mercoledì 4 maggio 2011

Oltre Manhattan. L'altra Mela

Rimanere impalati per ore a guardare una partita di basket da strada. Ritrovarsi a un matrimonio russo, l'Atlantico davanti agli occhi e nelle orecchie le strofe di una canzone incomprensibile. Sono solo due delle esperienze indimenticabili in cui ci si può imbattere viaggiando oltre i confini di Manhattan, al di là delle luci di Midtown e della quiete di Central Park.
Quando il tempo è poco - è vero - spingersi oltre la Grande Mela può sembrare un azzardo, anche perché di distretti periferici ce ne sono ben quattro: dal Bronx al Queens, da Brooklyn a Staten Island. Eppure, è solo mettendo un piede fuori dai soliti percorsi che è possibile farsi un'idea di quanti mondi sia, in realtà, New York. É qui, infatti, che si incrociano le storie e i volti più veri della periferia. Segnati dalla stanchezza o ispirati dall'arte, rapiti da un ricordo o assorti in un progetto. Questo non vuole essere un itinerario tra i distretti: sarebbe impresa impensabile. Si tratta, semplicemente, di un insieme di spunti da tenere presenti durante il prossimo viaggio - primo o centesimo che sia - nel cuore del Nuovo Mondo.
Il Bronx, da Arthur Avenue a City Island. Ad assicurarci che il Bronx non è più "la giungla di un tempo" è James, agente di polizia di discendenza afro-caraibica, che a South Bronx ci è nato e cresciuto. Del distretto conosce ogni angolo: ci srotola una lista di cose da vedere, rimproverandoci di non aver ancora esplorato i venti ettari di foresta primaria di cui è composto il Giardino Botanico. "Il Bronx - aggiunge - è una città nella città: la sua storia e il processo di riqualificazione di cui è stato ed è tutt'ora protagonista ne fanno uno dei luoghi più interessanti d'America". Il momento più buio è stato tra gli anni Settanta e Ottanta, quando, a causa della crisi fiscale, il comune decise di tagliare i fondi destinati a stipendiare poliziotti e vigili del fuoco.
Molte zone, già vessate dalla povertà, diventarono terra franca per trafficanti, spacciatori e delinquenti. Quanti possedevano un immobile ricorrevano al metodo dell'incendio per liberarsene e ottenere i rimborsi da parte delle compagnie assicurative. Fu in questi anni che giornalisti e commentatori coniarono il celebre slogan "The Bronx is Burning", a indicare le colonne di fumo che troppo spesso si alzavano in cielo ad aggiungere grigio al grigio.
La situazione oggi è molto cambiata. Il distretto, culla dell'hip-hop e casa dei mitici New York Yankees, ha tantissimo da offrire al turista curioso. Innanzitutto il suo straordinario mix culturale: oltre agli immigrati storici (irlandesi, italiani, polacchi ed ebrei), la popolazione comprende portoricani, giamaicani, indiani, vietnamiti, cambogiani e cittadini dell'Europa dell'Est. South Bronx, definito dal presidente Jimmy Carter "il peggior quartiere d'America", sta diventando una zona residenziale, nobilitato da un acronimo, SoBro il cui sound è da solo una dimostrazione di voglia di riscatto.
Gli edifici in mattoni in rossi di Bruckner Boulevard si stanno trasformando in ampi loft dai prezzi ancora ragionevoli, in un processo simile a quello che ha fatto di Dumbo, a Brooklyn, uno dei posti più esclusivi della città. Il viaggiatore italiano, magari lontano da casa già da un po', apprezzerà i salami appesi al soffitto e le vetrine colme di cannoli siciliani che caratterizzano i negozi di Arthur Avenue e Belmont, la vera Little Italy di New York, secondo i locali. Per gli amanti del verde, invece, sia il Botanical Garden che la Bronx Wildlife Conservation Society vantano diversi primati. Al di là del cobra egiziano (la cui fuga, con tanto di comparsa su Twitter, ha recentemente fatto il giro del mondo), il giardino zoologico del Bronx è infatti uno dei più curati di tutto il Paese.
"La Repubblica Viaggi"Giulia Belardelli

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