L’analisi, cosa c’è dietro la diffidenza del paese modello
della nuova Europa
Barroso presenta il piano per il credito
In Slovacchia c'è un signore che si
chiama Jan Slota e che guida un partito nazionalista dal successo sempre
crescente. Una delle sue ultime idee è la seguente: bisogna costituire al più
presto uno stato indipendente dove convogliare tutti i rom d'Europa perché «fra
loro si capiscono bene». Proprio come qualcun'altro aveva pensato verso il 1940
per gli ebrei e per l'isola lontana del Madagascar. La Slovacchia non è certo
un'incubatrice di stravaganze e c'è uno Slota in ogni Stato d'Europa, ci
mancherebbe. Ma la loro non è solo una presenza folcloristica: dietro certi
appelli sulfurei e certe paure ricorrenti (può fare paura tutto: i rom, ma
anche le «grandi banche dell'occidente», e la Bce «rapace», e l'«avido» Fmi,
fino appunto al principio della solidarietà comunitaria), c'è l'insicurezza di
chi non riesce ancora a immaginare il suo posto in Europa, prima c'era lui,
Baffone, cioè l'impero sovietico. Poi, caduto il muro, è venuto lo zio Sam,
cioè l'atteso abbraccio con il capitalismo.
Adesso, da qualche anno, per qualcuno c'è un grande vuoto: a destra o a
sinistra? Con il liberismo anglosassone o con le socialdemocrazie scandinave?
Con la locomotiva conservatrice Angela Merkel o con il nuovo centrosinistra
danese? Con il fondo salva Stati e il rigorismo nei bilanci o con l'allegra
illusione finanziaria di greci, irlandesi e portoghesi? Anche la Slovacchia
come negli anni scorsi la Polonia, e tanti altri, starà ponendosi queste
domande. E forse il no impaurito e diffidente che sembra emergere dal voto del
suo parlamento, che pure potrebbe rivederlo nei prossimi giorni, ha anche
questa radice: un'identità nazionale ancora fragile può non gradire richieste
troppo perentorie di schieramento.
Ma sono tutti tentativi di spiegazioni ideali che non cancellano altre
ragioni, più terra terra e dunque più plausibili: quel no può essere motivato
da normalissimo egoismo, dalla volontà di non rischiare (i pochi) soldi propri
per coprire balordaggini altrui («Alla Germania o alla Francia magari non costa
nulla, ma a noi...»). Tutto comprensibile.
E però la malattia greca può essere contagiosa, le formiche di oggi possono
diventare le cicale di domani, la crisi sta dimostrando di non voler
risparmiare proprio nessuno: e stare dentro l'Unione Europea, usufruire dei
suoi fondi strutturali, del suo appoggio sui mercati, del suo prestigio
mondiale, non dovrebbe essere gratis. Neppure per Bratislava. Che in qualche
modo ha schiaffeggiato Bruxelles proprio alla vigilia di quella che si annuncia
come una delle mosse più rilevanti nella gestione di questa difficile crisi: la
presentazione, finalmente, di un piano dell'Unione Europea, per la
ricapitalizzazione del sistema bancario. Una carta che oggi José Manuel Barroso
scoprirà.
Luigi Offeddu
Fonte: Corriere della Sera
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