Da anni in Africa molti muoiono per denutrizione. Ma i giornali,
specialmente quelli italiani, ne parlano relativamente poco. Pochi sanno, ad esempio, che in Somalia l'emergenza va
sempre più aggravandosi: in 30 giorni sono raddoppiati i decessi di bambini;
sono ormai 400.000 i profughi che, muniti di poca acqua e di foglie come cibo,
cercano rifugio altrove; i primi a soccombere sono minorenni ed anziani. Un
evento di dimensioni bibliche, che ha già ucciso decine di migliaia di persone,
mettendone in pericolo altre 750.000. Già nel 1992 quel Paese aveva vissuto una
situazione simile, a causa della siccità, la peggiore dal 1950, che quest'anno
ha contribuito a desertificare la quasi totalità del territorio. Inoltre, alla
mancanza di pioggia, si aggiungono i guai del conflitto incrementato dalla
mancanza di un Governo, dalla pirateria e dall'ascesa dei musulmani la cui ala
estremista, raccolta nel gruppo di al-Shabab, ha provocato la morte di circa un
milione di persone e si è impadronita degli aiuti umanitari per rivenderli ed
intascarne i soldi. Salvo poi sancire il divieto d’ingresso alle Organizzazioni
umanitarie, ora per fortuna ritirato. Il che ha permesso all’Onu, da luglio, di
effettuare le prime consegne di generi alimentari ma solo al 20% dei 2,8
milioni di somali in attesa dei soccorsi.
Nel
mondo si registra da anni un'inflazione di casi disperati che meriterebbero più
attenzione e più aiuti perché, a morire, sono in gran parte bambini ed anziani,
quando non intere popolazioni. Drammi per ridurre i quali l’UE decise di
favorire "lo sviluppo economico e sociale dei Paesi poveri",
invocando "una campagna contro la povertà nei Paesi emergenti".
Ottimi propositi, fondati sulla convinzione che l'Europa deve contribuire a far
sparire l'ingiustizia. Ma rimasti spesso tali, a giudicare da quel che succede
in quel continente: genocidi nel Darfur; due decenni di conflitti armati nel
Sudan ove quasi 3 milioni di persone fanno fatica a sopravvivere; in Eritrea
l'emergenza coinvolge 1,5 milioni di esseri umani; la recente guerra e la
siccità in Etiopia, dove ora sono più di 11 milioni quelli che hanno bisogno di
aiuti alimentari.
Non
va meglio in Uganda dove gli abitanti risentono della crisi alimentare dovuta
anche ai combattimenti che imperversano nel Nord. Ma non solo se - come
rilevato in una recente intervista - un padre rimpiange la sua terra dove
coltivava caffè e patate e nutriva mucche, capre e pecore, il che gli
permetteva di mandare i tre figli a scuola. Un anno fa, dopo averlo picchiato
brutalmente, gli hanno confiscato tutto e bruciato la casa. Ora è senza lavoro
ed i figli non vanno più a scuola. E, come lui, altri 20.000 contadini,
allontanati senza alcuna ricompensa dai loro poderi, sono ormai disoccupati
perché alcune compagnie occidentali hanno requisito i terreni agricoli,
distrutto le coltivazioni originali - banane, manghi, avocado, fagioli e
cereali - e piantato pini ed eucalipti, alberi che intensificano la produzione
di legname. Provocando però miseria ed un’infinità di morti. E potrei
continuare con l’elenco di Stati dove si soffre e si muore a causa di
dittature, siccità, vessazioni, nonché per mancanza d’igiene e di pozzi
d’acqua. O guerre: attualmente 40 Paesi, il 90% dei quali a basso reddito, sono
coinvolti in conflitti.
Certo,
l’attuale crisi economica non facilita gli aiuti ma umanità impone di dare una
mano a chi soffre. Eppure, come ammette il centro di analisi per la sicurezza
alimentare (FSNAU) delle Nazioni Unite, preoccupato per quanto succede nel
Corno d'Africa, il contributo da parte del mondo occidentale è chiaramente
insufficiente, anche perché solo il 59% delle somme garantite dai singoli Stati
sono state versate. Il che mette a rischio la vita di persone sottoposte a
malnutrizione cronica. A patirne sono soprattutto i bambini con meno di cinque
anni: ne muoiono 26 mila al giorno per fame, per malattie infettive e per
cattive condizioni igieniche. È vero che, nel 2006, le morti dei giovanissimi
sono calate rispetto ai 20 milioni del 1960. Tuttavia, ne periscono ancora 9,7
milioni all’anno. Senza contare i 963 milioni di persone che ogni sera nel
mondo vanno a dormire affamate; il miliardo che vive in insediamenti abitativi
precari; quelli altrettanto numerosi che non hanno accesso all’assistenza
sanitaria; i 2,5 miliardi che non hanno servizi igienici adeguati e le 350.000
donne che muoiono ogni anno per complicazioni legate alla gravidanza.
Non è solo l’assenza di reddito a rendere poveri. È
soprattutto la carenza dei fondamentali diritti dell’uomo, quali acqua, cibo,
salute, lavoro, alloggio, istruzione e sicurezza sociale. Ben pochi sanno che
il 16 ottobre, il giorno successivo agli scontri violenti che hanno devastato
Roma procurando più di un milione di euro di danni, era la Giornata mondiale
contro la povertà. Quella vera di cui, malgrado tutti i loro problemi, i
giovani europei, compresi italiani e greci, non soffrono. Vivono in un mondo
che da oltre 60 anni non conosce guerre; hanno quasi tutti un telefonino,
quando non addirittura l’i-pad; in molti possiedono una macchina; spesso si
rifiutano di fare lavori pesanti che preferiscono lasciare agli immigrati, che
invece fuggono dalle dittature e dalla fame. E magari fanno parte di quella
schiera che si autodefinisce "indignata". O picchiano, incendiano e
sfasciano anche immagini sacre in nome - dicono - di un proletariato da
difendere e tutelare. Dimenticando però chi veramente soffre; chi si vede
negare il minimo vitale; chi deve subire offese ed angherie spesso mortali. (egidio todeschini\aise)
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