di Isa Grassano
Sicilia, alla scoperta di un borgo multietnico come pochi in Italia, con un "quartiere arabo" che è frutto di un'immigrazione avvenuta di recente senza traumi.
"Azhar, Ziyad, rientrate in casa, ci sono i compiti da finire". Aisha, immigrata dalla Tunisia oltre vent'anni fa, richiama i suoi figli, mentre continua a pulire, con scopa e paletta, il cortile davanti casa. Piccoli gesti quotidiani all'interno della casbah di Mazara del Vallo,che sembrano riti sconosciuti di dei senza nome.
É questa una delle più arabe tra le città italiane. Il Maghreb è dall'altra parte (solo 200 chilometri separano la Sicilia dalle coste della Tunisia), ma qui si avverte nell'aria ogni volta che soffia lo scirocco e si confonde con i numerosi effluvi dell'isola. «Non meravigliatevi - dice Aisha - ci piace che tutto sia perfettamente in ordine, così tutti possono capire chi siamo e come siamo fatti». Ed è come vivere sulla stessa terra, vista da due finestre diverse. Qui gli abitanti dell'altra sponda del Mediterraneo arrivano da sempre, ma prima erano solo stranieri. Oggi, a tratti parlano anche qualche parola di dialetto siciliano ed hanno ridato un'anima alla città vecchia. Oltre a lei, nel reticolato di strette vie, si affacciano famiglie di ucraini, cinesi, marocchini, bengalesi, in un'armoniosa convivenza.
Grazie all'aiuto dell'amministrazione comunale, poi, hanno rimesso a nuovo le case, abbellendole con maioliche, in un'allegria di colori. Meravigliosi odori provengono dalle porte socchiuse ed inebriano i sensi dei passanti, come canti di sirene. Il centro storico è diventato così un quartiere vivace, da cartolina, che scalda il cuore e nutre l'anima e quest'atmosfera etnica sopravvive anche nelle usanze e nelle tradizioni. Di origine araba sono pure i venditori al mercato, i fruttivendoli così come i numerosi pescatori che con fierezza e orgoglio fanno del loro mestiere, antico come la storia della loro terra, una missione.
Grande la maestria di questi pescatori, ritmiche e armoniose le loro movenze nel tirar fuori dalle casse pesci di ogni varietà, soprattutto i gamberi rossi, rosa o bianchi di cui il territorio va orgoglioso. Accanto, tante piccole bancarelle di frutta e verdura con i vecchietti appollaiati sul loro trespolo, in attesa di vendere qualcosa, mentre il leggero venticello trascina con sé l'aroma del rosmarino, del muschio bianco, della zagara e la fragranza dei mandorli in fiori, dei limoni, degli aranci.
E chissà quanto chiacchiericcio ci fu tra gli abitanti del porto, quando Capitan Ciccio, nel 1998, ritrovò, impigliata tra le maglie della sua rete insieme ai pesci, un'elegante gamba di bronzo. A chi apparteneva? Ci vollero mesi perchè le acque restituissero l'intera statua del Satiro Danzante (del IV secolo avanti Cristo e forse opera di Prassitele, un rarissimo esempio di statuaria bronzea greca), raffigurato in atteggiamento di danza vorticosa, a tal punto da essere fortemente flesso sul fianco destro e con il capo esteticamente rivolto verso l'alto
La cittadina, oggi, è soprattutto sinonimo di pesca, un'attività che risale ai primi anni del ‘900 e che è decollata con l'introduzione delle barche a motore e lo sviluppo della pesca d'altura. Il porto canale è l'altra anima della città, da vedere al mattino presto, quando i pescherecci rientrano dal mare. Un piccolo miracolo, che si rinnova ogni giorno. Ed è un magico ritorno alle radici: la storia di gente che ha fatto di necessità virtù; un patrimonio che viene dal passato e vive di presente. Gremito di gente, di camion frigorifero, il porto risuona delle trattative per l'acquisto del pesce e delle manovre per il trasporto.
Nessun commento:
Posta un commento
Si invitano i lettori ad inviare il loro indirizzo email o di amici interessati per ricevere le NEWS AIM Madagascar: news@aim.mg
Lasciare un commento anche anonimo ci aiuta a migliorare il nostro blog.
Grazie