mercoledì 27 aprile 2011

Gli Italiani? Divorziano all’estero per risparmiare tempo

Turismo "divorzile": così l’associazione degli avvocati matrimonialisti italiani chiama il fenomeno che vede sempre più italiani scegliere il "divorzio facile" all’estero.
Mentre in Italia bisogna attendere almeno 4 anni se si procede consensualmente nelle due procedure di separazione e divorzio – ma si può arrivare a 13 anni se la separazione ed il divorzio hanno seguito un iter giudiziario – all’estero tutto questo non accade. Così secondo i dati dell’associazione, negli ultimi anni sarebbero state ben 8mila le coppie che hanno deciso di divorziare all’estero.
"L’alternativa al nostro pachidermico iter processuale è rivolgersi alle giurisdizioni straniere: quella ecclesiastica per la dichiarazione di nullità del matrimonio o quelle della maggior parte degli Stati membri dell’Europa per il divorzio lampo", dice l’avvocato Gian Ettore Gassani, Presidente nazionale dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani. "In Europa – continua - soltanto in Italia, Polonia, Malta ed Irlanda del Nord esiste ancora la fase della separazione. Le "insopportabili attese" dei nostri compatrioti per ottenere lo stato libero in Italia stanno alimentando l’escamotage di chiedere giustizia in Francia, Inghilterra, Spagna o Romania ed ottenere un divorzio immediato (in media circa 6 mesi) e con spese legali ridotte all’osso".
"La scorciatoia per porre fine ad un matrimonio sbagliato – spiega Gassani – è data dal regolamento numero 44/2001 del Consiglio Europeo che disciplina il diritto commerciale ma anche quello privato europeo: esso lascia dedurre la possibilità di pronunciare una sentenza di divorzio da parte di un qualunque Tribunale dell’UE a patto che i coniugi siano stabilmente residenti in quel Paese (la prassi richiede almeno da 6 mesi ma non c’è una norma transitoria che lo specifichi in modo più chiaro). L’iter è questo: si prende in affitto un appartamento all’estero, ci si fa intestare il contratto di affitto incluse le bollette ed infine si chiede la residenza. Sei mesi dopo si fa istanza di divorzio al Tribunale straniero prescelto ed in pochi mesi si torna in Italia con una copia conforme della sentenza di divorzio che l’ufficiale di stato civile italiano dovrà semplicemente trascrivere. Tali documenti debbono essere solo apostillati, cioè tradotti in italiano con dichiarazione dell’interprete sulla fedeltà del testo all’originale. Questi divorzi – puntualizza, inoltre, Gassani – non entrano nel calderone del censimento Istat, la cui scheda dev’essere compilata soltanto presso i Tribunali italiani all’interno dei quali si celebrano le separazioni ed i divorzi".
Secondo l’associazione, "negli ultimi 5 anni almeno 8 mila coppie italiane hanno divorziato all’estero. è assolutamente evidente che molti di questi divorzi italiani in terra straniera spesso siano frutto di vere e proprie frodi processuali atteso che non sempre i certificati di residenza rispondono a verità. Al di là di tali considerazione emerge il dato incontrovertibile che il nostro diritto di famiglia, ancorato a vecchi schemi e caratterizzato da lungaggini burocratiche insopportabili non è più tollerato dagli italiani. Fin quando il Legislatore e la giustizia italiana non saranno in grado di accelerare i tempi dei divorzi, dobbiamo mettere assolutamente in preventivo nei prossimi anni un vero e proprio esodo di massa di coppie che sceglieranno i Paesi con noi confinanti per mettere la parola fine al loro matrimonio. Senza dubbio – conclude l’avvocato – quest’ultimo fenomeno rappresenta uno schiaffo ad un Paese come il nostro da sempre invidiato dal punto di vista giuridico ma da sempre condannato dalla Corte Europea per l’insopportabile attesa che i cittadini italiani devono subire prima di ottenere una sentenza". (aise)

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