mercoledì 5 ottobre 2011

Afrodisiaco e leccornia. La strage delle tartarughe


Criminalità organizzata e politici corrotti gestiscono il contrabbando di testuggini prossime all’estinzione. Un giro d’affari internazionale che dall’isola africana arriva fino a Bangkok.
Pomodori tagliati a fette, uno spicchio di aglio, anelli di cipolle crude, e carne di tartaruga cotta ai ferri. Il tutto per due dollari e mezzo e meno di trenta minuti di attesa al tavolo. Questo discutibile assortimento di cibi è uno dei piatti più ricercati nei ristoranti turistici del Madagascar, la grande isola al largo delle coste orientali dell’Africa e la cui fauna ha avuto una storia evolutiva unica al mondo. E fra le tante specie endemiche, quali pipistrelli e lemuri, piccoli carnivori e uccelli, si contano molte specie di tartarughe; le stesse che finiscono nel piatto di cui sopra. Due esempi che valgono per tutti, quello della testuggine raggiata (Geochelone radiata), diffusa nella parte meridionale del paese, e della angonoka (Geochelone yiniphore), lunga circa settanta centimetri di lunghezza. Le loro carni sono state esportate fino al secolo scorso verso le vicine isole Comore e Mauritius, poi il traffico è stato messo al bando per l’ovvio danno alle specie stesse. La angonoka in particolare ha il poco lusinghiero primato di essere la tartaruga più rara del pianeta: una valutazione di pochi anni fa da parte della IUCN ne ha stimato la popolazione in circa seicento esemplari, in continuo calo e confinati in un’area di circa sessanta chilometri quadrati intorno a Baly Bay, nel Madagascar nord-occidentale.
Il bracconaggio, nonostante le regole imposte dalle organizzazioni internazionali, rimane un problema insormontabile fintanto che a muoverne le trame sta la criminalità organizzata, capace di corrompere chi dovrebbe tutelare le specie protette e punire i colpevoli quando catturati. In due città del sud, Beloka e Tsiombe, lungo i bordi delle strade non è difficile scorgere i gusci delle testuggini finite in cucina o lavorate per il loro presunto potere afrodisiaco; che non è tale per gli abitanti dell’isola, la cui tradizione racconta di un profondo rispetto per le tartarughe, bensì per i commercianti in viaggio da Cina e Indocina, disposti a spendere migliaia di dollari per comprare rarissimi esemplari.
Praticamente si va in Madagascar e si torna a Bangkok, il più vicino snodo aeroportuale asiatico, con un bagaglio carico di qualche centinaio di tartarughe da rivendere in madrepatria. Le associazioni ambientaliste, su tutte la Madagascar’s Turtle Survival Alliance, hanno denunciato da tempo la situazione, ma la connivenza dei politici è tale da rendere vana ogni segnalazione. Al punto che, vox populi, si dice di governanti soliti a chiedere ai ristoratori ricette a base di tartaruga alludendo al “piatto speciale”. Che purtroppo non va mai di traverso.
Alessio Nannini
Fonte Terranews.it

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