si esibisca coperta di carne quando c’è gente che crepa di fame». Insomma, «la gente ci ringrazia perché il disco ha dato conforto, ha portato pace».
Per la verità, la lista dei pezzi di quello nuovo più che conforto provoca un sacro terrore: un adattamento dell’Inno alla gioia e Savoir aimer di Florent Pagny, Les lacs du Connemara di Michael Sardou accanto al Lago de cigni trasformato in un Glorificamus Te (mamma mia, salvate il cigno, per carità). Ma anche stavolta lo scopo è benefico, quindi magari la buona causa riscatterà il cattivo gusto. E dire che, di suo, don Troesch avrebbe dei gusti musicali alquanto diversi, diciamo pure eretici: «Preferisco i Cranberries e gli Oasis. Oppure del metal sinfonico come i Within Temptation». Ma ben venga Caikovskij in excelsiis se così sono saltati fuori 200 mila euro per rifare l’impianto elettrico del santuario alpino dove nel 1664 la Vergine apparve alla solita pastora. Lui ripartirà in tournée il 4 maggio. Ogni epoca, alla fine, canta il Signore a modo suo.
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