mercoledì 26 ottobre 2011

Ecco perché un albero che cade in Gabon preoccupa un italiano


Intervista a Gianfranco Curletti: “vivere in foresta, tra milioni di forme di vita praticamente sconosciute, rende coscienti della propria ignoranza rispetto agli equilibri che regolano la vita”.

Virgilio Go Green, in occasione di Biodiversamente, Festival dell’Ecoscienza organizzato da WWF e Associazione Nazionale Musei Scientifici, ha intervistato Gianfranco Curletti, entomologo del Museo civico di Storia Naturale di Carmagnola (To), esperto ricercatore che ha condotto studi sul tetto delle foreste pluviali in Camerun, Gabon, Madagascar, Panama e Australia.
La dinamica con cui vengono svolte queste ricerche è assolutamente affascinante: si utilizzano le “radeau” vere e proprie piattaforme aeree, fatte da un anello gonfiabile che tiene in tensione una rete da trapezista. Questi “uffici ad alta quota” vengono posizionati sulla volta delle foreste pluviali con dei dirigibili, in modo da permettere ai  ricercatori di salire a turno, arrampicandosi con delle corde. Restano in alto due, tre ore, alternandosi giorno e notte, per studiare la ricchissima biodiversità a disposizione. Quella di Curletti e dei suoi colleghi, sottolinea il WWF, è una vera e propria corsa contro il tempo, prima che la foresta pluviale scompaia del tutto per colpa dell’uomo. Ecco perché è importante raccogliere la sua esperienza.

Qual è la cosa che l’ha maggiormente colpita nei suoi anni di ricerca sulle chiome della foresta pluviale?
Dovrei dire un ramo preso in fronte durante la discesa da un albero. Parlando seriamente, la sua vastità, non in senso geografico, ma in senso culturale. Vivere in foresta, tra milioni di forme di vita praticamente sconosciute, rende coscienti della propria ignoranza rispetto agli equilibri che regolano la vita.

Facciamo un breve passo indietro: foreste. È possibile spiegare l’inestimabile valore dei servizi che offrono?
Prima di tutto citerei la funzione climatica: le foreste sono come delle enormi spugne che assorbono acqua e la distribuiscono regolarmente uniformando il clima come dei serbatoi di riserva, combattendo la desertificazione. C’è poi la funzione chimica: sono un’inesauribile riserva di formule, sia vegetali sia animali, da cui l’uomo può attingere per l’industria chimico-farmaceutica, per curare malattie, alimentarsi o anche più semplicemente per elaborare profumi o creme di bellezza. Senza dimenticare la loro produzione di ossigeno. Come non sottolineare la funzione evolutiva: sono una fucina di vita, racchiudono nel loro ambito l’80% delle forme viventi, indispensabili per la sopravvivenza dell’uomo stesso (catene alimentari). In ultimo,la funzione economica: una saggia gestione forestale può essere una risorsa economica importante per le popolazioni locali.

La sue ricerche si sono svolte in Camerun, Gabon, Madagascar, Panama e Australia… Cosa l’ha portata così lontano dall’Italia?
L’interesse per gli animali in generale e per gli insetti in particolare. Il mio libro “Matto per gli insetti” - Blu ediz.- aiuta a comprendere questa mia passione. Le mie ricerche entomologiche sono iniziate qui in Italia, ma lo studio dei rapporti tra le popolazioni e delle loro divisioni biogeografiche mi ha spinto oltre i confini, nel tempo sempre più ampi. Alcuni miei contributi scientifici hanno destato l’interesse di ricercatori che mi hanno invitato a partecipare alle loro spedizioni internazionali.

Ci spiega quindi su cosa si sono concentrate le sue ultime ricerche?
Sono principalmente legate alla sistematica, al riconoscimento delle specie della famiglia animale di cui mi interesso. Tuttavia collaboro anche in lavori di ecologia, per cercare di comprendere i meccanismi che fanno vivere la foresta.

Un inestimabile patrimonio che purtroppo rischia di scomparire. Come spiegare ad un comune cittadino perché dovrebbe interessarsi alla conservazione di una foresta in Gabon, per esempio?
Il nostro pianeta è piccolo. Tutto è collegato nel creare un delicato equilibrio che permette la sopravvivenza anche dell’uomo. Si è detto, con un esempio estremo ma significativo, che il battito dell’ala di una farfalla in Italia può avere effetti anche in Giappone. L’esempio è volutamente esagerato, ma rende in modo efficace il concetto che rompere gli equilibri che regolano l’ecosistema può essere letale anche per il genere umano.
Fonte: greenMe.it

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